Il presidente degli studenti era naturalmente Kwon Hyungjae. Ogni professore si affidava fiduciosamente al suo aiuto per qualsiasi cosa e, per quanto le richieste fossero numerose e complesse, sembrava che il ragazzo fosse capace di accontentare i desideri di tutti.
Quel tipo di responsabilità era ciò che Jiyong meno invidiava del fratello. Specialmente perché non rispettava i professori abbastanza da essere il loro fedele servo.
Fatta eccezione per uno.
Il professor Lee, insegnava coreano, ed era l'unico ad aver appoggiato la riammissione di Jiyong a scuola nonostante non avesse frequentato per due anni. Anche se tutti gli altri professori non erano d'accordo in quanto il punteggio dei suoi voti era così basso da aver reso impossibile una sua possibile ammissione all'università, il professor Lee aveva insistito affinché il ragazzo potesse conseguire almeno il diploma.
Così nonostante il ragazzo non lo desse a vedere lo ringraziava per la secondo possibilità che l'uomo gli aveva dato.
-Sempre a bighellonare, signor Kwon?- chiese l'uomo incontrandolo per i corridoi.
Jiyong era assorto nell ondeggiare delicato delle tende che accarezzavano il davanzale delle finestre.
-Prof. Lee. Non ha lezione?-
-Ho un'ora buca. Facciamoci una passeggiata in cortile.-
Jiyong fece un mezzo sorriso, e seguì il prof senza dire nulla, alzando gli occhi al cielo.Nonostante l'aria fosse fresca e autunnale, il sole riscaldava la pelle asciugando l'umidità della pioggia del giorno prima.
Studente e insegnante camminavano in silenzio lungo il vialetto di pietra immerso nell'erba.
Il professor Lee si fermò dietro l'angolo per fumare una sigaretta.
Ne porse una anche a Jiyong.
-Non ha paura di finire nei guai offrendomi una sigaretta?-
-Fumare una sigaretta durante una conversazione è un sacrosanto diritto. Vale la pena rischiare.-
Jiyong accettò l'oggetto portandosela alle labbra.
-'L'ho visto scendendo quel fiore che non ho visto salendo', la conosci?-
Jiyong scrutò l'uomo confuso. Scosse la testa.
-È una poesia. Ultimamente ho visto che hai stretto amicizia con Park Sorah.-
Jiyong alzò le spalle.
-Direi che... parliamo...-
-Beh sarai di certo venuto a conoscenza della sua difficile situazione. Perciò è un bel gesto da parte tua.-
Il ragazzo aggrottò la fronte.
-Non so di cosa stia parlando, professor Lee. Non conosco la sua situazione nè sono interessato a conoscerla.-
L'altro annuì riflessivo.
-È proprio questo che intendo. La tua amicizia è ciò di cui ha bisogno quella ragazza adesso. Credo che ora dovresti tornare in aula.-
Jiyong guardò a terra, parlare di Sorah con il professore lo aveva messo in soggezione. Fece qualche passo per ubbidirgli.
-Aspetti, che cosa intendeva con quella poesia?-
Il professore fece un sorriso sghembo.
-Era un suggerimento. Solo un suggerimento.-Jiyong entrò in classe andrai a sedere pesantemente al proprio banco, nell'ultima fila.
I professori non erano soliti rimproverarlo anche se entrava a suo piacimento.
Sorah se ne stava seduta composta con un'espressione taciturna e debole. Appena sentì il rumore della porta aprirsi sollevò il capo e riconoscendo Jiyong il suo viso si ricolorò ed un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra.
Jiyong le passò accanto facendole l'occhiolino.
Se dalla presenza in aula di Jiyong dipendeva il suo sorriso, voleva dire che la ragazza contava su di lui, si stava appoggiando alla sua spalla fin troppo. Jiyong temeva che questo le avrebbe portato solo guai e si disse che forse avrebbe dovuto distaccarsi da lei e non giocare con i suoi sentimenti.'L'ho visto scendendo quel fiore che non ho visto salendo'
-Come sta Niro?- chiese la ragazza raggiungendo Jiyong alla fine delle lezioni.
Il sole stava tramontando e gli studenti brulicavano nel cortile davanti alla scuola cercando di uscire in fretta per tornare a casa a studiare.
-Sta bene.-
-Gli stai dando da mangiare? Guarda che se non gli dai da mangiare mi arrabbierò!-
Jiyong sospirò.
-Però non esagerare con il cibo! E non dargli cibo piccante! E poi cerca di...-
Jiyong la interruppe tappandole la bocca con la mano.
-Tu.- sussurrò indicandola.
-Parli troppo.- concluse lasciandola con il fiato sospeso.
Sorah continuò a seguirlo nonostante il ragazzo stesse proseguendo per la sua strada.
-Ji-Jiyong... devo confessarti una cosa.-
-Lo so, lo so... mi hai sempre amato. Non c'è bisogno di dirlo.-
-Non pensarci nemmeno! Prendimi sul serio!-
Jiyong sospirò.
-Sentiamo cosa devi dirmi?-
-Io... ecco... ho paura del buio.-
-E quindi?-
-Quindi il sole sta tramontando e io non riuscirò mai ad arrivare a casa prima che diventi buio.-
-Mi stai esplicitamente chiedendo di accompagnarti a casa. Che sfacciata.-
Jiyong nascose un mezzo sorriso.
Si vedeva che Sorah si stava sforzando di sorridere, ma in realtà quella richiesta le stava costando una gran fatica.
Jiyong non potè fare altro che accettare di accompagnarla. Sembrava che per il momento avrebbe dovuto rinunciare all'idea di distaccarsi da lei. Sorah fece strada, fino alla stazione per poi scendere alla fermata che gli avrebbe portati a casa sua.
Camminarono lungo la strada illuminata fino al distretto di Gangnam.
-Abiti a Gangnam-gu?-
Lei annuì distrattamente.
Questo gli fece tornare in mente ciò che aveva detto il professor Lee riguardo la sua situazione difficile. Sicuramente il problema non era di natura economica se abitava in uno dei quartieri più lussuosi di Seoul.
-Siamo quasi arrivati.- mormorò lei. Sembrava che la sua voce si fosse volutamente ridotta ad un sussurro.Fu poco dopo che Jiyong capì il perché. Inghiottiti nella penombra, dietro l'angolo della via di casa, un gruppo di uomini attendeva.
Erano vestiti di scuro, dalle scarpe fino ai cappelli e i loro visi non si distinguevano.
Jiyong li osservò con discrezione mentre sentì pian piano le piccole dita fredde di Sorah attorcigliarsi al suo braccio.
Stava tremando.Finalmente davanti alla casa di Sorah, Jiyong vide la ragazza estrarre le chiavi con imbarazzo.
-P-puoi andare adesso se vuoi.-
-Aspetto di vederti entrare.-
La porta si aprì.
-I tuoi genitori sono in casa?-
-No... loro non... ci sono oggi.-
Jiyong annuì.
-Ok...allora io vado... mi raccomando.-
Sorah deglutì sforzandosi di sorridere, era visibilmente spaventata però cercava di non rendere nervoso anche Jiyong.
Il ragazzo si voltò verso il fondo buio della strada.
Quegli uomini erano lì, appostati nell'oscurità, confusi dietro la luce soffusa di un lampione poco più avanti.
-A domani.- disse la ragazza prima di socchiudere la porta.
-Sorah, aspetta!- il ragazzo fermò la porta con la mano.
-Va tutto bene?-
Sorah lo guardò negli occhi.
-Certo.- disse.
Ma subito, a quella domanda disarmante, qualcosa si spezzò nel suo sguardo fermo, e lacrime copiose cominciarono a scendere.
-Scusa, mi dispiace.- si scusò - non so davvero perché sto piangendo...-
-Sorah...-
Più si sforzava di non piangere più le lacrime continuavano a scendere.
-Da quanto tempo... sono lì?-
Sorah singhiozzava.
-Cinque giorni...- ammise lei.
Cinque giorni erano bastati per renderle la vita impossibile.
Doveva aver avuto così tanta paura di tornare a casa da sola che aveva chiesto all'unica persona che gli era amica aiuto.
-Non volevo coinvolgerti, te lo giuro... avevo troppa paura di tornare a casa... io...-
Jiyong la interruppe nuovamente ma questa volta, al posto di coprirle le labbra con le mani come aveva fatto davanti scuola, la fece tacere con un bacio.
Quando si fu allontanato un poco per guardarla negli occhi, lei lo stava guardando con occhi spalancati.
-Devi smetterla di fare così.- parlò la ragazza asciugandosi le lacrime con il dorso della manica.
-Maniaco.-
Jiyong sorrise.
-Sarò anche un maniaco ma questa faccia stupida che fai mi fa venire voglia di baciarti ancora di più.-
Lei divenne ancora più rossa in viso.
Da quella breve distanza che li separava Jiyong poteva vederle le punte delle orecchie arrossate per il freddo. Sorrise a quella dolce immagine di lei. Senza accorgersene le aveva cinto la vita con le braccia eppure lei non si era scansata come al solito. Anzi lo stava scrutando con attenzione.
Stava lì a guardarlo come una bambina spaventata. Ma non aveva paura di lui, bensì di se stessa.
-Jiyong, anche se ne approfitti sempre per fare il pervertito, non riesco ad essere arrabbiata con te. Perché?-
Lui alzò le spalle lanciandole uno dei suoi tipici sorrisi sornioni.
-Per lo stesso motivo per cui non riesco a controllare me stesso se sei così fragile e vulnerabile come adesso.-
-Quindi io... dovrei scappare da te.-
-Sì, dovresti.- le sussurrò lui all'orecchio mentre lentamente la spingeva dentro casa.Sorah fece qualche passo indietro, la casa era vuota e buia.
Percepì il braccio di Jiyong che la stringeva da dietro mentre con l'altro chiudeva la porta alle sue spalle.
Nel frattempo la stava nuovamente baciando. Assaporando il sapore delle lacrime salate che avevano percorso il suo viso poco prima.
Sorah non aveva più paura. Nonostante sapesse fosse sbagliato aver fatto entrare un ragazzo mentre era sola a casa. Era sbagliato da ogni punto di vista, perché lui aveva intenzioni che lei non avrebbe dovuto assecondare.
Però il corpo di Jiyong era caldo contro il suo, si muoveva in modo sensuale facendola sentire senza forze.
Se lui non l'avesse sorretta con le braccia lei sarebbe caduta al suolo, assuefatta da quei baci.Jiyong muoveva la sua bocca su quella di lei consapevole del suo gesto. Nonostante la sua testa gli ripeteva di non farlo, il piacere che stava provando in tutto il corpo lo aveva persuaso a continuare.
La spinse contro il muro con dolcezza e passione e quando sentì la schiena della ragazza che aderiva alla parete, potè toccare i suoi fianchi con decisione, percorrendone la curva.
Le mordicchiò le labbra per farla rispondere ai suoi baci e quando finalmente lei si lasciò andare ricambiandoli, lui la prese in braccio.
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Niro. [Kwon Jiyong]
Fanfiction~Niro, pseudonimo di Jiyong, non è in grado di vivere nel mondo come tutti, ha sempre preferito osservare gli 'altri' da lontano, senza mai riuscire a capirli appieno. La sua vita é divisa tra il passato che continua disperatamente a rincorrere e il...