Changes - Faul & Wad Ad
Ho passato una delle notti peggiori della mia vita. Non essendo decisamente abituata all'alcol, non appena poggiavo la testa sul cuscino, la mia stanza iniziava automaticamente a volteggiare e, alla fine, non ho dormito un granché. Un'ora forse, o poco più.
Sono già le dieci e venti e, per fortuna, sono già pronta. Infilo in bocca un biscotto al cioccolato preparato amorevolmente da Cindy, che pare si sia svegliata alle cinque solo per cucinare e, dopo aver preso la borsa ed il telefono, esco dal mio appartamento.
Scendo le scale lentamente, attenta a dove metto i piedi per non capitombolare come un'idiota. Potrà sembrare stupido, ma non mi sento ancora bene. L'effetto dell'alcol credo sia passato, ma ho mal di testa. Non ho trovato antidolorifici a casa, ma lo chiederò a Harry, una volta in ospedale. Lì ne hanno una vasta gamma e so che posso servirmene liberamente, quando e come voglio.
Quando apro il portone principale del palazzo, trovo la macchina di Harry parcheggiata, con il motore spento. Questo ragazzo ha bisogno di rivedere le sue priorità, se pensa che sia normale arrivare in anticipo per ogni cosa. Non che sia sbagliato non voler arrivare tardi in ospedale, ma lui esagera davvero.
Sbadiglio prima di entrare dentro l'auto e mi stropiccio gli occhi. Non appena mi siedo sul sedile, però, Harry sospira e mi volto verso di lui. A differenza mia, lui pare non stia risentendo della festa. Anche se, in effetti, non mi ricordo di averlo visto bere più di una flûte di champagne.
«Ciao», dico, cercando di sorridere.
Mi squadra dalla testa ai piedi ed evito di commentare. «Ciao, Charlotte» risponde. «Non sembri in forma.»
Fa partire l'auto e allaccio la cintura. «No, in effetti non sono in forma. Ho bisogno di un'aspirina, credo.»
«Bere non è una buona idea, se il giorno dopo si lavora.»
«Tecnicamente, ho scoperto che oggi non sarei stata libera solo dopo aver bevuto», gli ricordo.
La sua espressione si rilassa e sorride. «Vero anche questo», commenta.
Mi piace il fatto che mi stia dando più confidenza. Mi dà l'impressione di parlare con una persona normale, e non con uno che fino a ieri si ostinava nel volermi dare del "Lei". Questa nuova versione di Harry — nel senso lato della frase — mi piace decisamente di più.
«Hai mangiato?» chiede.
«Un biscotto.»
«Solo?»
«Sì, sono nauseata.»
«Hai freddo?»
«No.»
«Sicura?»
Mi volto di scatto a guardarlo e inarco un sopracciglio. Per quanto mi piaccia, non sopporto quando mi fa domande del genere. Mi ricorda mia madre, e questo è controproducente. A proposito di lei, dovrei anche telefonarle, dato che stamattina ho trovato diciotto messaggi e nove chiamate perse da parte sua.
«Che c'è?» domanda Harry, guardando prima me e poi la strada.
«Perché mi chiedi sempre se ho freddo?» chiedo di rimando.
Lui scrolla le spalle. «Non lo so, credo sia la mia vena medica a prevalere, alcune volte.»
Annuisco, dandogli silenziosamente ragione. In effetti, sarebbe un comportamento un po' anomalo da parte di una persona a caso, ma non se si tratta di un medico come lui. È giusto pensare che parli spontaneamente così a causa del suo lavoro.