Capitolo 8

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Eveline si riscosse dal momento di panico che l'aveva attraversata.

"Senti, ho un'idea... ma è un po', come dire, azzardata" sussurrò.

Aulo si avvicinò e si sedette per terra in fianco a lei. "Dubito che senza azzardare ce la caveremo..."

"Ecco, penso che se tu riuscissi a capire se la fiamma mi sta bruciando o no, riusciresti a dirigerla meglio, non pensi?"

"Indubbiamente, ma..."

"Ecco, io ho un talento, riesco a comunicare col pensiero. Spesso sono sensazioni o immagini, non parole; a volte nei casi più fortunati riesco proprio a parlare attraverso la mente. Se tu lasci che io mi metta in comunicazione con te, poi io potrei aprire le mie sensazioni a te e con un po' di fortuna sarà come se tu sentissi il caldo della fiamma. E' che è una cosa un po', come dire... intima..." disse Eveline tutto d'un fiato.

Aulo rifletté qualche secondo "Va bene, proviamoci! – disse con un sorriso tirato – ti chiedo solo di non essere troppo indiscreta..."

Eveline sorrise di rimando "Al massimo ti rubo un po' di talento per la matematica..."

La ragazza si concentrò, poi evocò la magia.

Aulo ebbe l'impressione che un tentacolo delicato gli sfiorasse le tempie, quasi bussando. Istintivamente visualizzò una porta e la aprì. Il tentacolo scivolò dentro con circospezione, quasi con timore e rispetto.

Fu come se un fiume in piena si riversasse fuori dal suo alveo. Le emozioni più recondite del mago, le sue debolezze, i suoi sogni scorrevano nella sua mente come se qualcuno li interpretasse su un palcoscenico.

Eveline sgranò gli occhi e si ritrasse, in modo quasi pudico, come se stesse distogliendo gli occhi da un corpo nudo. Chiuse gli occhi della mente, ma restò lì, aspettando che lui si riprendesse

Aulo si spaventò e lottò come una furia per richiudere le sue emozioni all'interno del suo cervello. Non era pronto per affrontare tutto, non era pronto a condividerlo, non sapeva nemmeno se sarebbe stato pronto un giorno. E non sapeva neanche cosa avrebbe detto di lui la ragazza. Non voleva che vedesse tutto quanto e che si allontanasse schifata, aveva paura che si allontanasse... Anche quell'embrione di sentimento, al quale nemmeno lui sapeva dare un nome, che la mezz'elfa gli suscitava, passò davanti ai suoi occhi atterriti. "Non deve sapere!" urlò quasi nella mente e richiamò tutti i suoi pensieri.

Dopo quest'ultima visione la tempesta passò e gli sembrò di visualizzare la presenza della ragazza, due mani di fumo violetto chiuse l'una sull'altra, come in preghiera o in attesa. Si focalizzò su quell'immagine e pensò di allungare anche lui una mano verso Eveline

"Eccoti!" udì nella sua testa "Come stai? La prima volta è sempre la più difficile. Ti assicuro che ho distolto lo sguardo, ti avevo detto che è piuttosto intimo"

"Sei tu? La tua voce è... diversa!" rispose col pensiero

Eveline rise, un trillo d'usignoli nella mente di Aulo "Lo so! Credo che sia la nostra vera voce, senza i filtri delle orecchie! Bene, adesso che abbiamo stabilito un contatto puoi entrare anche tu a casa mia, per così dire! Inutile dire che ti chiedo un po' di delicatezza!"

L'immagine delle mani mutò, una di loro si protese in avanti, aspettando che il mago la seguisse. Aulo immaginò di prendere la mano tesa e un fumo blu scuro si avviluppò intorno a quello viola.

D'un tratto l'ambiente cambiò. Le sensazioni erano diverse, estranee. Aulo capì di essere entrato in comunicazione con la mente della ragazza. Una serie di cancelli sprangati apparvero all'improvviso. Il mago intuì che era dietro a quei cancelli che Eveline proteggeva le sue emozioni; poi uno di essi si aprì di fronte a lui e fu come se fosse anche lui in ginocchio intrappolato nella bava, con le membra anchilosate e doloranti.

"Ora hai accesso ai miei sensi – disse di nuovo la voce – lascerò aperto questo canale anche quando tornerai alla realtà, così potrai sentire come se fossi me..."

Di colpo Aulo tornò alla caverna. La luce magica si era spenta, sicuramente perché l'esperienza gli aveva fatto perdere la concentrazione. La riaccese e si preparò a liberare Eveline. Un'idea si fece strada nella sua testa. Avrebbe usato il pugnale come supporto per le fiamme e avrebbe tagliato la bava con la lama ricoperta di fuoco. Sarebbe stato più facile concentrarsi su una dimensione fissa della fiamma. Trasse un grande respiro, estrasse il pugnale e si preparò ad evocare le fiamme. In quel momento un'ondata di fiducia lo riempì: Eveline gli stava comunicando che si fidava di lui, una fiducia cieca; era come se gli stesse affidando la sua vita. Mezzo galvanizzato e mezzo terrorizzato dalla cosa evocò le fiamme.

⫻⫻⫻

Massimo finì di recitare le preghiere che l'amico gli aveva imposto e, per l'umore e i propositi che la penitenza gli aveva ispirato, avrebbe potuto confessarsi un'altra volta. Raggiunse gli altri vicino al fuoco e si sedette su un tronco. La conversazione non era molto accesa, si sentiva che l'atmosfera era tesa e che a nessuno faceva piacere la presenza di due stranieri all'accampamento. Massimo cercò con gli occhi il mago, evidente capo della spedizione e propose di andare a cercare legna per il fuoco. Il mago non poté far a meno di accettare, sarebbe stato estremamente sospetto rifiutare l'aiuto di un ospite, così Massimo si avventurò un po' nel folto degli alberi per raccogliere qualche ciocco per alimentare il falò. La manovra aveva due scopi principali: innanzitutto capire come fossero disposte le difese dei cacciatori e in secondo luogo cercare un certo lichene che il ragazzo conosceva. Nascosto tra i tronchi avrebbe prodotto, una volta bruciato, un fumo che diventava violaceo man mano che saliva e si raffreddava, estremamente visibile da lontano. Se Aulo fosse tornato alla casetta della ragazza, come avevano previsto, forse si sarebbe accorto del fumo e avrebbe capito.

"Sei sempre stato sveglio, amico mio – pensò il guerriero – non deludermi proprio stavolta!"

Un passo dopo l'altro Massimo cercava anche di allontanarsi dall'accampamento per capire dove si trovava rispetto alla strada. Era perfettamente cosciente del nano che lo seguiva, lo aveva sentito un paio di volte far frusciare i cespugli e voleva vedere fino a che punto lo avrebbero lasciato fare. Si mise tranquillamente a far legna fischiettando. Presto si rese conto che stava canticchiando una canzone alquanto licenziosa e imprecò ad alta voce "Altri due peccati da confessare domani!" deplorò alzando gli occhi al cielo.

Fu allora che vide nella penombra del crepuscolo delle strane formazioni regolari attaccate agli alberi, come se qualcuno avesse appeso delle casse o delle gabbie. Cercò di non farvi indugiare troppo gli occhi, sapendo di essere osservato...

Si sgranchì un po' il collo e ricominciò a raccogliere legna. Sentì il fruscio del suo "angelo custode" avvicinarsi

"Ehi ragazzo, così è sufficiente – gli disse – non dobbiamo mica arrostire un orso intero!"

Massimo gli sorrise e lo seguì all'accampamento.

Eveline e il mostro in cantinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora