5. Sherlock Holmes può solo applaudire

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Emma trascina la barella lungo i corridoi, trasportando il ferito verso la sala operatoria dove i ferristi stanno già preparando il banco degli attrezzi. L'uomo che trascina si dimena sul lettino, girando la testa da una parte all'altra del cuscino, in preda al dolore. Sta per superare le porte della sala operatoria quando la barella le viene tolta dalle mani e spinta più avanti, guidata da Micheal che le fa l'occhiolino. "Sono io il ferrista qui" le dice, affrettandosi appena sente l'uomo urlare ancora di più. Emma rimane immobile di fronte le porte che le si richiudono davanti gli occhi, prima di tornare indietro ed essere bloccata da Margaret, una ragazza di venticinque anni che dorme a due letti di distanza dal suo.
"Sei richiesta in stanza 6" dice, allontanandosi subito dopo.
Emma corre in quella direzione, bussando piano alla porta per entrare e non infastidire i pazienti. Quando entra, però, non trova nessuno. I letti sono stranamente liberi, la finestra chiusa e gli armadi dalle mensole ordinate. C'è un uomo che le da le spalle, che controlla un mucchio di fogli sparsi sul tavolo all'angolo. Emma richiude la porta dietro di sè e trattiene il fiato, fin quando la figura non si gira e Richard le regala un sorriso rassicurante.
Emma si lascia andare ad un sospiro di sollievo, appoggiandosi contro la porta. Gli si avvicina, abbracciandolo rapidamente. "Cosa ci fai tu qui?" gli chiede.
Richard la guarda con i suoi brillanti occhi azzurri e la barba che inizia ad increspargli il mento. "Mi è arrivata una lettera da nostra madre" dice, prendendo il foglio e mostrandoglielo rapidamente. Emma lo afferra con dita fredde coperte dai guanti, sfogliando le righe con i suoi occhi cervoni. "Mi è sembrato giusto avvisarti prima di mandarle una risposta. Qui il trasporto dei messaggi è molto lento, per cui inviarle due lettere sarebbe poco proficuo. C'è qualcosa in particolare che vorresti dirle?"
Emma guarda il fratello negli occhi. "Dille semplicemente che qui va tutto benissimo, per ora. Che i turni sono ben organizzati, le colleghe educate e che ho degli amici - sì, dille così, almeno si rincuora e non pensa che io sia completamente sola. Ma soprattutto dille che ci vediamo e che stiamo bene entrambi."
Richard si appunta il tutto sul foglio. "Bene" dice, mentre la matita accarezza la pagina bianca. "Ora senti un po'. Due cose: la prima è che c'è davvero bisogno di te in una stanza, ed è la 10; la seconda è che mi chiedevo se stasera avessi da fare qualcosa?" chiede, alzando gli occhi sulla sorella lì accanto.
Emma incrocia le braccia sotto al seno, guardando Richard con un sopracciglio sollevato. "Questa domanda perché..?"
"Ti spiego" dice il fratello, rimettendosi dritto e prendendo il foglio in mano. Inizia a ripiegarlo lentamente, tenendo gli occhi puntati su di esso. "Oggi è martedì ed è il nostro giorno sacro. O meglio, la notte sacra. Ci riuniamo tutti intorno ad un falò poco distante da qui, abbastanza da non dare fastidio a nessuno nè tantomeno da destare sospetti nelle truppe nemiche. E' del tutto innocuo. Ci serve per spogliarci delle nostre divise e per riprendere ad essere noi stessi anche solo per due ore. Senza formalità, battaglie o incarichi vari. Solo per due ore intorno al fuoco. Tu ci sei? O hai il turno di notte?"
Emma tamburella le dita contro il braccio, indecisa. "Nessun turno stanotte" gli risponde.
"Staresti ovviamente con me" la rassicura Richard. "Non ti lascerei mai da sola in quel branco di lupi affamati."
"Ma non è pericoloso?"
Richard infila il foglio dentro la giacca della divisa, sorridendole. "Nah, solo contro le regole. Ma i capi lo sanno, tranquilla. E non hanno mai fatto niente per impedircelo. Abbiamo deciso il martedì sera perché anche le truppe in guerra si rinfocillano per bene, quindi non corriamo rischi di alcun tipo."
"E dovrei venire da sola?" chiede Emma. "Senza dirlo a nessun altro?"
Richard la guarda. "Magari solo ad un'altra persona, ecco. Cerchiamo di essere quanto più contenuti possibili. Ci sono alcuni soldati che ne approfittano per portarsi le ragazze, non credo ci sia qualche problema per te. D'altronde sei la sorella di Richard Jensen, nessuno potrebbe mai dirti qualcosa." Le fa l'occhiolino e si dirige verso la porta della stanza, aprendola e indicandola con una rapida occhiata. "Ora va', i pazienti ti attendono" le dice. "Ti vengo a prendere alle otto, questa sera." Emma alza gli occhi al cielo e gli passa accanto, lanciandogli una lunga occhiata.
"Ma se tipo rifiutassi?"
"Sarebbe comunque una tua scelta." Richard si sporge su di lei e le lascia un rapido bacio sulla fronte. "Va'!" e la spinge fuori, in direzione del corridoio da imboccare.
Emma si sistema i guanti, facendoli schioccare contro i suoi polsi e si aggiusta la cuffietta sui capelli scuri, nascondendo un leggero sorriso. Gira a destra e passa accanto alla porta d'ingresso, attraverso la quale vede le guardie che le sono state assegnate: quella bionda e più gentile il cui nome è John Letterman, la seconda - quella mora e dalle sopracciglia sempre aggrottate, perennemente infuriato contro il mondo - Stephen Lodge.
Stephen gira lo sguardo e la vede attraverso il vetro della porta, incontrando rapidamente gli occhi cervoni di Emma che, intimorita, si affretta ancora di più verso la stanza indicatale dal fratello.

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