XII ~ l'ombrello trasparente

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Non lasciarla sola non era stato l'unico motivo per cui Hyungjae si era convinto a invitare Sorah a soggiornare nella loro grande villa. Conosceva fin troppo bene l'influenza che la ragazza esercitava sul fratello maggiore, e gli sembrò il miglior modo per distrarlo dai suoi affari e tenerlo fuori dai guai.
Jiyong non era solito essere gentile con le parole, lui lo era nei piccoli gesti. Era come le grandi fronde degli alberi che si innalzano verso il cielo silenziosamente così da proteggere il sottobosco. Gli bastava sapere Sorah vicina a lui per essere tranquillo e felice.

-Ti sei affezionato moltissimo alla ragazza.- disse Hyungjae un mattino.
Lei aveva accompagnato lo zio a fare la spesa, dal momento che i due sembravano andare molto d'accordo.
Jiyong alzò le spalle indifferente a quelle parole, per poi voltarsi dall'altra parte.
Teneva una grande tazza di caffè con disegnati dei koala azzurri i quali davano alla sua espressione corrucciata un sfumatura buffa e tenera.

-Tu non sei sempre così. Le ragazze che ti sono piaciute le hai usate e gettate via. A volte facevi anche a botte con i loro ragazzi. E ti battevi per loro come si fa per una scommessa. Ma con Sorah...lei mi ricorda tanto quell'uccellino che avevi una volta...-

Jiyong emise un grugnito di disappunto.

-Quale-uccellino?- scandì le parole.

-Ti prendevi cura di lui ma sempre con il terrore di fargli male.-

Jiyong alzò lo sguardo sul fratello esortandolo a tacere.

-Non mi piace fare colazione con un tizio che mi blatera nelle orecchie.-

-Dico solo che ammiro la tua resistenza nei suoi confronti. Se capitasse l'occasione a me di farla mia... non so se esiterei.-

-Che ne dici se ti ficco la mia tazza di caffè in mezzo agli occhi?-

-Non ti ingelosire, stavo solo scherzando.- si difese Hyungjae alzando le braccia.

-Stavo cominciando a dimenticare il motivo per cui non ti sopporto.-

Quella domenica Jiyong aspettò tutto imbacuccato il ritorno dello zio e di Sorah.
Lo sorpresero, appoggiato al muretto, con le mani in tasca e una sciarpa di lana di alpaca che gli copriva quasi metà faccia.
Lo zio quasi dovette soffocare una risata nel colletto del cappotto per non imbarazzare il nipote.
Gli lanciò uno sguardo divertito ed entrò in casa facendosi carico delle borse della spese che teneva anche Sorah.

-N-non è necessario che mi aspetti fuori dal cancello...- mormorò la ragazza arrossendo.
-Allora non lo farò più.- disse lui sorridendole malizioso.
Lei sembrò celare un'espressione di disappunto sul viso, che la faceva sembrare una bimba paffuta e imbronciata.
Jiyong le diede un pizzicotto sulle guance arrossate dal freddo, facendola sussultare. Poi rientrarono in casa.

-Jiyong, posso parlarti un attimo?- lo zio fermò la sua camminata spedita verso Sorah, che stava tranquillamente salendo le scale per andarsi a mettere qualcosa di comodo.
-Dimmi zio.- disse lui lasciandola tristemente andare.
-In anzitutto, questo tuo chiamarmi 'zio' mi fa un po' impressione. Ma immagino sia un altro buon motivo per ospitare Sorah.-
-Siete diventati così noiosi voi due con questa storia che quasi quasi la sbatto fuori io stesso.-
Lo zio emise una risata soffocata.
-In ogni caso... ti ho trovato un lavoro.-
-Tu cosa?-
-Basta fare lo scavezzacollo nullafacente. Il tuo amato zio ti ha trovato un futuro garantito come lavapiatti a Sinsa. -
-Questa è una bella novità.-
Lo zio cambio improvvisamene espressione. Era quasi esilarante il suo modo buffo si cambiare velocemente espressione. Succedeva quando aveva fretta di raggiungere la conclusione di un qualche discorso.
-Ora che Sorah è qui con noi, sarai tu a doverti occupare di lei. Quindi rimboccati le maniche e aiuta la tua 'amica'.-
-Zio... ma noi siamo ricchi.-
L'uomo sospirò.
-Sto cercando di darti un insegnamento.-

La proprietaria del ristorante di Sinsa-dong in cui avrebbe lavorato
Jiyong era una donna rispettabile e cordiale con i clienti, ma estremamente esigente. Fin da subito aveva cominciato a sottolineare i difetti nel lavoro del ragazzo, rispiegandogli il modo giusto in cui doveva lavare i piatti.
Il ragazzo si sforzò di non domandarle se davvero fosse convinta esistesse al mondo un unico modo in cui lavare qualcosa, ma si morse la lingua e si rimise pazientemente a rilavarli tutti d'accapo.
A fine turno, Jiyong non vedeva l'ora di spogliarsi di quei vestiti sudici che ormai odoravano di cibo.
Ma, quasi al di fuori del locale, proprio nel momento in cui con la punta del naso e delle dita riuscì a sentire la frescura dell'aria invernale che lo toccava, qualcuno con l'ombrello sbattè contro di lui.
Solo allora Jiyong si accorse che aveva piovuto. E che le strade erano umide e colme di pozzanghere.
Alcune gocce di debole pioggia rimbalzarono sull'ombrello trasparente della ragazza che l'aveva urtato, la quale lo scostò appena per scusarsi.
-Mi scusi.- parlò la ragazza senza guardarlo in viso e proseguendo all'interno del locale.

'Chissà chi era.'
E si infilò il cappuccio del cappotto sulla testa, inoltrandosi sotto la pioggia.

Hyungjae scese dall'auto in cui si trovava.
Il guidatore rimase seduto senza battere ciglio, accompagnato solo dal rumore perpetuo dei tergicristalli che scostavano l'acqua piovana dal parabrezza.
Hyungjae nel frattempo, guardandosi intorno con la coda dell' occhio, entrò dentro una porta la quale conduceva ad una scala. Richiuse l'ombrello trasparente che lo aveva protetto dalla pioggia scrosciante.
Da solo, scese le scale buie per poi ritrovarsi in un atrio dietro ad una porta, luminoso e spazioso. Un piccolo mondo diviso dal resto, il quale brillava di una luce irreale.
Hyungjae cercò di orientarsi, l'altro era deserto. Fatta eccezione che per una ragazza, seduta sopra uno dei divanetti che decoravano la stanza.
-Mm scusami. Sai dove si trova la stanza 130?-
L'altra lo guardò con un sopracciglio alzato.
-Ma che cavolo dici? Non è mica un albergo.-
Hyungjae scoppiò a ridere.
-Non ti ho mai vista da queste parti chi sei?-
-Perché mi hai chiesto di una stanza che non esiste?-
Hyungjae le sorrise con naturalezza.
-Per capire se fosse la tua prima volta qui, oppure conoscessi già l'ambiente.-
La ragazza misteriosa lo guardò pensierosa. Come se stesse pensando ad un modo per controbattere. Ma non ci riusciva.
-Non sono una novellina, se è questo che ti stai chiedendo.-
-Però non mi sembra di averti mai vista prima d'ora.-
Lei scosse la testa.
-Ci siamo incontrati, ma tu non mi hai mai guardata.-
Gli sembrò impossibile sentire quelle parole. Hyungjae notava sempre tutto.
Lei si sistemò con cura un ciuffo di capelli dietro l'orecchio per poi alzarsi.
-Stai già andando via?-
Lei annuì.
-Eh si...-
-Sta piovendo fuori...- fece il ragazzo porgendole il proprio ombrello sgocciolante.
La ragazza guardò prima l'ombrello poi il ragazzo, interdetta. Doveva sul serio accettare quel gesto impertinente come un atto di gentilezza?
Hyungjae non ritrasse l'oggetto nemmeno dopo aver visto lo sguardo indeciso della ragazza.
-Non c'è bisogno che me lo rendi.- aggiunse.
Pian piano, la ragazza allungò le proprie piccole dita verso il manico dell'ombrello.
-Grazie.- mormorò.
Lui rispose con un sorriso gentile, soddisfatto di esserle potuto essere di aiuto.
La guardò allontanarsi a passo svelto, con il suo ombrello trasparente stretto nelle mani.

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Niro. [Kwon Jiyong] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora