32. Spazi da rispettare

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Stephen ed Emma escono dalla sala degli interrogatori, lei con il braccio di lui sulle spalle per via della gamba ancora dolorante, con il dottor Rule che li segue con lo sguardo di ghiaccio fin quando non girano l'angolo, dopodichè chiude lentamente la porta accompagnata da un cigolio fastidioso, nascondendo alla vista dei soldati di guardia la scrivania, la luce attaccata al soffitto e le due sedie in legno occupate fino a quel momento dai due ragazzi.
Stephen ha gli occhi arrossati e circondati da occhiaie scure. Emma guarda il suo profilo, lo sguardo tenuto basso, le sopracciglia aggrottate, le labbra strette e la mascella serrata. Stringe la sua mano sulla spalla, sentendola fredda al tocco.
Hanno passato sette ore lì dentro, intrappolati negli sguardi indagatori dei soldati e degli ufficiali mentre facevano loro le domande necessarie. Emma ha testimoniato, ha riportato tutto quello che John avesse pronunciato in quel momento di pazzia, vedendo Stephen al suo fianco battere leggermente le palpebre. Uccidere un compagno era assolutamente contro la legge, eppure il soldato Lodge era stato rilasciato con il semplice responso di legittima difesa. In più, avevano scovato l'assassino, ponendo fine a quell'incubo senza nome. Rule li ha ascoltati tutto il tempo in silenzio, con la bocca serrata e gli occhi azzurri che vagavano sul viso di Stephen che, nonostante tutto, ha mantenuto alto il suo decoro militare. Sapeva di aver fatto la cosa giusta, ma John era pur sempre stato la persona più vicina, l'unico che abbia mai potuto definire un fratello, vittima della sua pazzia e bruciato da una vendetta che lo ha avvolto nelle sue fiamme.
Sette ore interminabili, in cui i soldati li tenevano sotto controllo e gli altri ufficiali li interrogavano senza sosta, chiedendo ogni tipo di spiegazione.
Camminando lungo quei corridoi, Stephen si sente per la prima volta vulnerabile, scoperto e additato.
Quando escono all'aria aperta è ormai sera, la temperatura è bassa a causa dell'escursione termica e nessuno è al proprio turno di lavoro.
Sono tutti fuori, in mezzo all'accampamento mentre parlano e speculano sull'accaduto.
Un camion rientra dalla battaglia e i soldati di quel contingente abbandonano il mezzo ancora in moto. Richard balza fuori, aggiustandosi la cinghia della divisa che gli attraversa il petto. Si guarda intorno e vede Emma e Stephen poco più in là, distanti dalla folla di infermieri e militari. A grandi falcate attraversa la strada, tenendo gli occhi puntati su di loro.
Il calpestio dei ciottoli coglie l'attenzione della sorella che si gira e lo vede ad un passo da loro. Richard le lascia rapidamente un bacio sulla tempia, poi le gira intorno e si blocca di fronte Stephen che solleva lo sguardo, inchiodandolo in quello del soldato Jensen.
Richard ha la mascella serrata, le spalle dritte, gli occhi blu fissi in quelli scuri di Stephen che sente la testa martellargli furiosamente contro le tempie, con un senso di pesantezza addosso che lo porterebbe a lasciarsi cadere per terra.
Stephen lo vede tendere una mano verso di lui, così gliela stringe, ma poi Richard si avvicina e fa scontrare i loro petti muscolosi, lasciando rapidamente delle pacche sulla schiena. Si stacca, tenendo ancora la mano contro la spalla del soldato Lodge. Si lecca le labbra. "Sei stato grande, Stephen. E molto coraggioso."
Emma guarda il suo ragazzo e incrocia le braccia al petto, mordendosi il labbro inferiore.
"Grazie" dice Stephen con voce roca, sciogliendo la presa da quella forte di Richard. Il fratello di Emma si aggiusta con un rapido gesto la sua divisa, poi se ne va, avvicinandosi ai dormitori.
Emma prende un ampio respiro, vedendo il profilo di Stephen ancora corrucciato, mentre intorno a loro gruppi di ragazzi lo guardano con segnali di apprezzamento e gratitudine.
"Devo andare a Londra" dice lui improvvisamente, girandosi a guardare Emma negli occhi cervoni dalle ciglia lunghe. Ingoia un boccone amaro, prendendo un lungo respiro. "Chiederò un breve congedo, ma devo tornare in Inghilterra."
Emma annuisce, accarezzandogli rapidamente il braccio. "Va bene."
Immagina perfettamente il suo dolore.
Riesce a sentire quella ferita nel suo petto che solo il tempo, molto lentamente, potrà far risanare.
Ha perso una delle persone più importanti della sua vita e percepisce con chiarezza il senso di colpa che straborda dai suoi occhi scuri pieni di parole non pronunciate, un senso di colpa che si porterà dietro a lungo sebbene sappia perfettamente anche lui quanto fosse stato necessario.
Il John che ha avuto davanti era una versione deformata del ragazzino con cui era cresciuto, della spalla su cui ha potuto contare. Non era più niente di ciò che fosse stato in passato, solo una degradazione della sua mente che lo ha distrutto come qualunque parassita farebbe.
Eppure era stato lui stesso a bruciare quell'immagine, facendolo cadere a terra sotto il colpo della sua pistola.
Stephen aveva ucciso tantissimi uomini nella sua vita, tutti nemici della sua patria.
Tranne John, l'unica persona che mai la sua mente avrebbe accantonato, nonostante tutto il male che avesse compiuto nella sua furia omicida.
Si lecca le labbra e poi si sporge su di Emma, accarezzandole piano una guancia. La ragazza gliela prende e gliela bacia piano, prima che Stephen possa darle le spalle e avviarsi zoppicando verso il suo dormitorio. Lo segue, a debita distanza, ma il braccio di Richard la blocca in mezzo alla strada. "No" dice, scuotendo la testa. "Non andargli dietro. Deve stare solo."
Emma allora continua a guardarlo fin quando non imbocca il corridoio scuro. Prende un ampio respiro e fa ritorno nel suo, con gli occhi delle colleghe addosso.
Le guarda, aggrottando le sopracciglia. "Buonanotte" dice, arrampicandosi sul suo letto e coricandosi con tutti i vestiti addosso. Tiene gli occhi aperti, ripercorrendo con la mente quei minuti interminabili, percependo di nuovo il terrore nelle vene e il tremore nei muscoli tesi.
Prende respiri profondi mentre le ragazze del dormitorio bisbigliano. Non potrà mai dimenticarsi del John che ha conosciuto, di quel ragazzo muscoloso, dal viso angelico e il sorriso splendente, quegli occhi verdi sempre allegri, i gesti gentili e la premura di parlarle quando, lì in Pakistan, non conosceva nessuno. Non dimenticherà mai quel John che, nonostante covasse la vendetta nel suo cuore, era riuscito a contenere la rabbia che, da lì in poi, lo avrebbe annichilito nel corpo e nell'animo, portandosi via tante persone che, in quel momento, erano state vendicate a loro volta per mano del soldato Lodge.
Con la mente Emma pensa a Stephen, solo nel suo letto, con gli occhi fissi al soffitto e le mani che tremano ancora, con la puzza di sangue che riesce ancora a sentire nonostante ogni prova sia stata portata via. Lo vede chiaramente, se prova a chiudere gli occhi.
Il suo sguardo immobile, le labbra strette, gli occhi vacui e la pelle pallida. Le gambe stese sulle coperte rimboccate e il letto dall'altra parte della stanza che sarebbe rimasto vuoto a lungo.

La mattina dopo, Emma esce alle prime luci dell'alba, infilandosi il suo camice. Abbandona il dormitorio, fiondandosi in strada proprio mentre Rule osserva un camion mettersi in moto, diretto all'aeroporto. Stephen esce dal corridoio, con un semplice pantalone addosso e una maglietta, salutando rispettosamente Rule e salendo sul retro del camion. Nota Emma aspettare lì ferma, così la saluta con un rapido gesto della mano prima che il portellone venga richiuso alle sue spalle.
Il camion parte, allontanandosi e sollevando un polverone di terra alle sue spalle. Emma si avvicina cautemente a Rule, salutandolo con un leggero abbassamento del capo. "Posso chiederle chi altro è partito?"
L'uomo si accarezza i baffi, prima di risponderle. "Nessuno, signorina Jensen. Solo Lodge. Il feretro sarà trasportato diversamente." Guarda Emma negli occhi, prima di socchiuderli. "Vorrebbe andare via anche lei?" chiede, sollevando un sopracciglio.
La ragazza ingoia a vuoto. "Mi piacerebbe, ma devo restare qui. Ci sono degli spazi da rispettare, signore."
Rule annuisce. "Siete stati molti bravi, comunque" dice, cogliendo Emma di sorpresa che mai si sarebbe immaginata sentire quelle parole uscire dalla bocca di quell'uomo di ghiaccio.
"Grazie, signore."
Rule storce il naso, smuovendo quei grossi baffi. "Con permesso." E le da le spalle, lasciandola passare per andare a lavoro.
Emma varca rapidamente l'ingresso dell'ospedale, avvicinandosi alla signora Smith che le fa scivolare gentilmente il foglio su cui firmare. "Buongiorno" le dice la donna con il sorriso sulle labbra. Diverse infermiere del primo turno si girano a guardarla e abbassano il capo, distribuendosi nei diversi corridoi. Emma le nota con la coda dell'occhio mentre lascia la sua firma.
"Buongiorno" risponde.
La signora Smith si riprende il foglio, stringendo le labbra. "Magari può sembrarle fuori luogo" dice, ponendolo sopra un altro plico di fogli già scritti, "ma può ringraziare il soldato Lodge a nome di tutti i dipendenti di questo accampamento? Purtroppo 'Grazie' è solo una misera parola rispetto a quello che lui ha fatto per tutti noi, però non sapremmo davvero come dimostrare la nostra immensa gratitudine nei suoi confronti."
Emma abbozza un sorriso, prendendo un ampio respiro. "Credo che lui lo sappia già."

Una settimana dopo, Emma abbandona l'ospedale alle prime luci dell'alba reduce dal turno di notte. Il sole schiarisce la linea dell'orizzonte e socchiude gli occhi in direzione della strada su cui il camion sfreccia rapido, varcando il cancello dell'accampamento. Emma aspetta fuori il corridoio, con le braccia incrociate al petto e la lingua che bagna le sue labbra secche. Vede Stephen abbandonare il posto del passeggero, scendendo in strada. Gli si avvicina mentre il camion fa retromarcia e si sistema, prima che altre truppe possano partire in battaglia.
Stephen cammina meglio, non zoppica più e riesce ad appoggiare tranquillamente la gamba sinistra per terra. Emma gli si avvicina e gli prende le mani, guardandolo negli occhi.
Stephen ricambia l'occhiata e abbassa il capo, facendo toccare le loro fronti. Prende un ampio respiro. "Non lasciarmi, Emma."
L'infermiera chiude gli occhi, beandosi del suo profumo. "Sono qui, Steve."
"Non ho più nessuno. Sei l'unica cosa bella che sia rimasta nella mia vita" le dice lui, abbassandosi per baciare rapidamente le sue labbra.
Emma lo guarda, sorridendo e incontrando i suoi occhi scuri. "Puoi stare tranquillo. Non ho nessuna intenzione di andare via, Stephen."
Il ragazzo solleva gli angoli delle labbra e si sporge su di lei per abbracciarla, mentre il sole supera l'orizzonte e li accarezza teneramente con i suoi tiepidi raggi.

N/A
Bene, questo è stato un capitolo molto tranquillo in cui si fanno i conti con ciò che è successo e il prossimo sarà l'epilogo.
Lasciatemi qualche voto/commento.
Un bacio 💖

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