Capitolo 9

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La scuola era finita, tutti eravamo già mente e corpo nelle vacanze estive, sognando vacanze strepitose e programmandone di molto più modeste. Isa e Ismaele sarebbero andati con la famiglia in non so quale paese in provincia di Ravenna, altri miei compagni sarebbero rimasti in città cercando qualche lavoretto estivo, cosa che avrei fatto anche io.

Trascorsi la prima settimana in casa, fuori con gli amici...prima di cominciare a cercare un impiego almeno una settimana di vacanza vera volevo vivermela.

Con la fine della scuola il mio problema nei confronti di Adeline si era calmato, non vedendomela davanti ogni giorno era in qualche modo più facile ricordarsi che avevo una vita anche prima che lei arrivasse a rovinarmela.

Ma un angolino del mio cervello, infido, era sempre pronto a rammentarmela,

"Adeline...".

Ero al mare con gli amici e, "come staresti se qui ci fosse anche lei", prendevo un gelato in centro con Isa, prima che partisse "se ci fosse Adeline al posto di Isa...".

Una mania, una fissazione che mi rovinava ogni momento e non volevo!

Non volevo che un estate della mia vita fosse rovinata da una ragazza che si rifiutava persino di ascoltarmi.

Qualunque cosa dicesse mia sorella, benchè intimamente sapessi che aveva ragione, avrei trovato un modo per parlarle, che lei lo volesse o no.

L'avrei seguita, spiata...un momento in cui era sola l'avrei trovato e l'avrei obbligata ad ascoltarmi, qualsiasi cosa lei pensasse di me.

Come percepivo di sbagliare progettando una cosa del genere, percepivo che non mi sarei mai sentito rispondere "si", una volta parlatole.

Se mi aveva evitato per mesi a scuola doveva esserci un motivo preciso, sicuro che non le piacevo.

Oramai volevo parlarle per semplice testardaggine, forse ci sarei rimasto ancora più male ma non importava.

Spinto da simili pensieri passai le prime due settimane a cercarla per le vie del centro, ad aspettare ogni mattina che uscisse di casa...ma nonostante ogni mio sforzo non la vidi mai.

Stava tutto il giorno in casa, questo pensavo, e alla fine decisi di buttarmi. Feci una cosa che mai avrei pensato di riuscire a fare.

Suonai alla porta di casa sua...

driiiin, driiiiiiiiin

premetti rapidamente il campanello, il coraggio che spariva insieme all'eco flebile di quel trillo acuto. Se mi avesse aperto cosa avrei fatto?

Ovvio, mi avrebbe ascoltato, non poteva certo sbattermi la porta in faccia, ma non mi avrebbe ascoltato realmente. Avrebbe solo atteso che me ne andassi.

Feci per andarmene, tutto il mio ardore andato in fumo, ma rimasi bloccato a metà dal rumore della porta che si apriva.

Imbarazzato mi voltai, pronto a scusarmi e allontanarmi, ma sorpreso notai che ad aprirmi non era stata Adeline, ma un uomo alto e allampanato, con una camicia vintage che metteva in risalto il petto ossuto.

Aveva i capelli dello stesso colore della nipote, perché non poteva che essere lo zio di Adeline, ma la somiglianza si limitava a questo.

Trovandomi davanti lui, una parte del coraggio tornò, e riuscii a chiedergli se sua nipote fosse in casa.

«Bè, è partita da almeno una settimana.»

«Come partita?»

«E' tornata dai suoi. Ma chi sei?»

Lo guardai, vagamente consapevole di avere un' espressione ebete.

«Nessuno...un compagno di classe. Scusi il disturbo...»

Feci per andarmene ma mi fermai,

«Come ti chiami?»

«Edoardo. D'Angelo Edoardo». Mi osservò, un lampo di comprensione negli occhi e con un gesto mi impose di attendere fuori mentre entrava in casa quasi di corsa.

Mi porse una lettera, chiusa in una busta bianca

"PER EDOARDO"

"Caro Edoardo,

non so come prenderai questa lettera, se mi riterrai cinica o ipocrita, ma non scrivo per farti notare la mia assenza più di quanto la noterai da solo, e sarò sincera scrivendoti queste parole.

In questi mesi ti ho evitato per evitare di ferirti, questo mi dicevo, ma soprattutto per paura, perché non sapevo come affrontarti.

Hai presente il discorso della persona che conosci tu e che poi cambia e tu ti senti un pezzo giusto in meno e un pezzo sbagliato in più?

Beh, quella persona è un ragazzo che ho conosciuto, al quale ho dato tutto di me e che mi ha delusa, ferita.

Sono sicura che anche tu ti starai sentendo così in questo momento, so che hai provato dei forti sentimenti per me e che stavi male perché li rifiutavo, ma ogni

giorno che passava vedevo i tuoi occhi brillare quando incontravano i miei, nonostante la sofferenza che dovevi provare a causa mia. Ma cosa dovevo fare, accettarti mentre ancora pensavo a quel ragazzo che pur ferendomi è ancora intatto nei miei ricordi?

La realtà è che non sono la ragazza spensierata e fiduciosa che posso sembrare, e pur accorgendomene cerco di nascondere quello che sono davvero perché il mondo a volte giudica, senza pietà, senza sapere, senza aspettare che tu dia una spiegazione.

Edoardo io non so perché mi comporto così, forse con te avrei potuto aprirmi e avere un amico, ma ho vissuto esperienze che mi hanno formato, per le quali ho pagato un prezzo troppo amaro da sopportare...

Quindi non ho avuto il coraggio di fidarmi di te e di ascoltarti.

Scrivendoti è più facile dirti la verità, una verità difficile.

Il ragazzo che tanto mi ha tolto mi ha anche lasciato qualcosa, un figlio... Perché sono in cinta, questa è la realtà!

Non mi dilungherò in scuse, spiegazioni, ricordi...semplicemente la verità, una verità per la quale forse anche tu mi giudicherai ma che ho accettato come parte di me e per la quale lotterò.

Ma non credo che mi giudicherai e so che col tempo capirai il perché della mia fuga.

So che non vuoi sentirti dire queste cose, forse mi offenderai e penserai che è tutto inutile perché ormai provi quello che provi e non puoi tornare indietro, ma non è vero.

Con il tempo mi dimenticherai, tra qualche anno penserai a me come quella ragazza per la quale hai avuto una stupida cotta e non soffrirai, perché la tua vita andrà avanti anche senza di me.

Come andava avanti prima, adesso continuerà a farlo.

Io ti ricorderò Edoardo, un ricordo dolce e amaro, come un amico che ho perso per la stupidità di entrambi.

Tu che ti sei innamorato, e io che mi sono trincerata nelle mie paure.

Quindi scusa, Edoardo...spero che un giorno mi perdonerai.

Adeline

Sdraiato nel letto piansi, senza trattenere le lacrime.

Anche un uomo ha un'anima, anche un uomo può piangere per amore.

Chiusi gli occhi, spossato, con la speranza che al risveglio fosse stato tutto un sogno. Perché le parole di Adeline mi avevano colpito, mi avevano finalmente aiutato a capirla, mi avevano rivelato quanto fosse ciò che non sapevo dandomi un poco dell'oggettività che nella mia passione non ero riuscito a trovare.

Tutto era stato un incubo, ma forse al risveglio avrei ricordato un sogno, sperando che la vita sarebbe stata un sogno anche per lei.




FINE

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