I giorni passarono e l'idea di essere ormai rimasta da sola si insidiava sempre di più nella mia mente.
I miei genitori erano del tutto scomparsi, non avevo ricevuto neanche una telefonata per sbaglio, nessun messaggio o qualsiasi altra cosa potesse farmi pensare che fossero ancora in circolazione.
La consapevolezza che non mi importasse nulla di tutto ciò mi colpì allo stomaco in uno dei giorni più freddi dell'anno.
Arrivò forte e decisa, l'indifferenza che da tempo aspettavo e che tanto avevo bramato.
Dicevano che fosse colpa della dipendenza da morfina, che essa non solo si stava mangiando i miei organi pezzo per pezzo, ma anche i miei sentimenti.
Iniziavo ad accusare i primi segni di instabilità, l'apatia avanzava a piccoli passi e l'ansia cresceva sempre più fino a diventare quasi incontrollabile.
Mi ero documentata su tutto, avevo fatto le mie dovute ricerche ed ero arrivata alla conclusione che nel giro di pochi mesi io non sarei più esistita.
Le mie gambe forse avrebbero continuato a camminare, i miei polmoni a respirare e il mio cuore a battere, ma Jade non ci sarebbe stata più.
La morfina mi avrebbe divorata lentamente ed inesorabilmente, senza risparmiare niente della mia persona, nessun sentimento o stato d'animo mi sarebbe stato permesso.
All'inizio non credevo che sarebbe andata come tutti dicevano, credevo che io sarei stata diversa, un'eccezione.
Credevo che sarei stata in grado di affrontare la dipendenza in maniera differente, che non mi sarei fatta dominare e che avrei scelto io chi essere e cosa poter diventare.
Non fu così, ovviamente.
Niente era andato come io desideravo, la mia esistenza stava andando in pezzi e, ahimè, non avrei più avuto la possibilità di rimetterli insieme.
Quel giorno me ne stavo sdraiata sul divano di Jason in attesa che tornasse a casa con la nostra cena, quando alla tv, sintonizzata sul canale di un telegiornale locale, sentì una notizia che mi fece quasi cadere per terra.
Era stato ritrovato un corpo nei pressi di Bourbon Street.
Si parlava del cadavere di un uomo sulla trentina, morto di overdose da eroina.
L'idea che potesse essere qualcuno dei NA mi balenò subito in testa e, in preda all'ansia e al panico, alzai in fretta il volume per sentire meglio.
Inquadrarono il quartiere e tutti i suoi vicoli più bui, fecero parlare la mamma del ragazzo, il viso rigato dalle lacrime e il fiato corto.
"Ero ancora in tempo per salvarlo," diceva la donna "ero in tempo ma ha fatto prima lui ad ammazzarsi."
Subito dopo mostrarono la foto della vittima e in quel momento il mio cuore perse un battito.
Il viso del ragazzo in crisi d'astinenza che avevo visto al primo incontro mi si parò davanti e mi travolse come un uragano, le lacrime iniziarono a scendere copiose dai miei occhi senza che riuscissi a fermarle.
Il suo nome era Travis, diceva la giornalista, aveva 29 anni e lottava con la dipendenza da eroina da due.
La droga aveva vinto, aveva fatto un'altra vittima, aveva sradicato un'altra giovane vita, Travis non ce l'aveva fatta.
Una profonda paura mi assalì l'istante dopo la fine del servizio, il terrore che qualcuno, un giorno, potesse vedere la mia di foto in tv, con lo stesso sottotitolo che stavo vedendo in quel momento io.
Spensi la televisione e contemporaneamente la porta d'ingresso si aprì con uno scatto.
Jason entrò velocemente in casa chiudendo la porta con un calcio.
"Fuori si gela" disse mentre posava le pizze sul tavolo da me precedentemente apparecchiato.
Quando il mio migliore amico si girò verso di me cambiò subito espressione ed il suo sorriso morì velocemente.
"Perché piangi piccola?"
Si avvicinò lentamente al divano con piccoli passi per poi avvolgere le sue braccia intorno a me, aumentando l'andamento del mio pianto.
Non disse più nulla, sapeva che quando me la sarei sentita avrei parlato, così rimanemmo in quella posizione finché non finì tutte le mie lacrime.
"Ricordi il ragazzo di cui ti ho parlato qualche giorno fa?" chiesi piano e senza alzare la testa dal suo petto.
"Aiden?"
La voce di Jason riecheggiò nelle mie orecchie come una ninna nanna, sentivo le mie palpebre farsi sempre più pesanti e i miei pensieri più annebbiati.
"No, non lui, l'altro. Quello in astinenza."
"Ah sì,il ragazzo con la T" affermò.
Mi scappò un piccolo sorriso ed annui, pensando a quel giorno in cui non ricordavo se il ragazzo si chiamasse Tyler o Trenton.
"Esatto, si chiamava Travis."
"C'eri vicina dai" cercò di sdrammatizzare Jason e quasi ci riuscì perché una piccola risata sfuggì alle mie labbra.
Non sapevo come dargli la notizia, come non essere rude e schietta come mio solito.
Volevo addolcire per lui l'amara pillola che io avevo dovuto ingoiare.
Ero consapevole che Jason non l'avrebbe presa bene, e non solo perché un giovane ragazzo aveva perso la vita, ma perché lui automaticamente avrebbe ricollegato il tutto a me.
Avrebbe immaginato me al posto di Travis, si sarebbe costruito castelli in aria e avrebbe iniziato a riempirmi la testa di prediche, di suppliche e di parolacce.
"È morto di overdose questa notte, l'hanno appena detto al tg" dissi tutto d'un fiato.
L'espressione del ragazzo di fronte a me era impossibile da decifrare, un misto tra tristezza, shock e paura.
Potevo quasi vederli i mille pensieri che correvano all'impazzata nella sua mente, le domande e le paranoie.
Mi accorsi che prendeva fiato per parlare e subito gli mandai un'occhiata ammonitrice per fargli capire che non avrei ascoltato una sua predica, non in quel momento.
Lui capì e, suo malgrado, abbassò le spalle in segno di resa.
"Mi dispiace tanto" disse solo e si alzò di scatto dal divano.
Conoscevo il mio amico e sapevo cosa balenava nella sua testa, sapevo ogni cosa ma quello non era il momento adatto per buttare fuori ciò che teneva dentro.
Non ero pronta né fisicamente né mentalmente ad un qualsiasi tipo di discorso potesse farmi.
Ci sedemmo a mangiare la nostra pizza avvolti nel più profondo e rigoroso silenzio, con il solo rumore delle posate a farci compagnia.
STAI LEGGENDO
Redenzione
RomanceA Jade Vause manca la sua dose, ma la vita di più. Vuole riaverla, riassaporarla, farla di nuovo sua. Vuole vedere la luce del sole, sentire la sabbia tra le dita e il vento che le scompiglia i capelli. Vuole sorridere e abbracciare, stringere le ma...