31. L'uomo che ha agito nell'ombra

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"Perché quelle facce?" chiede Rule, assottigliando lo sguardo.
Emma guarda l'uomo in viso, leccandosi le labbra. E' Stephen, però, che parla. "So di quale evento lei stia parlando."
Rule solleva entrambe le sopracciglia. "Aveva solo diciotto anni, è improbabile, soldato Lodge, che lei fosse stato mandato lì."
Stephen si gratta la punta del naso. "Infatti non c'ero io. C'era mio padre."
Emma guarda Stephen e poi il dottor Rule che, lentamente, si riprende le carte e le addossa le une sulle altre.
"Mi sembra ragionevole." Rule prende un altro foglio, scorrendo i suoi occhi chiarissimi su quei nomi scritti in una grafia minuscola. "Suo padre è Benedict Lodge?" Stephen annuisce. Rule si accarezza la punta dei baffi. "Il 1973 è stato un anno traumatico. Guardi qui, soldato, quante scomparse." Un sacco di nomi erano cancellati, riducendo di gran lunga la lista dei sopravvissuti. Stephen annuisce.
"Lo so perfettamente, signore."
"Bene" dice lui, rimettendo a posto tutte le carte. "Quindi è probabile che l'assassino abbia agito aspettando che tutti questi ufficiali si trovassero contemporaneamente nello stesso accampamento. L'evento che, prima di tutti, li ha visti insieme è stato il combattimento in Vietnam, quindi magari ha qualcosa a che fare con quell'annata."
Emma si porta entrambe le mani alle tempie, scuotendo la testa. "Ci sono tantissimi soldati che hanno legami con quella guerra e che ora combattono per voi, dottor Rule."
L'uomo annuisce. "Lo so. Ho letto l'elenco anche io. Credo che per ora sia tutto, ci aggiorneremo presto. Siete congedati" dice, mettendosi in piedi e infilandosi di nuovo il cappello in testa. Esce da una piccola porta sul retro, lasciando Stephen ed Emma da soli nel suo studio. Dopo pochi istanti la porta alle loro spalle si apre e la segretaria intima loro di uscire immediatamente.
L'infermiera aiuta Stephen a camminare, sollevando gli occhi verso il cielo che si impreziosisce dei colori del tramonto. Ritornano al dormitorio dei soldati e lei lo aiuta a sistemare il ginocchio ancora gonfio. Gli lascia un rapido bacio sulle labbra ed esce, con gli occhi degli altri soldati addosso che le perforano la schiena.
Ritorna nel proprio dormitorio, arrampicandosi sul suo letto ancora con il camice addosso. Martha entra subito dopo di lei, salutando le sue colleghe di ritorno dai propri turni. Quando si avvicina al letto, nota Emma stesa su quello in alto, con le mani intrecciate sul grembo e gli occhi fissi sul soffitto bianco. Emma ha sempre creduto nelle coincindenze e sicuramente non è un caso che il nome del Vietnam sia uscito per due volte in così poco tempo. Qual è il collante? Perché l'assassino ha agito solo dopo che questi ufficiali fossero arrivati in quell'accampamento? Cos'hanno fatto di male da meritarsi la morte per mano di una persona sconosciuta che agisce nell'ombra senza lasciare alcuna traccia di sè?
"Emma?" la richiama Martha da sotto. L'infermiera si mette seduta e abbassa lo sguardo sull'amica il cui caschetto si è ormai allungato fino a superarle le spalle. La frangetta è scomparsa e ha lasciato posto ad un ciuffo che Martha tiene incastrato tra gli altri capelli. Gli occhi verdi sono puntati su di lei. "Possiamo parlare?"
Hanno rimandato per tantissimo tempo.
E' il momento della resa dei conti.
Emma annuisce, scendendo dal suo letto con un piccolo salto e atterrando accanto all'amica che, gentilmente, la invita ad uscire fuori il dormitorio. Si siedono l'una accanto all'altra sul gradino all'ingresso, rimanendo in silenzio e in imbarazzo per circa cinque minuti, lasso di tempo in cui entrambe hanno tenuto gli occhi fissi sulla strada che diviene sempre più scura man mano che il sole sparisce al di là della linea dell'orizzonte. Alcuni soldati ritornano dai loro allenamenti, i camion vengono parcheggiati e le guardie ispezionano gli ingressi e le zone più importanti. Poi Martha si gira in direzione dell'amica, prendendo un ampio respiro.
"Lo so che, tempo fa, abbiamo fatto un po' di chiarezza sulla questione e conosco perfettamente quanto il mio comportamento possa essere stato imperdonabile, ma io davvero tengo a te. Sei forse l'unica vera amica che abbia mai avuto qui dentro e parlarti poco, vederti anche di meno in ospedale, mi fa sentire malissimo. Se potessi tornare indietro, mi sarei tappata la bocca con dello scotch così spesso da evitare di emettere qualsiasi fiato e rovinare il bel rapporto che c'era tra noi. La morte di Joe mi aveva procurato così tanto dolore da non pensare che, magari, qualcuno stesse male quanto me. E mi sono permessa - come l'idiota che sono - di riversare su di te il mio dolore e la mia paura per quello che stava accadendo, per la minaccia che incombeva su questo accampamento." Tira su con il naso. "Sono stata egoista perché non ho pensato neanche per un istante a come stessi tu, reduce dagli interrogatori, traumatizzata dal ritrovamento del corpo.." Una lacrima abbandona il suo viso. Emma tiene i suoi occhi fissi in quelli lucidi di Martha che continua a parlare. "Joe non avrebbe mai accettato un comportamento del genere. Un'amica avrebbe dovuto accoglierti a braccia aperte, tranquillizzarti, tentare di proteggerti dalle occhiate malevole che tutti, nessuno escluso, ti hanno riservato. Sono stata così stronza, Emma. Ed imperdonabile. Ma io non ce la faccio più a vivere con questa controversia nel mio petto e necessitavo di esternarla sebbene tu abbia tutto il diritto, adesso, di andartene e lasciarmi qui fuori come un pesce lesso. E' tutto ciò che merito dopo quello che ti ho fatto." Un singhiozzo fugge dalla sua bocca, mentre Emma stringe le labbra in sua direzione. Martha abbassa la testa ed inizia a piangere di più, portandosi una mano alla bocca, quando sente improvvisamente due braccia stringerla e avvicinarla al petto di Emma. Le lacrime abbandonano più rapidamente i suoi occhi arrossati.
Emma la tiene forte a sè, appoggiandole una mano sulla schiena scossa dai singhiozzi. "Non posso lasciarti qui fuori, Martha, nonostante quello che tu mi abbia fatto. Non è questo che farebbe un'amica."
Martha circonda Emma con le sue braccia magre, chiudendo gli occhi.

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