Capitolo 6

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La mattina seguente mi svegliai stranamente attivo, in corpo una frenesia nuova.

Presi dai piedi del letto la stessa maglia che usavo da almeno due giorni, e mi bloccai.

" In fondo c'è da augurarselo, magari incontrare l'amore migliorerà il tuo stile"

Le parole saccenti di Margherita mi tornarono a mente mentre i miei occhi fissavano assenti un'anta dell'armadio che non aprivo da secoli.

La aprii dubbioso e allungai una mano esitante verso le camice impilate.

" L'amore è cieco...la mia ragazza mi accetterà per quello che sono"

Le mie convinzioni da diciassettenne romantico irruppero violente, con decisione chiusi l'armadio e con ancor più decisione lo riaprii.

Disperato agguantai una camicia e la indossai rapido. Mi guardai fuggevolmente nello specchio in corridoio, maledicendo il mio improvviso istinto istrionico e apprezzando, tuttavia, l'immagine di me che mi osservava, nervosa e infastidita.

Ero nervoso al pensiero che avrei rivisto Adeline, infastidito perché... Insomma, non avevo mai avuto una profonda stima di me e la sera prima mi ero addormentato tra sogni fantastici e la strisciante consapevolezza di avere scarse possibilità di vederli realizzati.

E provavo rabbia, un'emozione che mi confondeva prendendo nelle sue spire anche la mia personale Elena di Troia.

Con la mia mentalità da rivoluzionario Bohemien stile "Mouline Rouge" e nel mio continuo fantasticare sulla libertà, la bellezza e l'amore, avevo sempre immaginato un innamoramento dolce e graduale.

Invece ero caduto in una sala degli specchi che mi imprigionava occhi e mente.

Ovunque andassi anelavo di trovarvi Adeline a pensavo a lei, vagando con lo sguardo lungo le vie e desiderando che mi cercasse, parlasse e...notasse.

A scuola, prima che le rivolgessi la parola io stesso, non mi aveva neppure considerato e guardarla parlare con altri era stato un supplizio.

Non sapevo cosa pensare della conversazione del giorno prima, probabilmente si sentiva sola e aveva solo voluto sfogarsi.

Ma in quelle poche parole che ero riuscito a carpirle, nella sua espressione, mi era parso di intravedere un collegamento tra noi, un nascere di filosofie che avrebbe potuto avvicinarci col tempo.

Speravo che i silenzi che ci avevano diviso il giorno prima si riempissero e

cercavo di dare un significato al lampo che aveva illuminato i suoi occhi.

Diario di un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora