Le vacanze pasquali sono indubbiamente meno lunghe di quelle natalizie, eppure starsene a casa trasmette un certo riposo e tranquillità - se si lasciano da parte le litigate in famiglia e le urla della nonna anziana che non riesce a sopportarsi neanche da sola.
Emma aiuta la madre nelle faccende domestiche mentre sente la nonna, sdraita sulla poltrona, lamentarsi del fatto che a ventitre anni Emma non sia ancora fidanzata - che lei sappia, ovviamente - nè abbia una casa propria, mentre il nuovo album dei Queen - The Works - risuona alla radio ad un volume così delicato da fare da sottofondo a quella scenetta familiare.
Il padre di Emma riposa al piano superiore, con la porta chiusa affinché il suo russare non si propaghi per tutta la grande villa dei Jensen, Richard è fuori a rivedere alcuni suoi amici di vecchia data ed Emma asciuga e mette a posto le padelle utilizzate dalla madre per preparare il pranzo. Quel giorno - ventitre aprile - hanno finito di consumare tutti i pasti avanzati il giorno prima in quanto sua madre Meredith era solita preparare così tante porzioni per Pasqua da sfamare un intero esercito.
Emma sbuffa mentre apre un mobiletto e ci sistema le pentole all'interno, mentre Meredith continua ad asciugare il lavabo. Dopodiché si gira spazientita verso la nonna che continua a blaterare qualcosa a cui Emma non ha prestato neanche la minima attenzione. "Questo non dovrebbe essere l'orario in cui solitamente dormi?" dice, esasperata.
La donna anziana si ammutolisce e abbassa gli angoli delle labbra. "Il caffè mi tiene sveglia."
Emma si abbassa su sua madre, sussurrandole all'orecchio: "La prossima volta le diamo un'altra pillola. Tanto, tra quelle che già prende, non se ne accorgerebbe mai."
Meredith nasconde un lieve sorriso mentre Emma si asciuga le mani e lascia lo strofinaccio sul bordo del mobile, appoggiandosi ad esso con il sedere. La musica continua a scorrere alla radio, così Emma si gira in quella direzione, muovendo la testa al ritmo delle nuove canzoni uscite ormai da due mesi. Fa scorrere poi gli occhi sul telefono cellulare che il padre ha comprato mesi prima, così grande e difficile da gestire. Lo afferra con la mano, controllando tutti i tasti e sfiorandoli con un dito. "Quindi non è collegato a niente" dice, girandoselo nel palmo della mano.
La madre, stanca, muove una sedia e vi si getta sopra, annuendo. "Sì. Ma non è poi così tanto manegevole."
"Lo vedo" dice, portandoselo all'orecchio e soppesandone il peso.
All'improvviso quella strana quiete viene smorzata dal campanello all'ingresso che coglie l'attenzione di tutti. Meredith lancia una rapida occhiata all'orologio, sollevando un sopracciglio. "Richard ha detto che sarebbe tornato solo alle sette" sussurra, vedendo le lancette battere sulle cinque del pomeriggio. La nonna si è finalmente addormentata. Così Emma va alla porta e vede attraverso lo spioncino chi ci sia lì davanti. Quando il suo sguardo incontra un paio di occhi scuri, dei capelli cresciuti sulla fronte, delle labbra rosee e un neo sotto l'occhio, si sente ghiacciare il sangue nelle vene e aggrotta le sopracciglia. Sbatte le palpebre mentre la madre si sporge malamente dalla cucina. "Chi é?" chiede, notando la figlia guardare ancora attraverso lo spioncino. La mano di Emma, intorno alla maniglia, trema e le sue labbra si separano leggermente di fronte l'impossibile.
Lui non può essere lì.
Ad un certo punto vede Richard apparire nella piccola visuale dello spioncino e si accosta al soldato, sorridendo a labbra strette mentre Stephen è visibilmente sulle spine. Ondeggia piano sui talloni, le mani sono strette dietro la schiena e le spalle dritte. Richard si abbassa su di lui, sussurrando qualcosa che non può sentire. Così Emma, in trepidazione, abbassa la maniglia e apre d'impeto la porta, bloccando entrambi i ragazzi. Richard le sorride, stringendo i suoi occhi azzurri in direzione della sorella, dopodiché fa un passo avanti ed entra in casa, appoggiando la mano sulla spalla esile di Emma che ha gli occhi fissi su Stephen Lodge lì, in piedi di fronte a lei, a Phoenix. Ha le labbra strette, la barba che gli raffina la mascella, una maglietta semplice e un pantalone scuro addosso, le mani adesso infilate nelle tasche del jeans.
Rimangono immobili l'uno di fronte all'altra senza osare compiere un solo passo. Richard solleva un sopracciglio. "E' proprio lui, eh? Sono andato a prenderlo all'aeroporto, altro che uscita con vecchi amici" dice, sorridendo e spingendo la sorella in avanti. Meredith si alza in piedi, sentendo la voce del figlio e corre verso l'ingresso, rimanendo stranita di fronte la scena. Emma prende un ampio respiro e si getta addosso a Stephen, stringendolo contro il suo corpo più esile di quello del soldato. Stephen la mantiene forte con le mani sulla schiena e se la porta quasi in braccio per quanto riesce a sollevarla.
Meredith vede Richard accostarsi a lei. Il ragazzo si abbassa sulla madre. "Ricordi quel soldato di cui ti ho parlato in qualche lettera? Bene, è lui."
Emma scosta la sua testa dalla spalla del soldato e lo vede in viso, sporgendosi su di lui per dargli un bacio rapido sulle labbra. "Cosa ci fai tu qui?" dice, rimettendo i piedi per terra e accarezzandogli le spalle possenti. "Mi avevi detto di dover stare a Londra con i tuoi."
Il soldato scuote la testa. "Ti ho detto di dover stare con i miei, ma non dove."
Emma sbatte le palpebre. "Non ti capisco."
"Hanno deciso di volare in America per le vacanze pasquali, soggiornando una settimana a Meda. Ovviamente, essendo per la prima volta entrambi nello stesso continente, non potevo non venire qui." Dopodiché Stephen sposta Emma e la supera, entrando dentro casa e fermandosi di fronte la signora Jensen. Si piega leggermente in avanti, allungando una mano. "Sono Stephen Lodge. E' un enorme piacere conoscerla."
Meredith rimane un attimo perplessa mentre Emma rientra in casa e si chiude la porta d'ingresso alle spalle. E' a disagio e vede la madre essere nella stessa condizione. Meredith allunga la sua mano e stringe quella del soldato.
"Lui lavora con me" dice subito Richard, soccorrendo la situazione. "Siamo nello stesso accampamento da ormai quattro anni."
"Piacere mio, signor Lodge" dice Meredith, sorridendogli. Sposta gli occhi su Emma e la figlia le si accosta, prendendo poi la mano di Stephen e stringendola nella propria.
"Forse dovresti svegliare la nonna" dice, leccandosi le labbra. Sente le dita del soldato stringersi intorno alle sue per confortarla. "Perché sto portando un uomo a casa e credo proprio che non vorrebbe perderselo" dice, abbozzando allora un sorriso.
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The bullet
General FictionSettembre 1983. Emma Jensen, giovane infermiera americana, viene chiamata per lavorare in una struttura ospedaliera in Pakistan. Abbandonata la vita a cui è abituata, si stabilisce in uno dei tanti accampamenti allestiti in quella zona di guerra, ri...