Capitolo 38

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Il terreno, sotto i piedi di Midoriya, sembrò svanire.

Le gambe non ressero il peso del proprio corpo, crollando con le ginocchia sulla neve gelida.

"Izuku, tesoro, cosa vuoi mangiare oggi?" ricordò, Izuku, le bancarelle del mercato che percorreva assieme alla madre "ho guadagnato abbastanza monete per farti questo regalo" gli scompose i capelli, in un gesto amorevole e affettivo, la donna.

Midoriya, aveva il volto contorto in un'espressione di agonia, il labbro inferiore gli tremava, mentre gli occhi, liquidi di imminenti lacrime, osservavano colei che avrebbe dovuto proteggere, morire.

Il suo corpo steso a terra, a pancia in giù, su quel terreno freddo e bianco, che con il proprio sangue dipingeva.

E gridò, con le mani in una presa ferrea tra le ciocche dei capelli, simili ad Inko, quasi avrebbe desiderato strapparseli.

Un grido straziante, dove la propria gola ne risentiva.

Le lacrime sgorgarono come fossero un torrente sul procinto di oltrepassare i propri argini, pronto a devastare con le sue acque tortuose ogni singolo edificio.

Midoriya riconosceva che avrebbe dovuto reggersi in piedi, riconosceva che un Re non crollava di fronte ai propri sudditi, ai propri soldati, non avrebbe che dimostrato debolezza.

"Sire" provò a sfiorarlo, in un tentativo di consolo, Shouta.

Ma Izuku non sarebbe stato quello che era senza il dolore di qualche perdita, di qualche delusione.

Perché in ogni istante, il quale poteva sembrare un vicolo cieco, un'oppressione continua, lui era abbastanza forte da reggere quel peso, di affrontare e disintegrare quel muro.

Fosse stata la morte di un padre, di una madre, di un amore impossibile.

"avanziamo" disse, tra i denti stretti, ancora disorientato dall'accaduto.

Avrebbe portato via Shouto, avrebbe fatto in modo che alcuno avrebbe dato la vita per lui, che alcuno del suo regno morisse più per l'egoismo dei nobili.

Il battaglione del Sud, con gli scudi e le lance poste contro il nemico, crearono di loro una fortezza.

"arceri" gridò Aizawa "tendere" ordinò, osservando il nemico statico, quasi non temesse ciò che stava per accadere.

"andiamo Eijiro" e il drago, sotto il corpo di Katsuki, si fiondò alle prime file dell'esercito del Nord, in modo da portar al sicuro i due ostaggi, prima che tagliassero la gola ad anch'esse.

Momo era riuscita a slegarsi da tempo dalle corde, che con forza, le legavano i polsi dietro la schiena, ma non avrebbe concluso nulla, uscendo allo scoperto, prima che i propri alleati non fossero intervenuti.

Incolpandosi della morte della madre di Midoriya, fu capace di creare dalla propria pelle una lancia, alzandosi rapidamente trafiggendo il boia.

Afferrò il colletto delle vesti di Uraraka e con l'altra mano, quella di Bakugo, riuscendo a sfuggire dall'esecuzione dei Nord.

"vi portiamo al castello" fece Katsuki con lo sguardo dritto di fronte a se.

Mentre sotto di loro, si scatenò l'inferno.

"no" gridò Momo, per contrastare le urla di sottofondo "perderai troppo tempo e noi sappiamo come difenderci" slegò Ochaco, creando arco e frecce per entrambe.

"è una guerra" rispose con rabbia Katsuki "non è qualcosa che una donna può affrontare con tanta leggerezza" le informò, con la brezza gelida che gli sferzava il volto quasi potesse graffiarlo.

"tu non dirai a noi cosa può o non può affrontare una donna" fece, scoccando una freccia, Momo.

Midoriya a mani nude, con le venature brillanti del proprio dono, infrangeva in mille pezzi le armature dei nemici, tramortendoli al colpo.

Hitoshi al suo fianco brandiva la propria spada come un'estensione di se stesso, trafiggendo con ira i corpi dei rivali.

Le grida, la paura, l'assoluta consapevolezza che non vi era pietà, il potere di poter privare ad un soldato della propria vita, non erano che una realtà con cui Midoriya avrebbe dovuto convivere fino all'ultimo dei suoi giorni.

In lontananza, Izuku, nascoste tra le nuvole grigie di un'imminente tempesta, scorse sagome imponenti raggiungerli.

"devo trovarlo" gridò al proprio compagno di scudo.

"Sire" gridò, Hitoshi.

Izuku aveva commesso l'errore di trovarsi sotto l'attenzione di Stain, mentre con un balzo si librava in aria in cerca di Todoroki.

Una corda, oppure una frusta, Midoriya non era stato abbastanza veloce da poterla riconoscere o evitare, gli afferrò la caviglia, trascinandolo con forza in una caduta devastante.

Al contatto con il terreno, la propria schiena emise rumori che mai avrebbe potuto Midoriya immaginare, perse il fiato, per quei attimi che poterono sembrare infiniti, mentre la propria vista, sfocata dall'impatto, riconobbe la figura del comandante dell'esercito nemico.

"se non avessi il preciso ordine di portare la tua testa su una picca al mio Lord" sguainò la spada "ti avrei invitato a far parte del mio esercito" puntandogliela alla gola "perdonami per la morte di tua madre, io non massacro donne, ma come ti ho detto in precedenza, non è mia volontà tutto" ma non terminò.

Egli spuntò sangue, mentre abbassava lo sguardo sull'arma che lo aveva trapassato da parte a parte.

Una lancia di ghiaccio, pregna del proprio liquido scarlatto che sgocciolava da essa.

L'arma venne ritratta dal cavaliere che la sferrò.

Stain cadde in ginocchio.

"dove tu sei, li io sarò" e dalle labbra di Shouto Todoroki, Midoriya, riconobbe che non era più solo.


Chiedo venia, questo capitolo è stato un parto.
Non sono ancora convinta del risultato, perché essendo il mio primo tentativo di descrizione di una guerra, non saprei come giudicarlo.
Spero non vi faccia schifo :') ♡ al prossimo capitolo

Flightless Bird // TODODEKUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora