Capitolo 22 - Con le patate è la morte sua!

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La giornata lavorativa era finalmente giunta al termine. Sophie e Giorgia, dopo la loro breve pausa, non si erano più fermate, se non per rispondere al telefono, il quale squillò incessante per tutto il giorno. Alla mora mancavano le ultime buste paga di un colorificio, per poter considerare concluso definitivamente l'incarico odierno, mentre la collega si stava sistemando la giacca di pelle marrone, con alcune borchie dorate sul colletto, pronta per lasciare l'ufficio.

«Vuoi che ti aspetti?» domandò, sistemandosi le ciocche color paglierino rimaste schiacciate dall'indumento, mentre l'amica continuava a digitare numeri sulla tastiera.
«No tranquilla, in dieci minuti finisco. Ci vediamo domani!»
Alzò il viso per un istante e solo per sorriderle teneramente, per poi tornare alla sua operazione.

La bionda uscì, portando dietro di sé il ticchettio dei suoi tacchi, che terminò nell'istante in cui si chiuse la porta alle spalle, lasciando Sophie sola in quella stanza.
Gli occhi le bruciavano a causa delle troppe ore passate davanti a quello schermo, mentre operazioni e numeri riempivano di nero la pagina bianca sul monitor. Si massaggiò la fronte, appoggiandosi alla mano destra per un sostegno fisico, certa che se non si fosse sorretta avrebbe picchiato la testa contro la tastiera, svenuta.

Dopo un lungo sospiro e lo scrocchiarsi del collo, digitò l'ultimo importo netto, senza trattenute, di quel compenso, salvò il documento e chiuse il programma, stendendosi sullo schienale di quella comoda sedia girevole e guardando il soffitto per alcuni secondi.

Proprio in quel momento qualcuno suonò alla porta, incorrendo nelle maledizioni mentali della ragazza.
"Giuro che se non è il fattorino della pizza, venuto per dirmi che ho vinto una pizza senza glutine come ricompensa per il mio duro lavoro, lo lascio fuori e gli faccio pure un gestaccio!"

Quando posò lo sguardo sul seccatore, notò due occhi chiaroscuri che conosceva fin troppo bene e delle labbra rosee che si allargavano in un sorriso, solo per lei. Il suo cuore saltò un battito.
Istintivamente le venne da contraccambiare quel sorriso così dolce e amorevole, ma poi si ricordò che a casa, ad aspettarlo, c'era una donna bellissima e quella gioia le morì sulle labbra, senza riuscire a venire alla luce.

Sophie decise di ignorarlo, così spense il pc, diede le spalle al bruno per mettersi la sua giacchetta, strinse la borsa tra le mani, con una forza tale da farle diventare le nocche bianche e spense le luci, nascondendosi per un istante allo sguardo di quel predatore, il quale non aveva smesso di fissarla un secondo, ammirando ogni mossa della leonessa che in quegli ultimi anni era notevolmente cambiata.

In passato, in lei, vedeva solo dolcezza e innocenza, invidiandole il suo modo di percepire la vita come un dono magico e degno di essere vissuto con gioia, come se fosse una bambina il giorno di Natale e sotto l'albero ci fossero moltissimi pacchi solo per lei. In quel momento invece, notava una specie di muro issato per proteggersi, come se quella purezza non facesse più parte di lei, sostituita dalla consapevolezza che le persone avessero un lato malvagio che potevano riversarle contro, portandola a stare male; cosa che aveva fatto anche lui senza saperlo.

Quando sentì il suono metallico della porta, accompagnandone l'apertura, tirò un sospiro di sollievo, puntando nuovamente le sue iridi negli smeraldi di lei, guardandola con un'intensità tale che gli sembrò che tutti i pezzi della sua anima fossero finalmente tornati al loro posto.

Si sentiva completo solo vicino a lei.

«Buona sera, Khaleesi.»
Quella voce, portò una forte palpitazione in lei, come se il suo cuore stesse galoppando a un ritmo intenso e volesse vincere una gara, anche se non le era chiaro chi fosse lo sfidante.
«Sai che potrei denunciarti? Sembri uno stalker» rispose senza guardarlo, girandosi per chiudere a chiave l'ufficio.
Lui rise a quell'affermazione e quel suono le sembrò così melodioso, che neppure una sonata al pianoforte di Mozart avrebbe potuto avvicinarsi a quella perfezione e al calore che le aveva trasmesso.

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