La maestosità del suo meta-lupo dal manto marrone e gli occhi gialli rendeva lo Stark maggiormente possente e valoroso, mentre camminava verso le porte di Grande Inverno. Alla sua sinistra aveva Vicchan, il grosso animale dal passo silenzioso e dalle proporzioni ben più grandi dei lupi normali, mentre al fianco destro stringeva la sua spada, Chihoko, dall'impugnatura nera, forgiata con acciaio di Valyria donata alla sua famiglia dopo l'ultima ribellione dei regni scoppiata ancor prima che lui nascesse, e terminatasi con dei matrimoni che non attenuarono le uccisioni e le falde più vecchie ormai indelebili sulle casate.
Il suo cavallo lo stava aspettando, davanti le porte la neve creava un sentiero di neve ai lati della strada fangosa, dove il suo cavallo già sellato e pronto per la battuta di caccia era tenuto fermo da uno dei suoi scudieri.
Lee Sung-il era un servitore della famiglia Stark, sin da giovanissimo. Era cresciuto tra le mura di quella casata, che si era presa cura di lui e della sua famiglia con veemenza e rispetto. Era un coetaneo di Yūri, e con il tempo divenuto anche suo fidato amico.
Il ragazzo era pallido, quasi si confondeva con la neve; occhi sottili venivano resi ancora più scuri e nascosti dalle folte sopracciglia nere, ed i capelli del medesimo colore gli ricadevano sulla fronte.
Silenziosamente, come era solito salutare il principe di Grande Inverno, chinò il capo e fece montare a cavallo Yūri, che lo salutò sorridendogli amichevolmente.
«Yūri!» una voce femminile e più che familiare fece volare il capo allo Stark con uno scatto veloce. Bello, il suo profilo, come ogni fiocco di neve.
La donna, tutta avvinghiata nelle sue vesti scure, e tra le sue pelli sfavillanti, affiancò il ragazzo sul destriero, sfiorandogli un ginocchio coperto da tutta la stoffa dei sui abiti.
«Minako, credo che Mila ti stia cercando.» Yūri si rivolse a lei gentilmente, la punta del naso lievemente arrossata.
«È proprio lei che mi ha mandato da te, vuole che tu non vada a caccia.» la donna sui trent'anni, slanciata e sicura di se, dai lunghi capelli castani, increspò le sopracciglia, timorosa.
«E come mai? L'inverno sta arrivando, bisogna fare provviste, e poi mi aiuterà a rilassarmi.» Yūri scosse il capo gentilmente, voltandosi verso Lee Sung, che stringeva ancora da un lato le briglie del suo cavallo.
«Con l'arrivo di queste nozze, e i Targaryen come nostri ospiti, ho bisogno di distrarmi in qualche modo. Lo sai come sono fatto Minako, non dico il vero, Lee?» lo Stark fece un cenno con il capo allo scudiero, che annuì continuando a tacere. Minako sospirò, portandosi le mani al petto.
«Vi conosco a perfezione, Yūri, ed è proprio per questo motivo che tua sorella, e me, rechiamo preoccupazione per questa tua improvvisa escursione.»
«Suvvia Minako, cosa potrebbe mai accadermi? Non è di certo la prima volta che trascorro qualche giorno nei boschi per cacciare. Verranno due dei miei cavalieri più fidati, e non corro rischi di nessun tipo di aggressione. I leoni non sopportano il freddo, e i draghi adesso stanno dalla nostra parte, a quanto pare. A difendermi da orsi o lupi ci penserà Vicchan, nel caso non ci riesca in tempo da solo. So cavare a me stesso, non recatevi preoccupazioni, sarò di ritorno tra cinque lune, sette al massimo.»
La bella donna, dal viso reso più magnetico da un piccolo neo sotto all'occhio sinistro, aggrottò la fronte con preoccupazione, stringendo più forte il ginocchio dello Stark. Era stata la sua balia e la sua confidente sin da quando il secondogenito della casata aveva cinque anni, e in tutto il regno del nord forse era l'unica a percepire il vero e profondo diverbio che Yūri opprimeva dentro.
