Looking For You

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Solitudine.
La solitudine è sempre stata una mia fedele compagna, ero abituata alla sensazione di vuoto che si prova quando il mondo attorno sembra non accorgersi della nostra esistenza.
Quella voragine accompagnata da un pugno chiuso in gola, che nei momenti peggiori si manifesta non permettendoci di respirare.
A volte cerhiamo di combatterla, ma alla fine vince sempre lei.

Ed in quel momento, stesa a pancia in su sul mio letto, la sua forza mi stava lentamente facendo cadere in pensieri che pensavo di aver superato, pensieri distruttivi che mi spaventavano.
Dan non era tornato, erano ormai le due di notte e io non riuscivo a dormire, svegliata da ogni piccolo rumore, speranzosa che fosse lui di ritorno.
I miei pensieri mi mangiavano viva, non sapevo cosa fosse successo e avevo paura.
Non potevo perdere qualcun'altro.
Non potevo perdere Dan.
Velocemente mi alzai dal letto, mi vestii con il primo paio di jeans che trovai e una maglietta nera, infilai il mio giaccetto tirando su il cappuccio, indossai le vans ed uscii dalla mia camera cercando di fare il meno rumore possibile.
Varcai il cancello di casa con il cuore in gola, la paura che mi attanagliava il petto.
Cominciai a camminare, orientandomi grazie alla voce di Dan che mi spiegava i suoi posti preferiti e seguendo un istinto non mio.
Un istinto che mi fece entrare dentro un pub.
Ed eccolo lì.
Seduto ad un tavolo con le mani infilate nella gonna di una ragazza seduta sopra di lui.
Non volevo parlargli, solo tenerlo d'occhio, eppure più andavo avanti a guardarlo e più sentivo un senso di nausea crescere dentro di me.
Mi girai, pronta per andarmene, finché non sentii una risata sguaiata, che sapevo appartenesse a Dan.
Così mi ritrovai seduta su un sudicio sgabello, di un sudicio pub, in una città sudicia con gente che rispecchiava benissimo l'aggettivo più volte usato.
Mi meritavo almeno una birra.
«una birra alla spina, grazie» dissi, facendo voltare il bar man nella mia direzione, che mi soppesò per un istante per poi lasciar scivolare la birra verso di me.
La afferrai e cominciai a bere, tenendo d'occhio il mio fratellastro davanti a me: la sua mano saliva e scendeva sulla coscia della ragazza, lei che sorrideva maliziosa e lui che sembrava guardarle attraverso, come se lei fosse solo frutto della mia immaginazione e lui non la vedesse neanche.
Scossi la testa. No, quella era la mia mente che si ostinava a vedere cose che non esistevano.
Mi alzai dallo sgabello e lasciai i soldi sul bancone, convinta ad uscire da quel pub e definitivamente dalla vita di Dan.
E poi un tonfo risuonò per il locale.
Mi girai di scatto, trovando Dan a pochi passi da me, seduto per terra, che rideva sguaiatamente.
«Sei venuta per me Cat? Mi ami anche tu? Mi vuoi sposare Cat? Avremo tanti bambini con i capelli rossi e gli occhi color... » un conato non gli permise di finire la frase, e pregai che non continuasse a parlare.
Lo alzai, sotto gli occhi dei clienti più vicini che non mossero neanche un dito per aiutarmi e gli misi un braccio attorno alla mia nuca, così da poter cercare di sorreggerlo.
«Ti amo, Cat» disse, la sua voce distorta dall'alcool ingerito, strinsi le labbra e guardai verso il cielo stellato, opponendomi alle lacrime che avrebbero voluto scorrere sul mio viso.
«Torniamo a casa, Dan» sussurrai, sicura non potesse sentirmi, mentre digitavo sul cellulare il numero di un taxi.
Una volta arrivata feci accucciare lui dentro e io mi rintanai in un angolo, la fronte attaccata al finestrino ed una singola lacrima che scendeva sulla mia guancia.

Eravamo Le Persone Giuste Al Momento Sbagliato.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora