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Cameron's pov

Guardare le stelle,  è sempre stata una piccola abitudine che condividevo con mia mamma.
L'ho sempre fatto , ma mai davanti a qualcuno. Ho sempre lasciato il mio muro iperprottettivo attorno a me,  così nessuno mi poteva più scalfire; ma quando l'ho vista distendersi nell'erba e guardare ogni singola stella,  un stupido sorriso si è stampato in faccia.

È stato come tornare bambino di nuovo, e il muro è un po' crollato. Ma è da quando l'ho incontrata che esso ha cominciato a cedere,  non posso negarlo.
C'è stato qualcosa in lei,  che ha abbassato le mie difese.
L'ho visto fin dal primo momento in cui l'ho lasciata da sola in biblioteca,  per paura di farla cadere nella trappola  che tutt'ora mi circonda.

Non so se ritenerla,  una cosa positiva o negativa.  Di certo, non voglio che nessuno si avvicini. Non posso.

Non sembra mai stare male vista da fuori, ma io l'ho vista, ho visto che lei sta crollando e mi chiedo come faccia a dire di stare bene nonostante tutto.  Ho visto le sue lacrime,  ma le ho lasciate scorrere.  Ne avevano bisogno. Avrei davvero voluto asciugarle. I suoi occhi azzurri come il mare in tempesta,  scuri,  pieni di... Rabbia? Dolore?
Dolore. 

Eppure, qui distesi sull'erba, sembra di essere in una favola dove tutto è perfetto.

Sembra quasi vero.

"Che cosa intendevi l'ultima volta? " mi domanda rompendo il silenzio.

"Tutto quanto che accade una volta,  potrebbe non accadere mai più.  Ma quando tutto quanto accade due volte,  accadrà certamente una terza. " ripeto la frase.
" Mh,  quella... Che cosa intendi dire? "
" Si dice che quando una cosa accade una volta,  potrebbe non succedere più.  Ma quando questa cosa accade due volte,  vi sarà pure una terza " le spiego. Ma lei non sembra essere convinta.

" E cosa è già accaduta due volte? "
" La domanda giusta da fare è :chi? " le rispondo io. Apre la bocca come per dir qualcosa,  ma poi sembra ripensarci.
Rimaniamo in silenzio.

É lei la cosa che è successa due volte,  e ormai una terza. È lei  che pensavo di non rivedere più.  È successo tutto per caso.
" Sei tu" dico dal nulla.  Lei mi guarda confusa e così continuo: " Sei tu quella cosa, che ho incontrato per caso una volta e che poi ho ritrovato altre due volte".
Lei sembra rifletterci su,  ma poi le spunta un sorriso.

" Posso farti una domanda? " mi chiede con tanta ingenuità da sembrare una bambina. Ho sempre odiato le domande, soprattutto se riferite alla mia vita,  ma nonostante ciò anniusco.
" Hai mai pensato di non aver più nessun motivo per vivere ? " resto interdetto dalla domanda,  mi aspettavo un altro tipo di domanda.

Non aver più nessun motivo per vivere...  Eccome se ci ho pensato.  So cosa significa  respirare solo perché ti è inevitabile, so cosa significa guardare ma  non vedere,  sentire ma non percepire.  E tra queste cose, ci sono grandi differenze.

" Certo che ci ho pensato,  tutti penso che a un certo punto della propria  vita si trovano di fronte a questa situazione.   Il problema   non è la situazione,  ma è come si reagisce ad essa: ci sono quelli che non ce  la fanno e quelli che ce  la fanno.  I primi non sono deboli,  hanno semplicemente smesso di sperare e di combattere  per il loro scopo nella vita, perché un scopo nella vita c'è sempre anche se sembra che esso sia stato ridotto in frantumi e dato a fuoco,    bisogna solo cercarlo; gli ultimi  trovano un modo per uscirne,  e ce la fanno, perché loro non hanno mai spesso di sperare e di combattere per il loro scopo. " rispondo.
" Tu ne sei uscito? "
" Non lo so " sospiro "  E tu? "
" Sto cercando lo scopo della mia vita" risponde.


Il caso più  bello di sempre (#wattys2017) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora