Capitolo 23

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*Qui si prenotano biglietti aereiiiiiiiii

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*Qui si prenotano biglietti aereiiiiiiiii... Buona letturaaaaaaaaaaaaaa*

Quello che stavo vivendo fu il periodo più intenso della mia vita. A lavoro il via vai di turisti era incessante, Edith ed io eravamo diventate inseparabili. Papà veniva spesso a trovarmi al ristorante, Jacopo mi teneva aggiornata sui progressi calcistici ed Ethan era più presente dei macarons a Parigi. In sostanza non ero mai stata circondata da così tanto amore. In qualsiasi angolo di quell'esistenza ritrovavo persone che avrebbero fatto salti mortali pur di starmi accanto. Ognuno di loro era motivo valido di quel sorriso che avevo perennemente stampato sul volto. Ero sempre così allegra da coinvolgere chiunque avessi intorno. I clienti mi ammiravano, i miei fratelli mi prendevano in giro e Clarisse ed Edith sostenevano fossi perdutamente innamorata.

«Smettetela!» sbottavo ogni qualvolta lo ribadivano, ma all'ombra di sguardi indiscreti sorridevo. Non sapevo quali strambi poteri avesse l'amore, ero soltanto consapevole di aver messo le ali. Camminavo a metri da terra come se nulla potesse intaccare la mia felicità. Cantavo, ballavo ed ero spesso allegra e spensierata.

La sera Zeno si perdeva nei miei occhi. Nella quiete estiva leggeva il suo buon libro e mi osservava appagato, esattamente come fa un genitore quando è conscio della gioia di un figlio. Mio padre viaggiava con me sui binari di quella spettacolare storia d'amore. Naturalmente i dettagli restavano solo miei, ma alcune emozioni non necessitavano di essere raccontate, venivano trasmesse da un corpo all'altro esattamente come l'interconnessione che c'era tra me e Jacopo. Mio fratello poteva anche non rivolgermi parola, ma mi leggeva dentro meglio di chiunque altro. Il mio volto non nascondeva segreti per lui. Viveva dentro di me, nello stesso modo in cui io esistevo in lui. Nessuno credeva troppo in quel simbiotico legame tra gemelli, ma per noi era una realtà innegabile.

E poi c'era Ethan, la tempesta arrivata senza avvisare, il motivo di tutto quel benessere e trambusto sensoriale. Stavo scoprendo un sentimento e degli impulsi che credevo non sarebbero mai venuti fuori. Non riuscivo a capire come avesse fatto, ma da quella sera allo Stardust, qualcosa era cambiato dentro di me. Come fossi stata per anni una paziente in stato irreversibile, mi ero appena risvegliata dal coma.

Le migliori intuizioni nascevano dalle più grandi follie e noi forse dovevamo essere tutti un po' pazzi.

Finalmente nei miei occhi c'era più universo che nel mondo, le stelle mi risplendevano dentro. La triste ragazza con la valigia si era trasformata in una tipa estremamente propositiva. Bisognava soffermarsi sul sole per non vedere le nuvole e pensare che prima o poi la felicità avrebbe sfiorato anche noi.

Un mondo e sette miliardi di anime che si incrociavano per modificare destini e quella giusta sembrava proprio essere inciampata nella mia vita.

Quella mattina scesi le scale di tutta fretta e arrivata sul pianerottolo giusto, il mio dito sembrò non volersi più staccare dal campanello.

«Chi è?» sentii chiedere da una voce arrugginita dai segni del tempo.

«Sono io nonna, Emma!».

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