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Jungkook's pov

Quelle parole fecero breccia nel cuore di Jimin che lasciò scivolare sulle sue guance le lacrime che cercava di trattenere fino a poco tempo prima.
"Puoi davvero credere che io non mi fido di te?" mi disse tra i singhiozzi, come deluso dalla mia deduzione.
"Non lo so, non mi hai confidato tutto. Avrei potuto aiutarti. Io...io avrei pensato a qualcosa. Avrei fatto tutto per te".
Questo fece ancora più male a Jimin.
"No, no. Davvero credimi. Io l'ho fatto per te. Per non farti preoccupare ancora di più. Eri così spaventato, io lo ero. Volevo solo vivere tranquillamente con te" mi disse il ragazzo prima di allacciare le braccia al mio collo e stringermi forte.
Non ci avevo pensato. Il mio Jimin. Era solo preoccupato, come avevo potuto biasimarlo? Anche io volevo una vita semplice, lontano dalla preoccupazioni, una vita con lui. Eppure solo immaginare di non avere la sua piena fiducia mi aveva ridotto il cuore in pezzi, mi aveva davvero destabilizzato, rattristato, deluso. Sapere invece Jimin semplicemente preoccupato per me mi aveva riempito il cuore di gioia.
Lo strinsi ancora più forte nell'abbraccio che aveva iniziato, per poi baciarlo dolcemente. Il mio tesoro aveva ragione: i baci erano la mia riposta preferita.
Esprimevano cose che le parole non riuscivano ad esprimere, perdonavano mille errori, raccontavano mille storie, trasmettevano mille emozioni.
Erano perfetti. Come me e Jimin insieme.
Il biondo si tranquillizzò, sapeva cosa i miei baci significassero e se non lo avesse saputo il sorriso che gli feci quando ci staccammo gli avrebbe chiarito le idee.
Poi una voce richiamò la nostra attenzione e ci distrasse l'uno dallo sguardo e dal sorriso dell'altro.
"Ragazzi, scusate, ma dovrei aggiungere una cosa alquanto importante. Per arrivare all'isola dobbiamo prima raggiungere la sede principale dell'Autorità. Lì si troverebbero le cartine de territorio e il progetto del muro di vetro. Grazie a questo dovremmo trovare più facilmente l'unica via di uscita che ci riconduce all'esterno del vetro. Sarà difficile introdursi e riuscire a prenderli. Io so dove si trovano, tuo padre me l'ha ripetuto più volte in caso di necessità. Non posso andarci da solo, ma non chiederò a voi di venire con me, non vi metterei mai in pericolo" ci disse Jack.
La situazione era più complicata de previsto, ma non avrei mai e poi mai lasciato Jack andare da solo o con qualcuno che non fossi io. Questa situazione riguardava anche me, era la volontà di mia madre di mio padre in fondo quella che avrei dovuto portare avanti.
"No. Vengo io con te. Non c'è nulla che possa farmi cambiare idea. Hai bisogno che qualcuno venga con te ed è giusto che sia io."
"Sempre così testardo" mi disse per poi dedicarmi un sorriso paterno.
Jimin si sentì quasi escluso, quindi sussurrò un flebile:"Ci sarei anch'io. Vorrei venire con voi".
"Te lo scordi" lo ammonii, se credeva davvero di avere solo una minima possibilità di convincermi anche questa volta a venire con me ignorando gli innumerevoli pericoli che ci si sarebbero parati davanti era un illuso...
...La mattina dopo eravamo in tre, pronti per partire alla volta della sede centrale dell'Autorità. Evidentemente ero io un illuso, avevo davvero creduto di poter resistere agli occhi da cucciolo del mio piccolo Jimin?
Eravamo tutti e tre vestiti di scuro, in puro stile spia, e ci eravamo ritrovati davanti all'abitazione di Jack, che conosceva bene le strade del Gruppo. Con il nostro amico alla guida ci dirigemmo silenziosamente per le stradine meno affollate e frequentate e arrivammo dopo 13 minuti esatti di fronte al palazzo in questione (il tempo era importante ci aveva riferito Jack, poiché le guardie avevano turni, cambi e pause con orari molto rigidi e che per nostra fortuna Jack conosceva a memoria).
Il palazzo che si erigeva di fronte ai nostri occhi stonava con la povera semplicità delle abitazioni della popolazione: era altissimo, sfarzoso e sembrava anche ultra tecnologico. Avevo davvero paura. Cercai lo sguardo di Jimin per tranquillizzarlo, ma fu lui a tranquillizzare me con un sorriso di incoraggiamento. Sembrava forte ma ormai lo conoscevo bene: era terrorizzato anche lui, ma si fingeva forte solo per me.
Quanto lo amavo.
Aspettammo ancora quattro minuti che Jack cronometrò diligentemente e poi ci avvicinammo maggiormente entrando dalla porta dell'ala est dell'edificio, dove una guardia lasciva il suo posto alla successiva che sarebbe arrivata da lì a poco. Una volta dentro le azioni di susseguirono molto velocemente o forse lo percepii così a causa dell'adrenalina. Jack continuava a guidarci mentre io presi posizione dietro Jimin che lo seguiva, in modo da coprire le spalle a tutti e tre. Avevamo la sera prima studiato un piano che da lì a poco avremmo dovuto mettere in atto: consisteva nell'arrivare nella stanza dell'ingegnere e terzo Autoritario dove si trovavano i  progetti e le cartine, farvi entrare Jimin per prenderle, mentre io e Jack avremmo protetto l'entrata e avremmo aspettato il ragazzo per poi ritornare sui nostri passi e recarci a casa di Jack.
Il piano era semplice, ma non sarebbe stato così nella realtà. La realtà non andava mai a mio favore. Una volta arrivati alla porta giusta, Jack l'aprì (mi spiegò che non c'erano molte altri sistemi di sicurezza oltre le guardie, in fondo nessun cittadino aveva nemmeno mai pensato di entrarvici) e dopo aver controllato che non ci fosse nessuno fece cenno a Jimin di entrare. Il ragazzo si accinse a farlo, ma io lo fermai tirandolo per un polso verso di me. Gli accarezzai una guancia e lo baciai. Sorrise mente lo facevo. Nonostante la situazione fu bellissimo come sempre. Tutto con Jimin era bellissimo. Mi sorrise ancora, poi entrò nella stanza e chiuse la porta dentro di sé come gli aveva detto di fare Jack.
Quanto lo amavo.
Non vedevo l'ora di rivederlo.

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Scusate l'enorme ritardo, non ho scusanti.
Ditemi se c'è qualche errore e se vi sta piacendo la storia.
Grazie mille💘

•Future• ||JIKOOK||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora