Capitolo 8

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Avevo la testa pesante. La luce che entrava dalla finestra mi dava fastidio e lo stomaco continuava a brontolare.

«Secondo te è morta? Guarda non si muove!» sentii esclamare da una voce lontana.

Dovevo essere in dormiveglia. Mi sentivo come un macigno addosso.

«Reinnerva» sentii poi pronunciare. Era l'incantesimo utilizzato in Harry Potter per far rinsavire dopo uno svenimento.

Quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi, fu tutto chiaro.

«Si sta svegliando».

Due occhioni azzurri erano puntati nei miei. Geremia mi stava letteralmente sullo stomaco e la sua finta bacchetta magica era infilata in una delle mie due narici.

«Geremia scendi da lì!» lo rimproverò Jacopo varcando la soglia della mia stanza. «Andate a giocare di là, su» ordinò subito a lui e a Mattia dopo avermeli tolti di dosso.

«Dio mio ma quanto ho dormito?».

«Quanto non hai mai fatto in vita tua».

La sveglia segnava le undici. Sobbalzai.

«Fai piano. Non vorrai mica vomitare ancora?».

«Mi gira il mondo!» affermai portandomi le mani in testa. Mio fratello aveva ragione. Dovevo essere più aggraziata nei movimenti.

«Prendi questa» disse Jacopo porgendomi un'aspirina ed un bicchier d'acqua. «Dovrebbe alleviarti qualche fastidio».

Da brava bambina presi la mia medicina senza fare troppe storie. Dopotutto lui ne sapeva più di me di nottate brave e serate in discoteca.

«Appena riesci a metterti in piedi vai a mangiare qualcosa. Hai bisogno di riempire lo stomaco». Era la prima volta che mi assisteva con tutta quella gentilezza.

«È passata Edith prima, voleva sapere come stavi, ma quando ha saputo che dormivi non ha voluto disturbarti».

«Che dolce!».

«Era carica di sensi di colpa».

«Posso immaginare, devo avervi fatto prendere un colpo».

«Per così poco? È solo una sbronza e onestamente era ora iniziassi a goderti un po' la vita» confessò prima di alzarsi dal mio letto muovendosi in direzione della porta. «Soltanto, magari la prossima volta bevi di meno!».

Ecco perché non mi aveva rimproverata. Anche lui era conscio che in vita mia non avessi mai fatto nulla che andasse contro le rigide regole di mamma e papà. Ero giovane, avevo vent'anni e di tanto in tanto potevo concedermi anch'io qualche menata di testa.

«C'è per caso un buon croissant alla nutella per colazione?» gli urlai dietro.

«Certo, Edith non si è risparmiata neanche oggi» rispose dalla cucina.

«Devo chiederle se per caso esce con Enne!» affermai scherzosamente riferendomi all'ambulante sotto casa che vendeva ogni tipo di ben di dio.

«Esce con qualcuno?» venne a domandare, affacciandosi alla mia stanza.

«Di certo non con Enne e poi scusami, perché tutto questo allarmismo? Per caso ti piace la mia amica?» lo inquisii alzandomi lentamente dal letto.

«Chi Edith? Ma tu sei fuori!».

La sua finta indifferenza e l'innalzamento della pressione sanguigna mi diedero prova del fatto che stesse mentendo. Anche se in maniera impercettibile, il suo colorito si era accentuato sulle gote. Mio fratello non me la raccontava giusta.

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