«Sta attento con arco e freccia, e riscaldati davanti al fuoco, specialmente la notte. Nutriti di buona carne, e non magiare la neve gialla.» ironizzò alla fine, facendo sorridere il ragazzo.
«Seguirò tutti tuoi consigli, dì ai miei genitori e alle mie sorelle di star sereni, ci penseranno gli déi a proteggermi.» le porte di Grande Inverno vennero aperte, e Yūri iniziò a galoppare verso l'uscita, con il meta-lupo al fianco del cavallo, e due cavalieri qualche passo più avanti, a coprirgli i lati.
Uno era Georgi Popovich, chiamato anche Il Cigno Nero. Il cavaliere della casa Stark, ventitré anni al massimo -per quanto ne sapeva Yūri- era un ragazzo alto e snello, dai capelli neri brizzolati, e l'abitudine bizzarra di tingere le palpebre di colore nero, che lo facevano sembrare reduce di una battaglia con i Bruti, il popolo libero. Era sempre succube dei propri problemi d'amore, strano e recentemente disturbato dopo la sua ultima battaglia in campo straniero, ma in fondo Yūri si fidava di lui, e sapeva che Georgi possedeva le qualità e la forza di un vero guerriero.
Il secondo uomo ad accompagnarlo in quella battuta di caccia era il silenzioso e cauto Emil Nekola. Coetaneo di Georgi, il soldato dai chiari capelli castani, e una lieve barba lunga tenuta curata e ben sfoltita, indossava con fierezza lo stemma degli Stark.
Yūri si sentiva sicuro di se, quieto nella compagnia di quegli uomini pronti a servirli. A poi con Vicchan al fianco avrebbe anche potuto partire da solo.
La decisone di quella spedizione non affatto necessaria era stata essenziale per lui. Non poteva più resistere dentro le mura della sua stessa casa, con Viktor Targaryen a gironzolare per il palazzo, e a guardarlo da lontano, con quello sguardo celeste. Lo chiamava senza parlare, Yūri si voltava immediatamente come un cane addomesticato, e rischiava di perdere il cuore guardando da lontano quella bellezza spropositata color argento.
Viktor si teneva ancora abbastanza lontano da Yūri dopo la loro discussione in solitudine. Sicuramente, aveva riflettuto lo Stark, quel principe si sta tenendo così distante per affinare meglio ciò che aveva in mente.
Yūri si era subito pentito dell'opportunità che aveva confessato a Viktor, e ancora di più, a mano a mano aveva fatto crescere il terrore del suo segreto venuto al corrente del Targaryen.
La notte faticava a prendere sonno. Viktor che gli passava accanto in compagnia della sorella più piccola, o che sedeva alla sala regnate accanto a suo padre, con quel giovane Tyrell dal suo stesso nome, facevano avvampare sempre di più in Yūri la paura, e l'ansia.
Aveva bisogno di fuggire da ogni cosa, di separarsi dalla sua casa per ricominciare i propri pensieri, per calmarmi e riordinarli. Niente sarebbe stato meglio di una buona battuta di caccia.
Peccato che Yūri non era un così affabile cacciatore. Sapeva benissimo manovrare una spada, e scoccare una freccia con determinata sicurezza, ma il suo problema era la vista. Nessun maestro era stato in grado di capire il suo disturbo, e tantomeno curarlo, fatto sta che Yūri continuava ormai da tempo a far fatica a vedere. Erano le visuali in lontananza che lo mettevano maggiormente in difficoltà, perché quando scorgeva qualcosa di lontano più di cinque passi, allora tutto si faceva offuscato, finché non riusciva a distinguere esclusivamente colori.
Quando sentiva il correre di una lepre nel bosco, veloce e non molto distante da se, Yūri non riusciva quasi mai a colpirla con la propria freccia, perché non riusciva a vederla affatto.
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White dragon and black wolf ||Victuuri AU Got|| ✔
أدب الهواةCi sono saghe che mai nessuno nei sette regni osa raccontare, non perché non se ne ricordino le storie, ma proprio perché quest'ultime, piene di vergogna, dovrebbero essere dimenticate. La Cittadella, ricca di testi antichi e nuovi, conosce a memori...