"Ancora lividi."

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"Dove sei stata?" eccola qui. Tatiana super ansiosa e preoccupatissima.
"Una passeggiata con Gabriele nell'ospedale." mento.
"Sì sì, non ti credo. Sputa il rospo."
"È vero invece! Senti ora pensiamo alle cose serie." cambio discorso.
"Cosa c'è di più serio di questo?" continua lei a braccia conserte.
"La mia salute, cosa hanno detto i medici? Dove sono i miei genitori?"
"I medici devono ancora darci tutti i risultati, forse domani mattina sarà tutto pronto. Ah, un'altra cosa. Alessandro mi ha dato questa, è per te." mi porge una lettera, la carta è bianca e riconosco la sua scrittura sul davanti.

"Grazie." dico, la prendo e la osservo con calma.
"Ti lascio da sola così puoi leggere, a dopo"
"Si, a dopo" la saluto e se ne va sbattendo la porta. La apro velocemente, leggo di fretta.

Cara Sofia,
È la prima volta che scrivo una lettera, la sto scrivendo a te non perché mi va, ma perché ne sento la necessità. Forse le parole non sono la cosa di cui hai bisogno ora, hai bisogno di momenti di pace e di felicità dopo questa tempesta. Ma la tempesta si è fermata, so che queste cose te l'hanno già dette altre persone ma a me non importa, so cosa ho fatto. Ti ho mentito e non avrei dovuto farlo, il perché? Perché volevo ancora lei ma volevo anche te, così ho scelto. Mi sbagliavo, dovevo affrontare la realtà invece di metterla da parte, ma noi ragazzi siamo stupidi. So che abbiamo parlato poco tempo fa a vederti in quel dannato letto non mi rallegrava. Non sono il tuo ragazzo, nemmeno un amico. Mi sono accorto del pericolo troppo tardi e non smetterò di chiederti scusa. Mi sono innamorato di te guardandoti, senza parlati, guardando i tuoi movimenti durante la lezione, quando ti distraevi o disegnavi sul banco anche se la bidella di rimproverava. Avevo bisogno di guardare qualcuno senza che se ne accorgesse, e sono stato bene anche se è durato poco.
Non voglio aggiungere altro, non ho intenzione di annoiarti o di allungare questa lettera. Non mi ricordo nemmeno più perché l'ho scritta. Comunque sia, grazie. Grazie per aver dato un po' di adrenalina alla mia vita. È stato fantastico. Ti voglio bene.

                                        Alessandro

PS. Quando avrai bisogno di me, fammi uno squillo.

Cosa stavo facendo? Cosa sto facendo? Sofia ragiona.
Ecco il punto della situazione, provo lo stesso sentimento per due persone diverse. Io non so cosa mi prenda, sono confusa, più di prima e non so cosa fare.
È tutto così irreale, queste parole, poi le sue.

"Si può?" Gabriele.
Cazzo.
Asciugo velocemente le lacrime e tiro su col naso.
"Si." dico alzando la voce.
Quando entra cambia espressione.
"Cos'hai? Hai pianto?"
"Si, cioè volevo dire no. C'è troppa polvere qui."
"Simpaticona. Ti abbiamo fatto il test per le allergie e non sei allergica a niente!"
Sono fregata.
"Dai, a Gabri puoi dirlo."
"Sto bene." faccio un sorriso più credibile possibile.
"Non ti credo lo stesso, comunque. Dovrai restare qui per un po', quindi Tatiana mi ha portato dei compiti che dovrai fare." in una busta di plastica ci sono tutti i miei libri di scuola e o quaderni, credevo che per i compiti ero giustificata invece...
"Oh, grazie." gli rispondo non al settimo cielo.
Apro il diario e vedo cosa c'è da fare: latino, spagnolo, francese, inglese, antologia, matematica, storia e geografia e per finire, scienze.
Diciamo che scegliere il liceo non era nei miei piani all'inizio, ma oltre alle lingue non ero portata a niente. Quindi ho scelto il linguistico, mi piace studiare spagnolo e inglese ma quando sei in queste situazioni non hai voglia di fare niente.

"Hai tanta roba?" mi chiede Gabriele sedendosi sulla sedia. Mi chiedo se sia vero che sta facendo alternanza lavoro.
"Si." mi innervosisco e lancio il diario contro il muro facendo traballare il televisore appeso alla parete.
"Wow. Hai tanta forza." lui rimane sconvolto ma allo stesso tempo divertito. Inizio a staccarmi i pezzi dello smalto blu che ho sulle unghie e di colpo mi rattristo. Non voglio studiare e non voglio stare qui.
"Cos'hai? Non sono stupido, se sto lavorando in un ospedale è perché devo prendermi cura per un po' di persone che stanno male e tu ora sei qui, quindi dimmi cosa succede." mi prende la mano e io trattengo le lacrime anche gli occhi mi bruciano.
"Va tutto male. La scuola, la mia famiglia, la mia vita, tutto."
"Ti ho fatto fare quella lista perché quando uscirai da questo ospedale sarà diverso, è una promessa."
"Tu perché lo fai? Io non sono nulla, non ci conosciamo tanto e  già ti preoccupi per me, della mia vita come se te ne fregasse qualcosa, ma non capisco perché? Perché lo fai?" quelle parole lo colpirono, lo so. Mi uscirono di bocca come se fosse un saluto, non le ho pensato, le ho dette ma non sapevo le conseguenze. Forse non lo sa nemmeno lui il perché. Il suo sguardo cambia e abbassa la testa rimanendo qualche secondo in silenzio.
"Non so darti una risposta."
"Cosa?"
"Non c'è, non so cosa risponderti." inizia a piangere. Inizia a piangere davanti a me fregandosene che io sia qui, stava trattenendo qualcosa di grande.
So che quell'argomento era stato toccato altre molte ma è più forte di me, le cose le voglio sempre sapere, o in un modo o in altro.
"Scusa, ho esagerato come sempre." cerco di rimediare ma non sono brava in questo.
"No affatto, hai ragione. Non sono nessuno, non ci conosciamo e non so perché mi importa di te." quello invece fece male a me.
Si alza di scatto raccogliendo il mio diario e poggiandolo sul tavolino, poi apre la porta e la sbatte forte uscendo.

