II ~ Non nevica

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La solitudine era diventata una presenza costante nella vita di Jiyong. Essa era viva, si poteva toccare con le mani ed era diventata l'unica certezza alla quale il bambino potesse aggrapparsi.

Alla fine si finisce sempre per legarsi alle proprie certezze, per quanto terribili esse siano.

Tuttavia, il destino decise di avere nuovamente una svolta per Jiyong. Proprio quando il bambino aveva cominciato a convivere con la propria solitudine, proprio quando aveva cominciato ad accettare il fatto di poter soltanto guardare da lontano la bella famiglia di cui lui non faceva parte, egli si accorse che in realtà era legato a loro più di quanto pensasse.
Aveva rigettato suo padre, rifiutato suo fratello e incolpato la propria matrigna di molte cose. Eppure essi erano l'unico focolare che conosceva e in cui poteva rifugiarsi.
Finché anche l'ultima luce che gli era rimasta si spense, come la madre biologica che l'aveva abbandonato tra i fiocchi di neve bianchi e tristi, la sua nuova famiglia si distrusse nuovamente, come polvere.

-Jiyong, i tuoi genitori sono purtroppo venuti a mancare.-

Il ragazzino sollevò le proprie palpebre, quelle parole per lui non aveva il benché minimo senso, poteva sentirle e chiaramente poteva decifrarne il significato, solo che per lui era impossibile, doveva smentirlo.

-Non dovete dirlo a Hyungjae.- disse con una freddezza inadeguata per un ragazzino di dodici anni.
-Perché no?- chiese lo zio, scioccato da quelle parole. Il fratello gli aveva comunicato di quanto suo figlio era diventato freddo e ribelle, ma non avrebbe mai creduto fino a quel punto.

-Perchè lui è un piagnone, e sicuramente piangerebbe.-

Lo zio guardò il nipote con la bocca semiaperta. In qualche modo Jiyong stava proteggendo suo fratello.
Gli posò una mano sulla spalla, ma non per conforto, ma per fargli sentire che aveva compreso i suoi sentimenti, si erano tutti sempre sbagliati su Jiyong.

-Non preoccuparti. Ci prenderemo noi cura di tutto.- lo rassicurò come se stesse parlando ad un uomo anziché con un bambino.

Jiyong raggiunse tremando le sponde fredde del fiume Han. La ghiaia grigia e polverosa lungo la riva, scricchiolava sotto le sue scarpe. In un punto lontano dell'acqua immaginò l'auto dei genitori sprofondare sempre più giù come inghiottita dal buio.
Era scappato di casa unicamente per vedere quel posto, ma non pensava che Hyungjae l'avesse seguito.
Tremando si avvicinò al fratello maggiore.

-Jiyong-ah, sono qui mamma e papà?-
-Perché mi hai seguito? Sei idiota?-
Hyungjae si strinse le mani intorno alle braccia battendo i denti.
-Lo sai che è inverno, perché non ti sei messo il cappotto?-
-Voglio che torniamo a casa non mi piace stare qui.-
Jiyong sospirò.
-Sì andiamo, tanto ormai non torneranno a galla solo perché stiamo qui ad aspettare.-
Vide il bambino cominciare a piangere. Dovette afferrarlo per la mano per trascinarlo a casa. Nei giorni successici Jae ebbe la febbre.

-Siamo rimasti solo io e te alla fine, eh Jae? Te l'avevo detto che avrebbero abbandonato anche te.-
Il fratello minore, addormentato sotto le coperte, non poteva sentirlo. Sebbene Jiyong l'avesse detto più a se stesso che al bambino, forse per convincerci che fosse davvero così.
Ma l'unico abbandonato era lui per l'ennesima volta.

Quella fu l'unica volta in cui Jiyong si prese cura del fratellastro. Da quel momento in poi non si occupò più di lui se prendeva l'influenza o si rompeva un dito cadendo dalla bici, lasciava ci pensasse lo zio. Quella fu l'unica volta in cui Jiyong si comportò da fratello. Per alleviare il dolore di essere rimasti entrambi soli, perché entrambi condividevano la stessa mancanza.

Jiyong al liceo era conosciuto come il tizio scapestrato da evitare. Per non farsi avvicinare dai suoi coetanei per bene si vestiva in modo eccentrico, e notò che provava un certo piacere nel ricevere occhiate contrariate quando passava per i corridoi indossando qualcosa di particolare.
Prese l'abitudine di tingersi i capelli di qualsiasi colore.
Lo zio, ora tutore dei due fratelli, lo lasciava semplicemente vivere in quel modo dissoluto così come preferiva, dedicando le sue speranze su Hyungjae. Sembrava ignorasse completamente il più grande, ma in realtà rispettava le sue scelte. Lo zio gli insegnò a sapersi guadagnare le cose con le proprie forze, a non aspettarsi niente da nessuno e a sapersela cavare grazie all'astuzia. Jiyong era un ragazzo indipendente, riusciva facilmente a procurarsi soldi, e a non attirare un'eccessiva dose di guai.
Il fratellastro invece, era uno studente modello, amato da compagni e professori. Aveva metabolizzato perfettamente la morte dei genitori decidendo di renderli orgogliosi impegnandosi e facendo della sua una vita ricca di virtù e di successi.
A scuola gli studenti stentavano a credere si trattassero di due fratelli. Due personalità così diverse non era ammissibile potessero coesistere sotto lo stesso tetto e addirittura parlare.

Nonostante i due fratelli avessero instaurato un pacifico rapporto che consisteva nell'ignorarsi il più possibile, la loro 'pace' era destinata a non durare per sempre.
Tutti crescono e cambiano.
Ovviamente qualsiasi ragazza della scuola rimaneva incantata dal bel viso di Hyungjae e dalla sua spiccata intelligenza e dedizione allo studio.
Jiyong non poteva far altro che roteare gli occhi disgustato ogni qualvolta passava uno stuolo di ammiratrici del fratello. Quando aveva quindici anni fuori dalla scuola lo fermò una ragazza più piccola delle medie.
-S-scusa... tu sei il fratello di Hyungjae-si, vero? Potresti consegnarli questo?- una ragazza si era avvicinata timidamente a lui porgendogli una lettera e una scatolina legata da un nastro di raso  rosso.
-Dio santo.- esclamò il ragazzo sorpreso.
-Hai così paura di consegnarla a lui che preferisci darla al fratello teppista? Ma che ti dice il cervello.- disse sarcastico.
-Mi s-spiace, speravo potessi aiutarmi...-
Jiyong afferrò bruscamente la lettera e la strappò in mille pezzi. Poi aprì la scatolina che conteneva dei cioccolatini, se li ficcò tutti in bocca e gettò il tutto nella spazzatura.
-Ehi che hai fatto!?!- esclamò la ragazza contrariata.
-Ti ho appena evitato di fare la figura della ridicola davanti a tutti.-
-Mi stai facendo sentire tu ridicola! Ti spacco la faccia!-
Jiyong sorrise divertito a quelle parole.
-Ascolta ragazzina acida!- la fermò posandogli una mano minacciosa sulla testa.
-Non sei la prima che mi chiede di fare una cosa del genere, dovreste almeno portare anche dei cioccolatini per me, prima. E secondo, non sei nemmeno abbastanza bella per lui.-
-Questo lo dici tu, razza di maleducato!-
-Ma che caratterino che abbiamo qui, sono quasi commosso.-
-Faccio così quando qualcuno distrugge qualcosa in cui ci ho messo tutta me stessa!- spiegò lei con gli occhi lucidi, stava cercando di trattenere le lacrime di rabbia con una tenacia fuori dal comune.
-Se ci tieni così tanto allora rifallo e dagliela di persona. Chi è senza coraggio non merita di ricevere nulla in cambio.-
La ragazzina, rossa in viso dalla rabbia scivolò via da sotto il braccio del ragazzo borbottando qualche imprecazione contro di lui.
Jiyong incrociò le braccia guardandola allontanarsi. L'ennesima ragazzina innamorata di Jae, anche se la cosa l'aveva divertito all'inizio, cominciava a seccarlo il fatto di essere importunato anche lui dalle ragazze.

Almeno fin quando non compì diciassette anni.

Lei non era di certo diversa da tutte le altre ragazze che avevano provato ad avvicinarsi a Hyungjae. Ma fu l'unica della quale Jiyong si ricordava anche dopo due anni.

Un mattino, il cielo bianco come il latte prospettava una giornata nevosa e fredda. Jiyong alzò lo sguardo verso il cielo aspettandosi che da un momento all'altro potesse cadere un fiocco di neve. Attese qualche istante, come se stesse riflettendo su qualcosa di nascosto, che solo il suo cuore conosceva, pensò a quanto sarebbe stato bello se la neve avesse cominciato a cadere proprio in quel momento.
Ma essa non volle dargli quella piccola gioia nel meravigliarsi della sua bellezza, invece, quando il ragazzo abbassò lo sguardo, dal fondo del corridoio vide giungere una creatura assai diversa da un fiocco di neve.
Nonostante il pallore quasi inumano della sua pelle la faceva apparire tutta bianca, l'esile ragazza portava un lucido nastro di raso cremisi, avvolto attorno ai capelli raccolti in cima alla testa.

Era quello il fiocco di neve che il ragazzo stava aspettando.

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