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Jungkook's POV

"Non sono niente"
Cercò di nascondersi le braccia il più possibile, ma ormai le avevo già viste.
"Me lo puoi dire"
"Non è niente davvero Jungkook, non devi preoccuparti sempre per me"
"Cosa è successo ieri dopo che hai varcato la porta?"
"Sei così insistente. Un uomo mi ha bloccato ecco, ma poi mi ha lasciato subito. Non volevo dirtelo perché non volevo ricordare cosa ho pensato quando è successo"
"A cosa hai pensato?"
"Questo non te lo dico carino"
Carino? Mi ha chiamato carino. Persi un battito, ma subito mi ripresi:" Dai dimmelo, io posso aiutarti. Tu mi hai aiutato no? Siamo amici adesso". Ed era veramente così, non lo dicevo solo per dire. Ormai lo consideravo mio amico.
Jimin biascicò qualche parola che non riuscii a sentire bene. Gli chiesi di ripetere e lui in risposta incrociò le braccia sul petto e mise un piccolo, tenero broncio.
"Okay okay, ho solo pensato a qualcosa di sciocco. Ora non lo penso più eh. Ho pensato che... insomma... ti fossi stancato di me... oppure mi avessi abbandonato... perché sono... inutile o cose del genere e mi avessi mandato come prigioniero in quel posto. Ma non lo pensavo veramente, lo giuro. Perdonami dai".
"Va tutto bene"

In realtà mi fece un po' male. Al cuore. Ma dovevo capirlo, chi non avrebbe pensato le stesse cose del biondo in una situazione del genere in fondo? Certo il mio cuore avrebbe preferito la piena fiducia di Jimin, ma il mio cervello lo comprendeva e non lo biasimava affatto. Era stato così coraggioso, chissà da dove veniva, cosa faceva prima, se aveva mai fatto una cosa del genere in precedenza. Volevo conoscere tutto di lui, non l'avrei lasciato andare finché non avessi saputo ogni cosa di lui e nemmeno dopo.
"Sei sicuro?"
"Certo, è normale. Basta che tu stia bene e che non pensi più che io possa tradirti, perché non lo farò".
Mi dedicò un sorriso ampissimo, così ampio che vidi tutti i suoi adorabili denti. Non ebbi il tempo di sorridergli di rimando che Jimin mi saltò al collo e fece saltare con lui il mio cuore.

Passarono più o meno in questo modo le due settimane successive. Niente di particolare successe: di tanto in tanto andavamo al Gruppo a rifornirci di cibo, pallottole, abiti e altro. Non era affatto facile e rischiavamo molto ogni volta. Ero tentato di lasciare Jimin al rifugio per farlo restare al sicuro, ma il biondo non sentiva ragioni e puntualmente era al mio fianco ad aiutarmi. Non ero ancora riuscito a costruire un letto solo per Jimin, ma l'imbarazzo della prima sera era passato e a Jimin non sembrava pesare il fatto che dormisse con me. Credo di piacergli, anche se non sono bravo a capire ste cose. Io non so cosa significhi innamorarsi o come lo si esprima, ho solo impressa in mente l'immagine dei miei genitori. Jimin sembrava mia madre, ecco. Arrossiva ogni volta, mi sorrideva come un ebete ad ogni complimento, mi abbracciava in continuazione e lo sentivo accarezzarmi di notte.

Il che non mi dispiaceva.

Per niente.

Era possibile che fossi omosessuale? Non avevo avuto tempo di pensarci mentre scappavo dai soldati e da quel poco di civiltà che restava.
Forse era solo la convivenza che mi faceva provare affetto per il biondo.
Pensavo questo.
Fino alla terza settimana, quando Jimin provò a baciarmi. Da lì in poi le cose non furono ordinarie come le due settimane precedenti...

Tutto iniziò con la passeggiata che Jimin volle fare al mare.
Ero non preoccupato, ma terrorizzato. Il mare faceva parte della sfera di influenza del Gruppo e avevo sentito la settimana prima da un vecchio, in periferia, che a breve avrebbero spostato li qualche tenda per impedire il sovraffollamento nel centro. In realtà era solo una scusa per allargare il dominio: non erano sopravvissute così tante persone da causare un sovraffollamento. La gente ormai credeva a tutto pur di sopravvivere. Tuttavia Le azioni di "trasloco" o "dislocamento", chiamiamole così, sarebbero dovute iniziare la settimana successiva, quindi decisi di accontentare Jimin.
Misi la pistola nei pantaloni, mangiammo qualcosa al volo e andammo al mare.
Non era il mare di una volta, anche se non lo avevo mai visto prima della guerra (quando scoppiò avevo solo due anni) mia mamma mi raccontò com'era.
Ora non c'era la sabbia che mia madre diceva, c'erano solo massi, sporcizia e carcasse.
Ora non c'era l'acqua che mia madre diceva, c'era una distesa di liquido verdognolo.
Ora non c'era la tranquillità che mia madre diceva, c'era un via vai di soldati intenti a fare chissà cosa.
Jimin invece ricordava il mare. Mi ha detto di esserci stato una volta, non ricordava quando o con chi. Il che mi faceva piacere: ogni tanto ricordava qualcosina.
Andammo il più lontano possibile dalle guardie e ci nascondemmo dietro un masso enorme abbastanza vicino alla riva.
Gli occhi di Jimin brillavano dall'emozione nonostante non fosse quello lo spettacolo che si aspettava di osservare.
"Grazie Jungkook per avermi portato qui nonostante i rischi che corriamo"
"Hey non è niente. Dovremmo trovare in fondo anche in questo schifo di mondo un po' di felicità"
"Hai ragione"
Una folata di vento molto forte costrinse Jimin a nascondere il volto nell'incavo del mio collo e ad avvicinarsi di più a me. Lo faceva sempre, era diventata un'abitudine. Ma quella volta si avvicinò un po' di più, fissò i suoi bellissimi occhi nei miei e provò a baciarmi.
Inizialmente chiusi gli occhi, poi però allontanai il mio viso dal suo.
Mi guardò con un misto di dispiacere e delusione:" Scusami Kook, non so cosa mi sia preso, davvero"
Non feci in tempo a dirgli qualsiasi cosa che sentii uno sparo.
Ci avevano visto e mi avevano riconosciuto.
Presi in fretta la mano di Jimin, lui era sempre la prima cosa a cui pensavo, e poi iniziai a correre il più velocemente possibile.
Sparai qualche colpo dietro di me con la mano che avevo libera e continuai ad andare avanti nonostante non sapessi in che direzione proseguire. Potevo sentire distintamente i singhiozzi di Jimin che piangeva accanto a me nonostante il trambusto e le grida dei soldati.
Grazie a Dio nessun proiettile colpì Jimin o me e arrivammo al confine tra il deserto e la spoglia foresta con un solo uomo alle spalle.
È terribile da pensare, ma riuscii ad ucciderlo. Probabilmente se non fossi stato con Jimin, avrei solo continuato a correre, ma non potevo permettermi che la vita del mio amico fosse in pericoli per una mia debolezza. Ho ancora la morte di quell'uomo sulla coscienza.
Quando sparai Jimin gridò e poi continuammo a correre verso la grotta.
Rallentammo solo quando iniziammo a riconoscerne i contorni da lontano. Mi tranquillizzai e iniziai anche a pensare al perché avessi effettivamente rifiutato il bacio del biondo.
Ancora una volta non ebbi il tempo di pensare al mio orientamento sessuale, ai miei sentimenti, a me. Sempre impegnato a scappare, nascondermi, sopravvivere.
Quella però sarebbe stat l'ultima volta che rimandavo: avrei parlato con Jimin e avrei seriamente pensato a me per qualche istante.
Non erano solo semplici sentimenti da amico quelli che provavo per lui in fondo e vederlo in quello stato di tristezza e spavento mi uccideva il cuore.

•Future• ||JIKOOK||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora