Capitolo 14

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Massimo cominciò a far scendere le casse che erano state appese agli alberi. Dal loro interno si sentivano provenire movimenti e rumori simili a squittii. Qualunque cosa ci fosse lì dentro, era vivo, vegeto e sembrava spaventato.

"Come te la cavi a calmare gli animali?" chiese Aulo a Paolo

"Non sono mica un curato di campagna! – fece l'altro, schizzinoso- Male, me la cavo! Più ci sto lontano e meglio sto! Dov'è l'Elfa campagnola, quando serve? Ah già, si è offesa, poverina!"

Paolo era famoso per avere il tatto di un pachiderma, ma in quell'occasione si stava veramente superando...

"Quando non sono richieste sono in mezzo ai piedi, ma quando servono non ci sono mai, tipico delle donne! E' un sollievo che non ne abbiamo in mezzo ai piedi troppo spesso. Cosa pensi di fare, Aulo, vai a cercarla o lasciamo qui queste cose e torniamo domattina coi rinforzi?"

Il mago lo guardò senza rispondere. Nessuna delle due opzioni gli sembrava allettante, una sarebbe stata un bel colpo per il suo orgoglio, l'altra sarebbe stata completamente illogica, con un numero imprecisato di bracconieri ancora a piede libero... Si preparò ad ingoiare il rospo e sperò che l'incantesimo con cui la ragazza gli era entrata nella mente poche ore prima fosse attivabile anche a distanza e lo aiutasse a capire dove si era cacciata.

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Il buio era ormai totale e nemmeno i suoi sensi sviluppati le consentivano di orientarsi correttamente. Non conosceva quella parte della foresta, fatta di tronchi antichi e nodosi, e questo la preoccupava. Se veramente si trovava in un punto sconosciuto, voleva dire che non era diretta a casa. Aveva esplorato tutta la parte di bosco intorno a casa sua mentre cercava le erbe per le sue pozioni ed era quasi certa di non essere mai stata lì. Un lieve senso di panico iniziò a serpeggiarle sottopelle. Camminava su un sentiero appena tracciato e circondato da tronchi spessi, probabilmente ricoperti di muschio. Dalle ombre presenti alla base dei tronchi si indovinava la presenza di un folto sottobosco. Eveline sapeva benissimo che il buon senso le avrebbe imposto di fermarsi e tornare indietro a cercare gli altri, ma non ce la faceva. Mai e poi mai avrebbe accettato di tornare con la coda fra le gambe da chi l'aveva trattata da schifo. E se non posso tornare indietro, allora andrò avanti! concluse testardamente. Le lacrime avevano smesso di scorrere, ma qualche singhiozzo la scuoteva ancora dal profondo, spezzandole il respiro. Eveline decise di concentrarsi solo a mettere un passo dopo l'altro, nonostante sapesse di aver preso la direzione sbagliata ed ignorando i goffi tentativi di raggiungere la sua mente con la magia. Li spinse via come avrebbe dissolto un filo di fumo con un colpo della mano. Non era ancora pronta per una discussione o altro, non sapeva se lo sarebbe mai stata...

D'un tratto le ombre opprimenti degli alberi si fecero più lontane e la ragazza intuì di trovarsi in una radura. Si fermò un attimo per cercare di capire da che parte proseguire. Aguzzando gli occhi si accorse che c'erano delle piccole luci a punteggiare lo spazio intorno a lei e un sorriso affiorò sulle labbra. Lucciole. Animali che poteva convincere ad aiutarla. Quasi senza accorgersene iniziò a cantare e un nugolo di insetti si alzò dai cespugli, formando un cordone luminoso e pulsante. Eveline scoprì un piccolo paradiso: due piccole polle di acqua termale erano racchiuse in una sorta di scrigno di rocce in mezzo alla radura. Pigre bolle salivano dal fondo delle piscine e scoppiavano in superficie. Si avvicinò ed immerse una mano, per scoprire un tepore talmente gradevole che si sarebbe immersa immediatamente. Ad intervalli regolari le bolle d'aria aumentavano di quantità e velocità, mosse da un piccolo geyser sommerso e davano l'impressione che la polla ribollisse come un calderone. Prima di liberare le lucciole, però, Eveline notò che la piccola radura era completamente circondata da alberi strettamente intrecciati fra loro: l'unico passaggio praticabile era il sentiero da cui era arrivata. Viaggio finito, si disse, doveva veramente tornare dagli altri. Le ripugnava ammettere di essersi persa, ma non poteva certo restare lì indefinitamente. No, ma potresti restare fino a domattina- le suggerì una vocina interiore- chi ti dice che ritroverai la strada con questo buio? Sta' qui e con la luce sarà tutto più chiaro. Hai il diritto di essere stanca, riposati... Quasi lottando contro se stessa la ragazza si sedette con la schiena contro un albero, non era sicura di star facendo la cosa giusta, ma qualcosa la spingeva a farla. D'un tratto la stanchezza di quella giornata, tanto quella fisica quanto quella emotiva le crollarono addosso come un macigno e si addormentò profondamente.

Un globo di luce magica si accese dietro agli alberi. Il corpo addormentato di Eveline iniziò a levitare dirigendosi verso il sentiero, seguito dal mago con la barbetta a punta e una luce malvagia negli occhi.

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Aulo si sforzò ancora una volta di contattare Eveline attraverso quella sorta di telepatia che la ragazza gli aveva insegnato e ancora una volta fallì. Non capiva bene se era lui che sbagliava qualcosa o se la mezz'elfa riusciva in qualche modo ad eludere i suoi tentativi di contatto mentale. Una o due volte aveva avuto la sensazione di essere respinto, ma non conosceva sufficientemente quel tipo di magia per capire. E intanto si ritrovavano lì, tre uomini e tre casse a non sapere nemmeno cosa fare: spostarle era rischioso, lasciarle lì, anche... si preannunciava una notte di veglia e un mattino di ricerche di aiuto. Se davvero c'erano i cuccioli di Anomalo lì dentro, avrebbero avuto bisogno della ragazza per gestire la mamma mostro... Stava per lanciarsi di nuovo in una fase deprimente di auto flagellazione morale per la sua mancanza di tatto quando un bagliore fioco iniziò a farsi avanti dalle profondità del bosco. Con un po' di fortuna era Eveline che tornava indietro – anche perché aveva preso la direzione opposta a quella di casa sua...

La luce tracciava i contorni di due figure, una decisamente troppo alta e massiccia per essere la ragazza, e l'altra... l'altra era informe e sembrava più che altro un grosso animale che camminava trascinando le quattro zampe. Fu proprio quest'ultima ombra a varcare per prima il perimetro della radura e a venire sotto la luce che Aulo teneva viva. La massa, capirono, era un corpo che levitava a quasi un metro dal suolo, prono, le braccia e  le gambe penzoloni e i lunghi capelli a nascondere il viso.

"Come potete vedere la vostra amica non sta troppo bene – disse una voce maschile, che Aulo riconobbe all'istante – Se ci tenete a riaverla intera, datemi i miei uomini e le casse, così nessuno si farà del male" concluse il mago, avanzando anche lui sotto la luce.

Eveline e il mostro in cantinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora