20. Messa in scena

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Quando, agli inizi di Gennaio, Emma fa ritorno in Pakistan, non fa altro che pensare a come tutto cambierà. Dopo che Richard, il giorno di Natale, le ha detto la verità su Stephen Lodge, sul fatto che lui non abbia cambiato atteggiamento verso di lei per puro interesse, ma solo per scontare il suo senso di colpa nei confronti di Emma, tutta la situazione le è caduta addosso. Ha pensato e ripensato e, alla luce delle parole precise usate dal fratello, si chiede come abbia fatto ad essere stata così stupida, di fronte l'evidenza.
Quando a Capodanno, tutti hanno festeggiato stappando bottiglie di spumanti e champagne, il suo pensiero si astrava e si disperdeva nei meandri della sua testa perché il sentirsi praticamente usata da una persona che - a dirla tutta - non conosce nemmeno a 360 gradi fa più male di quanto si sarebbe mai immaginata, vedendo gli altri festeggiare mentre lei sorrideva e augurava buon anno a chiunque le capitasse a tiro, sperando che quell'anno avrebbe portato con sè dei cambiamenti e soprattutto miglioramenti.
Il giorno della partenza saluta i suoi genitori, rinnovando la sua promessa di tornare se fosse successo qualcosa. Si imbarca sull'aereo e, quella volta, riesce a dormire per gran parte del viaggio.
E' pomeriggio quando il camion supera l'ingresso dell'accampamento, con i tendoni spostati dal vento forte, i soldati che sgombrano la strada e si dividono, chi va in battaglia, chi ad allenarsi. Quando Emma scende dal retro del camion, recuperando la sua valigia piena, vede Martha correrle incontro con il giubotto pesante ancora addosso e la sciarpa pendente da un lato. L'amica la stringe forte a sè. "Sono così felice che tu sia arrivata!" la saluta, lasciandole poi un bacio sulla guancia. Presa dall'euforia del ritorno in Pakistan, Martha afferra la valigia di Emma dal manico e la porta subito all'interno del dormitorio, mentre Emma si guarda intorno, cercando di vedere qualche viso conosciuto. E infatti lo trova in fila per andare ad allenarsi. Vede Stephen sollevare le labbra e sorriderle graziosamente. I suoi capelli sono cresciuti, la barba appena tagliata e gli occhi più luminosi. Il soldato solleva una mano e saluta la ragazza, ma Emma quando lo vede non può fare a meno di risentire la voce del fratello che rimbomba nel suo cranio. La gentilezza di Stephen, ricorda, non è dovuta ad alcun gesto altruista. Ma solo per redenzione. Emma stringe i denti e saluta il soldato con un rapido e appena accennato segno del capo, mettendosi poi dietro Martha per rientrare nel dormitorio.
Stephen ha notato la freddezza della ragazza e aggrotta le sopracciglia, mentre la fila riprende a marciare e si dirige verso il campo di allenamento. Si chiede cosa mai possa esserle successo in quel mese di assenza.
Lui, a Londra, l'ha pensata parecchio. Ha ripesato al suo viso, ai suoi occhi, alle sue labbra rosee. Ha pensato al suo viso illuminato dalla luna, ai suoi capelli lunghi e scuri, alla sua guancia appoggiata delicatamente sul palmo della sua mano.
Gli era apparsa in mente più di quanto avesse previsto, e di certo quel pensiero costante non rientrava nei suoi calcoli. Era più che sicuro che il suo voler stare accanto ad Emma Jensen non fosse più dettato dal senso di colpa ormai già da tantissimo tempo.

Eppure, con il passare dei giorni, Stephen si rende conto che a malapena riesce ad intercettare lo sguardo dell'infermiera. Non capisce cosa possa essere successo. Prima di andare in battaglia, con i capelli nuovamente tagliati, si chiede perché lei non sollevi il viso nella sua direzione, perché non gli sorrida più o lo saluti con un rapido gesto della mano. Occhiate casuali sono la massima attenzione che gli riguarda e Stephen non riesce proprio a capire perché.
Emma ha ripreso a lavorare, mattina e sera. Medica i pazienti, li sistema nelle loro stanze, va ovunque serva il suo aiuto, e muoversi per quei corridoi le permette di lasciare qualsiasi altro pensiero fuori le porte di quell'ospedale. Come può anche solo vedere il soldato Stephen negli occhi dopo quello che le ha fatto e che sicuramente sarebbe disposto a riprendere?
Tutto quello che gli è successo è stata colpa sua. Se il suo essere antipatico e menefreghista lo aveva portato a rimanere nel dormitorio, lasciando Emma da sola con quegli altri soldati, allora niente lascia pensare che non sia pronto a rifare la stessa cosa, dopo aver chiuso questa piccola parentesi con lei.
Solo perché lei, nei primi giorni, lo teneva lontano dalle battaglie, dall'unico motivo per cui è lì in Pakistan.
Martha ha chiesto più volte ad Emma cosa possa essere successo, dato che ormai quasi non lo nomina più il soldato Lodge, ma l'amica non le da mai una risposta soddisfacente, annullando l'argomento con un semplice "non è chi credevo che fosse", al che Martha decide di non farle più domande, lasciando ad Emma la decisione di parlargliene o meno e soprattutto quando più se la sente.
Emma lascia ogni giorno la sua firma al banco accettazione, salutando la signora Smith che sembra aver preso un po' di peso. Controlla che tutti i pazienti siano stati sistemati, che i documenti delle dimissioni siano stati consegnati così da liberare delle nuove stanze ed esce, muovendosi con destrezza in quei corridoi scuri illuminati dalla torce.
Saluta i soldati a guardia dell'ingresso con un rapido abbassamento del capo, superandoli e accingendosi ad attraversare la strada. Si sistema la sciarpa intorno al collo, seppellendo il naso al di sotto di essa. Gira di poco la testa verso il cancello spalancato e nota il camion dei soldati rientrare. Prende un ampio respiro e alza il passo quando sente i rumori degli stivali degli uomini camminare pesantemente all'interno dell'accampamento. Con la coda dell'occhio nota un'ombra avvicinarsi a lei, così prende un rapido respiro e accelera ancora di più, sperando che non le si accosti. Ma la mano di Stephen si stringe intorno al suo braccio, richiamando l'attenzione di Emma sotto quel cielo bianco di nuvole. La ragazza si gira, guardando il soldato negli occhi scuri e ingoia a vuoto. "Ciao" dice lui, sorridendole e lasciando la presa sul braccio della ragazza.
Emma annuisce. "Buongiorno" saluta a bassa voce, sistemandosi poi la sciarpa intorno al collo. Il vento inizia a scompigliarle i capelli e glieli porta sugli occhi. Se li scosta prima che Stephen possa persino sognarsi di fare una cosa del genere al posto suo.
"Che ne dici se riprendessimo gli allenamenti?"
Emma sposta gli occhi su Stephen, socchiudendoli leggermente. Stringe i denti ma, essendo la bocca nascosta dalla sciarpa, il soldato non lo nota. "Ma adesso fa freddo" dice, come a voler chiudere il discorso, ma Stephen solleva un sopracciglio. "Non ce n'è più bisogno" dice, continuando a guardarlo negli occhi. Il soldato rimane stupito di fronte quell'espressione. "Ora, se non ti dispiace, devo cambiarmi e fa freddo rimanere immobile in mezzo alla strada." Stephen annuisce e la vede allontanarsi. Emma non solleva neanche una volta lo sguardo, neanche quando richiude la porta del dormitorio dietro di sè. Stephen abbassa le spalle e, con la fronte aggrottata, si dirige verso il suo dormitorio, sentendo alcuni suoi colleghi sparlare di gente del personale e del dottor Rule che sta praticamente riassemblando i gruppi di spedizione.

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