Lei

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Aveva deciso di tornare, chiarirsi con i genitori e trovare una soluzione.

La sua fuga era stata un ennesimo gesto da stupida, cosa sperava di risolvere, straniera e minorenne, in un paese in cui non conosceva nessuno?

Anche adesso stava viaggiando, andandosene via dagli sguardi premurosi dei suoi, ma non era sola.

I suoi l'avevano cercata disperatamente, chiedendo in giro e appoggiandosi alla polizia.

Nel vialetto di casa, circondata da primi piani del suo volto in bianco e nero, aveva esitato; non si aspettava comprensione, soprattutto dal padre. In fondo quello che aveva fatto era per molti versi imperdonabile.

Invece fu sorpresa dalla reazione che suscitò il suo «Sono io, papà» singhiozzato al citofono. Le lacrime si fecero intense nel guardare fuggevolmente l'espressione paterna, troppo impaurita e in pena per trovare il coraggio di guardarlo in volto.

Vide un misto di sollievo e sofferenza al vedere lei, una figlia che non aveva potuto e voluto fidarsi, che aveva deciso di andarsene ma era tornata, una "figliol prodiga".

Fu la madre a infliggerle il tormento maggiore. Stava seduta lì, piangente.

«Non farlo più », le sue uniche parole.

Alzandosi di slancio l'aveva stretta a se e accarezzato convulsamente i capelli ramati,

«Non farlo più, ti prego»

Forse avrebbe preferito urla irate e sberle a quel completo abbandono.

Però, prima che la situazione cominciasse lentamente a migliorare, c'era voluto qualche giorno. Stava chiusa in casa, non aveva il coraggio di uscire, la forza di sapere cosa pensassero i suoi compagni. Sembrava non ci fosse niente di cui preoccuparsi; apparivano continuamente messaggi, regali e lettere amichevoli. Dicevano di notare la sua assenza, ma, queste persone a cui sembrava mancasse terribilmente, lei non sapeva neanche chi fossero.

Non era riuscita a reggere l'imbarazzo di sentirsi dichiarare come "la migliore amica che si potesse trovare" di persone che aveva a malapena scorto nei corridoi della scuola, soprattutto non sopportava il girarle attorno dei genitori che, saputo del bambino, erano divenuti entrambi ansiosi e servizievoli.

Così aveva chiesto di andarsene dallo zio Fabio, in Toscana, per "ricominciare da zero" e loro, inaspettatamente, avevano acconsentito.

Forse troppo provati dalla fuga della figlia, troppo presi a chiedersi cosa avessero fatto di male e cosa avessero sbagliato. Vedersela davanti ogni giorno era troppo, mandarla da un' altra parte sarebbe stato un bene sia per lei che per loro, ancora non abituati all'idea che la figlia fosse così differente da come loro pensavano fosse. Sarebbe tornata, sempre l'avrebbero amata e aiutata, ma erano scioccati e troppo deboli per trovare la forza di affrontare tutto come se niente fosse.


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