Cosa ho fatto?
Cosa sto facendo?

Mi tolgo la coperta e scalza corro, credo che a forza di correre mi romperò una gamba non la testa!
Dov'è andato?
Mi fermo e cerco di capire in quale dei tanti corridoi può essere andato. Ce ne sono tre.
Prendo il primo.
Cammino veloce sperando di trovarlo. Dove sei, dove sei?
Torno indietro e vado al secondo corridoio ma mi blocco dopo tre secondi sentendolo urlare in una stanza. Appoggio l'orecchio sulla porta chiusa e ascolta, so che non si deve origliare ma voglio capire.

"Ti ho detto che non la puoi più vedere! Sono stato chiaro?"
"Non mi impedirai di amarla! Tu, brutto bastardo, hai ucciso la mia ragazza se non te li ricordi, ma sei ancora qui perché io ti ho salvato il culo come sempre!"
"Stai zitto! Come ti permetti di parlarmi così! Sono il tuo capo ma anche tuo padre quindi farai quello che ti dico. Non devi mai più vedere quella ragazza, l'amore non serve a un ragazzino di sedici anni! Chiuso il discorso!"
Suo padre? Quell'uomo che sta urlando è suo padre? Non ci sto capendo niente. Era l'uomo che l'ha richiamato quando gli diceva di tornare a lavoro! Come ho fatto a non capirlo prima?
E perché ha detto hai ucciso tu la mia ragazza se non te li ricordi?
A quanto pare non sono l'unica ad avere problemi grossi.

"Ti prego papà..." lo sta supplicando.
"Vai fuori! Ho del lavoro da fare! Non come te che passi il tempo con le ragazze che incontri in ospedale. Inizia a essere una persona seria."
"No." gli dice un no secco e deciso, pieno di rabbia ma quando sento un rumore brusco spalanco la porta. Gabriele è a terra che si tocca la mandibola e quell'uomo che mi guarda come se mi stesse per uccidere. Lo ignoro e aiuto Gabriele ad alzarsi.
"Cosa ci fai qui?" sussurra. Non faccio in tempo a rispondere che il padre mi trascina fuori con la forza, mi ha fatto male alle braccia. Altri lividi.

"Papà cazzo fermati!" Gabriele scatta in piedi e fa allontanare suo padre da me.
"Portala in camera." ordina ad un altro medico.
"No. Non mi tocchi." indietreggio.
"Saluta Gabriele perché non li rivedrai mai più." mi minaccia suo padre.

Io e Gabriele iniziamo a scappare correndo dall'altra parte e mi sento mancare l'aria.
Lui ci rincorre per poco poi si ferma e sbraita.
Ci chiudiamo nella mia stanza prendendo fiato.
È stata una cosa da pazzi, avevo l'adrenalina ovunque.

"Ti senti..."
"Benissimo." lo precedo.
"Stavi origliando." mi rinfaccia il mio gesto.
"Lo so, e ho fatto bene."
"Contenta? Hai scoperto che persona di merda che sono." si appoggia la muro ad occhi chiusi.
"Ho scoperto una persona bellissima. E quelle cose potevi dirmelo, lo sai." mi avvicino guardandolo.
"Non sono bravo in quel genere di cose."
"Io penso il contrario."
"Senti, mi dispiace. Okay? Avrei dovuto dirtelo."
"Cosa avresti dovuto dirmi?" faccio la finta tonta.
"Ti piace sentirtelo dire?" sorride.
"Cosa avresti dovuto dirmi?" ripeto sorridendo.
"Che lui è mio padre, che è stato lui ad uccidere la mia ragazza perché non l'ha operata quando stava per morire e che ti amo." mi dice tutto d'un fiato e poi anch'io confesso.
"Invece la cosa che dovevo dirti io è che Alessandro..." mi interrompe.
"Ti ha scritto una lettera, lo so, mi ha chiesto dei consigli su come scriverla, è già tanto se è ancora vivo."
"Tu sapevi già tutto?" alzo la voce.
"Si." scoppia a ridere e io rimango con la mia faccia da ebete.
"Ti amo ancora di più quando fai quella faccia."



S.A

Buonasera ragazzi, scusate se non aggiorno da un po' e non metto lo spazio autrice su tutti i capitoli. Comunque siamo nel centro della storia. Spero vi sia piaciuto, in tal caso lasciate un commento.

1,03k di visualizzazioni. Sono felicissima ❤ Grazie a tutti.

-Angy

WARRIORS -Grazie per avermi salvata- #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora