HARRY.
Non so perché non rimasi sorpreso quando tra le sue dita notai un banalissimo coltello da cucina. Forse perché ero consapevole del fatto che lei avesse paura nonostante si convincesse del contrario.
A farmi male però, era sapere che anch’io facevo parte delle sue paure.
Nonostante fossi esattamente chinato davanti a lei non osò distogliere lo sguardo dal pavimento, quasi fosse ipnotizzata. Con destrezza cercai di avvicinare in modo più delicato possibile la mano a quella ridicola arma, ma fu quando sfiorai le sue dita che scattò mettendosi seduta e puntandomelo contro.
Notai il suo labbro inferiore tremante mentre con un espressione vuota cercava di difendersi. Sapevo che fosse consapevole del fatto che seppur le avessi voluto fare del male, non sarebbe stato quello a fermarmi. Anzi.
“Pidge, mettilo giù.”-mormorai, alzandomi lentamente.
Strinze la mascella mentre l’affanno del respiro accelerato le gonfiava il petto continuamente.
Se fossi stato sicuro di poterlo fare, avrei pianto. Più la osservavo e più avrei voluto prendermi a calci. Prendere a calci tutti quanti.
Mi sedetti a debita distanza certo che non sarebbe scattata. E mi rilassai quando lentamente abbassò il coltello, poggiandolo sulle ginocchia.
“lo dai a me?”.
Le porsi la mano, ma tutto ciò che fece fu quello di rigirarselo tra le dita.
“non mi cacci via?”-chiesi, cercando di tirar fuori da quella bocca qualcosa. Persino un insulto sarebbe bastato.
“no.”
Sospirai sollevato.
“perché no?”
“perché non mi importa.”
“di cosa?”.
Inspirò profondamente, poi si portò le ginocchia al petto.
“vuoi uccidermi?”.
Il tono di voce risultò roco e debole. A sorprendermi –stavolta- fu il vero significato della domanda. Ucciderla significava porre fine ai suoi respiri. Porre fine ai sguardi e ai suoi sorrisi. Non avrei mai potuto continuare a “vivere”.
“non potrei mai farlo, Pidge.”
Attimi di silenzio susseguirono prima che si voltasse in mia direzione e rivolgermi finalmente uno sguardo. Anche se non era uno sguardo che io ricordavo. Questo era spento e sconfitto. Quello che le apparteneva era carico e combattivo.
“perché no?”.-sussurrò, con la stessa tonalità che avevo usato io.
Aprii bocca convinto del fatto che avrei avuto una risposta semplice ed efficace. Ma la richiusi senza aver detto nulla.
Sorrise amaramente, un sorriso beffardo e finto seguito da una smorfia di dolore che inizialmente non capii. Fu quando l’odore fresco e stimolante giunse ai miei sensi che sbarrai gli occhi.
Sollevò il dito inciso da un taglio e prima che potesse parlare, pianse.
“fallo.”
Scossi la testa agitato, alzandomi da quel fottuto divano. Era rosso acceso e l’odore era forte e pungente. Strinzi la mascella cercando di reprimere i canini che adesso spingevano verso il basso.
“cos’è che ti impedisce di farlo?”-urlò.-“mi avrai fuori dai piedi come hai sempre voluto e porresti fine a tutti i vostri problemi.”
“Pidge, piantala.”-ringhiai.-“toglilo via.”
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PAST
FanfictionPidge sceglie come sua prossima meta Seattle. La sceglie per ricominciare ciò che le sembrava fosse rubata per sempre: una vita. Cercando di reprimere il ricordo della sorella minore uccisa senza pietà da un assassino ancora sconosciuto, dopo due a...