Andare a scuola aveva cominciato ad essere una costrizione scomoda per Jiyong. Avrebbe voluto spendere i proprio tempo in qualcosa che gli fruttasse soldi, già provava un irrefrenabile desiderio di guadagnare abbastanza per potersene un giorno andare dalla casa dello zio paterno.
Hyungjae avrebbe studiato forse per diventare avvocato, ma questo non faceva per il fratello maggiore. Anche se era abbastanza sveglio e intelligente per farcela, non aveva voglia di studiare.
Tuttavia nonostante il suo ardente desiderio di evasione, era costretto a dipendere dallo zio. Avevano fatto un patto per cui il ragazzo avrebbe dovuto prendere il diploma e restare a vivere con lui durante la durata dei suoi studi, solo in quel caso avrebbe potuto accedere all'eredità lasciata per lui dai genitori.
Jiyong aveva la sensazione si trattasse di pochi spiccioli, in confronto a quanto avevano lasciato a Hyungjae, però non poteva semplicemente ignorare la loro esistenza, più per una ragione personale che economica.Quella mattina, la prima del nuovo anno scolastico, in ritardo come al solito, non aveva trovato posto sul treno che lo avrebbe portato a scuola.
Lei era appoggiata ad una delle maniglie, questa volta i suoi capelli erano legati a coda di cavallo dal solito nastro cremisi.
Jiyong poteva guardare quella chioma ondeggiare morbida, accarezzandole la base del collo e le spalle, a ritmo del mezzo che viaggiava. Con una mano si reggeva tenendo l'equilibrio e con l'altra teneva stretto un libro tascabile che stava leggendo con estrema attenzione.
All'ennesima fermata, molte altre persone salirono schiacciandosi le une sulle altre per garantirsi un posto in piedi sul treno.
Jiyong venne spostato bruscamente dalla folla, imprecò guardando la gente spingerlo e pestargli i piedi. Ma alla fine non riuscì a dire nulla, quando si ritrovò in piedi proprio dietro alla schiena della ragazza dal fiocco rosso.
Avrebbe voluto ricordare il suo nome, perché non riusciva a levarle gli occhi di dosso, dalla curva delicata che il collo compiva verso la spalla. Il ragazzo moriva dalla voglia di scriverle con le dita il suo nome su quella pelle bianca e perfetta come la madreperla.
Si morse l'interno della guancia per distogliere la sua attenzione da lei e cercò di non concentrarsi sul profumo del suo shampoo che lo inebriava da quella poca distanza.
Una brusca frenata fece precipitare la ragazza addosso al petto del ragazzo, il quale la sorresse trattenendo il fiato.
-Mi scusi.- parlò la ragazza con un filo di voce appena udibile.Scesi dal mezzo i due si incamminarono lasciando tra loro qualche metro di distanza. Jiyong la seguì silenziosamente, ma non perché volesse realmente farlo, ma perché non c'erano altre strade per raggiungere la scuola.
La ragazza, sempre tenendo il libro aperto davanti a sè, si fermò di colpo.
In mezzo al marciapiede, come se si fosse appena ricordata qualcosa.'Siamo così in ritardo, quindi perché si ferma?'pensò Jiyong rallentando involontariamente anche lui.
La ragazza si girò di colpo, lo stava guardando.
'Mi sta, fissando? Ma cosa le prende?'-Mi scusi.- disse di nuovo verso Jiyong. Ma questa volta la sua voce era diversa, era rigida e scandita.
-Che c'è ?- domandò lui confuso.
-Ho notato che mi sta seguendo da un bel po'. Devo chiamare la polizia o...?-
Per poco Jiyong non cascò a terra.
-Ma quale seguendo? Andiamo nella stessa scuola.-
Lei alzò un sopracciglio come se non fosse convinta della cosa.
-Dovresti aver preso il diploma due anni fa ormai.- gli fece notare.
Jiyong scoppiò a ridere.
-Ho perso due anni scolastici. Strano tu non lo sappia.-
-Perché dovrei saperlo?-
-Perché sono Kwon Jiyong. Mi conoscono tutti da queste parti e i pettegolezzi sono ruotati per parecchio sulla mia cattiva condotta.- spiegò lui come fosse un vanto.
-Ah ma certo! Sei il famosissimo e illustre Jiyong! Che fortuna mi è capitata incontrandoti!-
-Allora mi conosci!-
-No!- esclamò lei.
Jiyong fece una smorfia, poi si affiancò alla ragazza che stava andando via.
-Ehi! Solo io posso fare del sarcasmo qui.-
La ragazza sorrise di sottecchi, ma ignorandolo completamente.
