Sister.

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Mi buttai a peso morto sul letto, la mia mente ripercorreva senza il mio consenso tutta la notte, tutto quel caos che si era andato a creare in quel breve lasso di tempo, mi sentii impotente, la mia corazza, quella ragazza forte senza sentimenti apparenti, lasciò il posto alla vera me, una persona piena di vuoti, senza sogni nel cassetto se non quello di poter riavere quel che la vita le aveva tolto.
E poi eccola, quella piccola parte della serata che mi era sfuggita, quel lasso di tempo in cui a guidarmi non erano stati i miei pensieri ma una forza superiore ad essi, a cui non avevo dato il peso giusto: io non conoscevo il pub in cui Dan si era recato, non erano state le mie gambe a condurmi lì ma una consapevolezza non mia.
Mi alzai, guardando uno scatolone non ancora aperto in un angolo della stanza.
Mi avvicinai piano, presi le chiavi posate sulle scrivania e con la mano tremante aprii quel quadrato marrone, tirandone fuori il contenuto.
Subito cominciai a sfogliare le foto contenute in esso, poi lessi lentamente ogni foglio, ogni dedica, ogni pensiero lasciato nel dimenticatoio.
Tirai fuori un piccolo porta gioie, lo aprii e sorrisi nel vedere tutte le collane che tante volte le avevo visto addosso, ricordando nostalgicamente le occasioni in cui le indossava.
Stavo per richiudere la scatola, quando qualcosa al suo fondo attirò la mia attenzione. Presi i due fogli e li guardai: il primo era un ritratto della persona che più mi mancava al mondo, l'altro era uno schizzo, il ritratto di un ragazzino con gli occhi vivaci.
Non mi accorsi delle lacrime che bagnavano le mie guancie finché un singhiozzo non mi fece ridestare dai miei pensieri. Mi girai e dietro di me trovai mia madre, la terza ed ultima vittima della tragedia che incombeva sulla nostra famiglia.
«Mamma...» cominciai, ma lei scosse la testa, mi venne vicino e mi asciugò le lacrime.
«Lei non vorrebbe vederci così, vorrebbe che fossimo felici e che vivessimo la nostra vita al meglio» mi alzai con fatica, guardandola senza vederla realmente.
«Vorrei fosse ancora qui» sussurrai, senza neanche cercare di celare la tristezza nella mia voce.
«Lei» si fermò un secondo, prendendo fiato «Lei vorrebbe che la dimenticassimo, forse dovremmo, facendo solo crescere di più la rabbia in me.
«Dimenticare? Mamma, lei era mia sorella! MIA SORELLA! Come dovrei dimenticare una parte di me stessa? E come puoi anche solo pensarlo tu? Come può sfiorarti la mente l'idea di lasciar andare il ricordo di tua figlia? Del sangue del tuo sangue?» urlai, le lacrime che non volevano decidersi di placarsi, la voce spezzata dal pianto.
«Non è quel che volevo dire, mi sono spiegata male, io... »
«Va via»
«Ma Cat... »
«HO DETTO VA VIA!» urlai, facendola sobbalzare, uscì dalla stanza senza guardarsi indietro e chiudendo la porta.
Caddi per terra con la testa tra le mani, il panico che si impossessava del mio petto e le lacrime che lottavano per uscire.
Questa volta, però, non avevo voglia di fermarle, mi abbandonai al pianto e mi addormentai così, per terra, tra le cose della mia unica metà.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 15, 2018 ⏰

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