La ribellione

39 9 3
                                    

Le lacrime colmarono i miei occhi, ostruendomi la vista. Sparai di nuovo, alla cieca. Non uno, non due, ma ben tre colpi. Sentii un frastuono e, d'istinto, indietreggiai. Mi asciugai gli occhi con la manica della mia divisa  da vice ufficiale, sporca di polvere e macchiata dal sangue di mio figlio.

Guardai di fronte a me. Non avevo solo mancato Bramont, ma avevo colpito il tetto di una delle case che costeggiava la strada. Ora avevo davanti solo un ammasso di macerie e non riuscivo a vedere oltre.

Raccolsi la pistola, che mi era scivolata di mano. Avevo finito i proiettili.  L' unica arma che avevo era fuori gioco e il colpevole di tutto questo era scappato. Barcollai e caddi, in preda alla disperazione.

Ripensai a Sean, a quanto lo amavo. Ripensai all'esatto momento in cui Bramont premette il grilletto, a come il veleno entrò in circolo nel corpo del ragazzo, facendolo cadere. Ai tre secondi, passati troppo veloce, che lo portarono alla morte. Pensai a Matricola 1724 e a come lei gli fosse stata vicino fino alla fine. Lei lo aveva protetto al posto mio. Avrei dovuto esserci io vicino a Sean in questo momento. Invece no, io lo avevo perseguitato, lo avevo condannato.

"Blame! Alzati amico!"

L'urlo mi distolse dai miei pensieri.  Alzai la testa confuso. Sulla cima della catasta formata dalle macerie della casa c'era l'ufficiale Bramont. Mi misi in piedi frettolosamente, ma prima che potessi parlare, mi disse:

"Hai ragione su tutto. Siamo noi i colpevoli di tutto questo. Le regole devono cambiare e noi dobbiamo subire una pena. Sappi solo che ti ho voluto bene davvero. E lo dico ad alta voce, non mi interessano i rischi che corro. Questa legge oltraggiosa deve essere abolita e tutti quelli che hanno aiutato Klail ad applicarla devono essere puniti. A partire da adesso."

Detto questo estrasse dalla tasca della giacca un pacchetto di munizioni e lo lanciò nella mia direzione. Dopo averli inseriti nella pistola presi la mira e premetti il grilletto. Lo colpii sul petto, facendolo accasciare a terra.

1,2,3.

Dopodichè mi puntai la pistola alla testa. Ero determinato e pronto a sparare, ma non ce la feci. Un agente di polizia mi strappò l'arma di mano, un altro mi inniettò una dose di sonnifero. Mi caricarono su un camion e, la mattina dopo, mi risvegliai in questa cella.




Matricola 1724Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora