La palude dei ricordi perduti

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Avanzò.
Il paesaggio era cambiato. La palude. Erano arrivati alla palude dei ricordi perduti. Un luogo lugubre infestato dal tempo passato e dall'acre odore del sangue secco, morto.
Thoms era troppo distante per evitare che il cavallo di Samantha finisse nell'acqua melmosa.
La giovane guardava il fango, incantata.
Nel fango un volto, una donna la chiamava a sé.
«Mamma!» gridò Samantha.
Parole e lacrime.
Lacrime e parole attiravano la ragazza verso l'acqua, verso la morte.
Sentiva la ninna nanna che le cantava sua mamma prima di dormire, quando era piccola. Ma le parole non erano rasserenanti come all'ora, erano parole aspre come il sapore della sua saliva.
«Mamma, perché il tuo canto è diverso?»
«Io sono un riflesso di quella voce, ragazza dalle chioma d'oro. E presto anche tu sarai come me» sussurrava la voce.
Samantha ascoltava, ma non capiva. Le orecchie erano tappate dall'illusione di un passato che tanto voleva ricostruire.
Era ormai immersa per metà nell'acqua lurida. Poi ancora per tre quarti. Si sentiva cullare da questi soffi vibranti e freddi.
Fu la mano di Thoms a salvarla. La tirò fuori dall'acqua destinando nell'oscurità solo il cavallo.
«Guardami, Sam, sono io, Thoms. Io sono reale, tua madre no. Non lo è. È un'immagine dei tuoi ricordi».
«Non è vero, l'ho vista, la sento cantare! È in acqua, mi aspetta...lasciami andare!!!».
Si dimenava la giovane e urlava lacrime e fango insieme.
Il principe la strinse a sé così forte da sentire il sangue caldo scorrere sotto la pelle.
La tenne ferma. Era bagnata e febbricitante. La baciò, un bacio salato.
Samantha svenne tra le sue braccia. Scottava. Dagli occhi le lacrime, toccando la pelle bollente, si asciugavano in fretta.
Cavalcava veloce il principe.
Uscì dal labirinto paludoso senza paura, ad occhi chiusi. Si fermò. Scese dal cavallo. Adagiò l'amata sull'erba fresca che le diede sollievo.
La febbre scendeva.
Samantha aprì gli occhi, rossi e stanchi.
«Grazie» disse «mi hai salvato. Mi dispiace così...»   il principe le sfiorò le labbra impedendole di terminare la frase.

«Riposati, è tutto tranquillo ora, non pensare a me».

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