New Orleans d'inverno assumeva un fascino incomparabile, un'eterna bellezza di cui nessuno avrebbe mai potuto privarla.
Mi piaceva osservarla in ogni sua sfaccettatura, dalle strade più trafficate ai vicoli più nascosti che nascondevano segreti inconfessabili, dalle piccole botteghe artigianali fino ai grandi store di fama internazionale.
La mia città mi passava sotto gli occhi mentre Aiden guidava, e non potevo fare a meno di pensare che era stata proprio quella a plasmarmi.
Erano state le sue strade, i suoi quartieri, la sua gente e i suoi edifici.
Era stato il freddo che perforava le mie ossa, la solitudine delle sue vie secondarie e la superficialità dei passanti.
New Orleans mi osservava ed io guardavo lei, e la sua visione mi portava a pensare che anche se un giorno avessi deciso di abbandonarla, anche se fossi riuscita a spiccare il volo e a lasciarmi tutta la merda alle spalle, lei sarebbe sempre stata dentro di me, nel sangue che mi scorreva nelle vene.
L'avevo radicata dentro, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, con i dolori inflitti e le gioie condivise.
"A che pensi?"
La voce di Aiden arrivò bassa alle mie orecchie, come attutita dal cotone.
Mi girai verso di lui staccando gli occhi dalla strada,
"Hai conosciuto il tuo sponsor?"
Sapevo quando gli desse fastidio il mio rispondere alle sue domande con altre domande, ma sapevo che in quel momento avrebbe capito che mai gli avrei esposto i miei pensieri, che mai gli avrei permesso di entrare nella mia testa e di decifrarne il contenuto.
"Sì" disse semplicemente.
"Chi è?"
Gli occhi di Aiden si fissarono nella mia direzione e un piccolo sorriso prese possesso del suo viso.
"Che t'importa?"
"Assolutamente niente."
"Allora perché l'hai chiesto?"
Sbuffai esasperata e ciò fece allargare ancor di più il suo sorriso.
"Era tanto per fare conversazione dato che tu hai le capacità discorsive di un animale."
La sua risata arrivò forte e chiara alle mie orecchie, sembrava spensierato, il che risultava davvero assurdo, considerate le nostre condizioni.
"Credo si chiami Isabelle" disse.
Lo guardai con occhi confusi e lui precisò.
"La mia sponsor."
Mi limitai ad annuire con un cenno e tornai a guardare fuori dal finestrino.
Iniziai ad avvertire un leggero tremore alle mani e pregai che arrivassimo al palazzo entro dieci minuti, o quello che sarebbe successo non sarebbe stato piacevole per nessuno dei due.
"Tu sei stata affidata ad Aaron" disse all'improvviso il ragazzo che guidava di fianco a me.
"Sì."
"Non era una domanda la mia."
Il tono scontroso con cui aveva pronunciato le ultime parole mi fece per un attimo distrarre dalla mia situazione.
Capì subito che c'era qualcosa sotto quella frase, che non aveva detto tutto, che forse non poteva dirmi tutto.
"Lo conosci?"
"Sì" rispose schietto.
"Siete amici?"
Aiden rise, una risata amara e quasi cattiva che mi causò un piccolo brivido alla schiena.
"Siamo ciò che di più lontano c'è dall'amicizia, piccola."
"Da quanto vi conoscete?"
Il mio livello di curiosità era ormai schizzato alle stelle, volevo saperne di più, volevo sapere tutto.
"Eravamo compagni al liceo."
"Non siete mai stati amici?"
Il ragazzo si prese il suo tempo, non rispose subito alla mia domanda, continuò a guidare senza degnarmi di uno sguardo.
Non mi preoccupai di aver fatto la domanda sbagliata, non mi importava quello che avevo potuto scaturire nella sua testa incasinata, volevo solo delle risposte.
Delle risposte che mi aiutassero a capire chi avevo davanti, con chi avrei avuto a che fare a partire da quel giorno e per i mesi a venire.
Il suo silenzio mi fece innervosire e ciò fece aumentare i miei tremori, che pian piano diventavano sempre più evidenti.
Grazie al cielo stavamo per arrivare.
Non vedendo nessuna reazione da parte sua mi voltai nuovamente verso la parte opposta, alla ricerca di qualcosa che riuscisse a distrarmi e mi tenesse la mente impegnata.
"Lo siamo stati, in passato."
La voce tagliente e piena di rancore di Aiden mi fece nuovamente girare.
"Cos'è successo dopo?"
"Perché ti interessa così tanto?"
"Voglio capire che persona è, se posso fidarmi o meno di lui."
La macchina si fermò improvvisamente e la visione del parcheggio condominiale mi fece capire che eravamo arrivati.
Aiden spense l'auto ma nessuno dei due mosse un muscolo, restammo fermi sui nostri sedili, gli occhi di lui dentro ai miei.
"Il rapporto con lo sponsor è basato sulla fiducia."
"Non lo conosco" affermai convinta.
Per com'ero fatta io, per il mio carattere, non era minimamente concepibile il fidarsi di qualcuno senza averlo prima vissuto, non capivo come inserirmi in quel nuovo contesto, come comportarmi, come uscirne.
Gli occhi scuri di Aiden si puntarono su un punto indefinito alle mie spalle.
Capì immediatamente che era alla ricerca disperata di una distrazione, il tremore della sua gamba tradiva la faccia seria.
Eravamo a secco, sull'orlo del baratro.
"Sta a te giudicare, con il tempo capirai da sola se fidarti o meno."
E così dicendo scese dalla macchina, lasciandomi da sola con i miei pensieri.
Restai lì per altri cinque minuti, avevo osservato la figura di Aiden farsi sempre più lontana per poi scomparire all'interno dell'edificio e dopo non avevo più trovato la forza di alzarmi.
Mi sentivo completamente senza forze, sfinita, volevo solo farmi e poi cadere in un sonno profondo.
Trovai la forza di uscire dall'auto solo quando mi resi conto di non avere la morfina nella borsa.
Scesi dalla macchina e correndo raggiunsi l'ingresso del palazzo, salì in fretta le scale e mi precipitai dentro l'appartamento di Jason.
Lo trovai lì, sdraiato sul divano con una birra in mano e il cartone della pizza sulle gambe.
"Com'è andato l'incontro?" Mi chiese.
Non risposi e mi precipitai in quella che era diventata la mia stanza, recuperai lo zaino dall'armadio e tirai fuori tutto ciò che mi serviva.
Cercando di limitare i tremori preparai la siringa e mi sfilai la cintura per legarla intorno al mio braccio destro.
Bucarmi con la mano sinistra mi creava una grande difficoltà, ma le vene del braccio sinistro non funzionavano più, erano morte ormai e quindi mi toccava improvvisarmi mancina.
A breve anche le vene del braccio destro mi avrebbero abbandonato e sarei dovuta passare alle gambe, ma in cuor mio speravo di non arrivarci, che sarebbe finita prima, non mi importava come.
Nel momento in cui l'ago trapassò la mia pelle venni investita da un senso di piacere assoluto, la tranquillità prese possesso del mio corpo.
Non esistevano più i problemi, non c'erano più i miei genitori, gli incontri e i sensi di colpa.
Non c'era più la tossicodipendenza, la solitudine, il disadattamento, il dolore.
Non c'erano più Aiden, Aaron o Jason.
Non c'era più Jade, le siringhe o la morfina.
C'era solo la mia vita che, consapevolmente, correva verso la fine che tanto avevo desiderato, che avevo cercato e sognato, una fine che poi, infondo, mi ero creata da sola.
E caddì in un sonno profondo in cui sognai occhi scuri e un sorriso bastardo.
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Redenzione
RomanceA Jade Vause manca la sua dose, ma la vita di più. Vuole riaverla, riassaporarla, farla di nuovo sua. Vuole vedere la luce del sole, sentire la sabbia tra le dita e il vento che le scompiglia i capelli. Vuole sorridere e abbracciare, stringere le ma...