-Beh non la chiami la polizia? Ti sto ancora seguendo.-
-Ti assicuro che la chiamerò.-
-Perché! Vuoi vendicarti di quella volta?-
-Quale volta?- la ragazza lo guardò confusa.
Jiyong si affrettò a spiegarle.
-Quando mi chiedesti di dare la lettera e i cioccolatini a mio fratello.-
La ragazza si bloccò di colpo.
-C-come fai a... sapere che sono proprio io?-
Domanda lecita. La ragazza era cambiata tantissimo, non solo ora sfoggiava lunghi capelli di un colore diverso, ma anche la sua pelle era più luminosa: era diventata una giovane adulta.
Jiyong la guardò dalla testa ai piedi, ricercando ciò che aveva perso della piccola ragazza che un tempo era andata con coraggio a parlargli, e i suoi occhi si soffermarono forse più del dovuto sui suoi seni pieni e rotondi.-Mi stai ascoltando?-
Jiyong ritornò in sè.
-L'ho capito da quello.- disse indicandole la nuca.
Lei sbattè le palpebre.
-Il fiocco.- precisò lui. -Il pacchetto era legato da un piccolo nastro di raso rosso, come quello che indossi sempre.-
La ragazza rimase come imbambolata a guardarlo.
'Mi fissa come se le avessi detto che mangio gattini per colazione. O forse le piaccio'-Beh, sarà meglio andare. Siamo in ritardo.-
Lei annuì non del tutto convinta e si affrettò a riprendere la propria strada.
Se non altro non aveva chiamato la polizia, era già qualcosa.Ironia della sorte, volle che le loro classi si trovassero allo stesso piano dell'edificio, cosa che fece decidere a Jiyong di prendere la strada più lunga per arrivarci. Ma alla fine si ritrovarono poco dopo davanti alla stessa aula.
I corridoi erano deserti, le lezioni ormai cominciate.
-Questa è la mia aula! Trovati la tua!- lo intimò la ragazza sussurrando.
-Guarda che ti stai sbagliando, è questa la mia.-
Litigarono per poi fiondarsi insieme in aula, attirando l'attenzione di tutti.
L'insegnante, una donna sulla quarantina con larghi occhiali squadrati squadrò i due studenti.
-Lei deve essere Kwon Jiyong... ottimo modo di iniziare l'anno, per l'ennesima volta.- commentò sarcastica.
-Ringrazi che sono un' insegnante di supplenza altrimenti avrei preso altri provvedimenti. Si vada a sedere.-
Solo dopo che Jiyong fu al proprio posto, sotto lo sguardo indagatore dei suoi nuovi compagni di classe più piccoli, che notò anche la ragazza.
-E tu saresti?-
-Park Sorah.- rispose inchinandosi.
-Si sieda anche lei. E cerchi di comportarsi bene.-
-Sissignora.- rispose la ragazza costernata e andò a sedersi a testa bassa.
Jiyong notò come la ragazza si andò a sedere in solitudine al primo banco, senza salutare nessuno dei suoi compagni.
Si aspettava avesse molti amici, così come alle medie era circondata sempre da un gruppo di amiche. Invece nessuno le parlò nemmeno all'intervallo, nessuno le chiese di pranzare con lei o di fare due chiacchiere. Nessuno per per tutto il giorno.
Jiyong, seduto all'ultimo banco vicino alla finestra, riusciva a scorgere quel fiocco cremisi tra tutti gli altri.Jiyong rincasò tardi.
-Dove sei stato?- chiese Hyungjae con aria disinteressata.
-Non siamo alle elementari che devo tornare direttamente da scuola.-
-Ma sono le undici di sera, lo zio ti aspettava per cena.-
Jiyong sbuffò annoiato, sbadigliò mentre si trascinava al piano di sopra per andarsene a dormire.
Hyungjae lo seguì facendolo irritare ancora di più.
-Stai prendendo una brutta strada, lasciatelo dire, fratello.-
Solo il sentirsi chiamare fratello da lui gli faceva accapponare la pelle.
Serrando la mascella si costrinse e non tramortirlo con un pugno sul naso, pur di essere lasciato in pace.
Hyungjae non sapeva cosa il fratello avesse fatto per tutta la sera, sapeva solo, dal suo sguardo svuotato e le sue mani livide, che non l'aveva passata a parco giochi. Era sinceramente preoccupato per i luoghi in cui finiva la notte e per le persone che inevitabilmente incontrava.
Aveva fatto a botte con qualcuno, ma con chi e perché?
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Niro. [Kwon Jiyong]
Fanfiction~Niro, pseudonimo di Jiyong, non è in grado di vivere nel mondo come tutti, ha sempre preferito osservare gli 'altri' da lontano, senza mai riuscire a capirli appieno. La sua vita é divisa tra il passato che continua disperatamente a rincorrere e il...