PAST

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                                                         SEATTLE

Washington è la città più grigia che potessi mai visitare; partendo dalla gente e terminando con i frequenti avvenimenti senza una causa che la tormentavano.

Stavo spesso ad osservare ignara, leggere articoli sui giornali e ascoltare alla radio quello che capitava, rendendomi quasi fortunata perché ancora la sorte non aveva raggiunto me.

Quando mi si presentò davanti, vidi nero per giorni interi. Decisi in quel momento che era ora di tornare a vedere la luce.

Seattle sembra il luogo giusto. Il sole mi acceca non appena metto piede fuori dal mio nuovo appartamento. Sarà strano, ma dopo aver visto da ogni prospettiva quanto grigio e buio fosse tutto quanto, Seattle dava la sensazione di essere fuggita dai mostri che perseguitano ogni essere umano.

La cosa negativa, era essersi trasferita nel bel mezzo dell’autunno. Non una buona idea, ma la necessità di scappare era persino più importante del leggero sole in contrasto con il vento freddo.

In un giorno mi ero conquistata la simpatia della vicina di casa, una vecchietta sui sessant’anni che mi aveva già mandato tonnellate di biscotti della quale metà erano stati spolverati dal cane. Salutandola, mi infilai nella mia auto mettendola in moto.

Avevo provveduto a scegliere un college eccezionale, ma la scelta non era per niente vasta per cui la WSU me l’ero fatta piacere con la forza.

Sul cruscotto la foto che immortalava me e Beth qualche anno fa, brillava alla luce del sole. Sorrisi debolmente osservandola, poi rimisi gli occhi sulla strada.

Al contrario di Washington, a Seattle la gente camminava in gruppi innumerevoli per le strade. Dovetti aspettare cinque minuti buoni per superare un semaforo.

Riavviandomi i folti capelli scuri, sbuffai. Non potevo arrivare in ritardo il primo giorno alla WSU. Sarebbe stato imbarazzante entrare per ultima nell’aula già piena ed avere tutti quanti gli occhi addosso.

Premetti il piede sull’acceleratore e cercai di non tornare in un incrocio simile. Passaggio da una città fantasma ad una città caotica.

L’insegna della WSU regnava al centro del parcheggio. Alcuni studenti avevano già parcheggiato e si erano radunati con i propri compagni, per cui mi affrettai a cercare un posto.

Afferrai la mia borsa e dando un ultimo sguardo alla fotografia scesi decisa. Non ero codarda, era solo il panico che provava a farmelo essere.

Sobbalzai quando un biondino mi si piazzò davanti, con un sorriso da orecchio a orecchio, somigliante ad un qualche folletto delle pentole magiche. Stavo per dirgli quanto inquietante fosse il fatto di starsene lì impalato a sorridere quando finalmente aprì bocca.

“però, per arrivare da Washington non sei un fantasma!’’-trillò, poi cominciò a squadrarmi.

‘’scusa?’’

‘’no, scusami tu.’’-rise.-‘’mi chiamo Abe, e fremevo dalla voglia di conoscerti, uhm Pigeon?’’.

‘’no, Pidge. Pigeon è da vecchie.’’

Rise un’altra volta, facendo ridere anche me.

‘’okay Pidge, ho fatto il paragone del fantasma perché si dice che chi arrivi di lì abbia quelle sembianze. Tipo bianchi, magrissimi e quell’aria un po’ stordita.’’

‘’quindi, mi hai appena fatto capire che sanno del mio arrivo?’’

‘’scherzi?la WSU è un covo di pettegolezzi, tutti sanno tutto.’’

PASTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora