1. Non sei un Super Saiyan

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All'età di undici anni, Adalrico Merlo aveva per la prima volta visto un match di wrestling. Non era stato un match particolarmente bello, bisognava dirlo, poiché i due atleti, due pelati molto in carne vestiti con tutine di spandex rispettivamente rossa e blu, si erano praticamente presi a schiaffi per un quarto d'ora finché uno dei due non si era buttato a terra e l'altro gli era saltato sopra e lo aveva schienato. Uno, due e tre, l'arbitro aveva battuto al tappeto il palmo per tre volte e il match era finito, con la vittoria del pelato dalla tutina blu.

Adalrico, senza bisogno di scambiare una sola parola con suo padre che era seduto accanto a lui, aveva pensato che quello sport fosse la cosa più stupida mai esistita ed era tornato a guardare i cartoni animati. Ricordava chiaramente come Dragonball gli fosse parso assai più esaltante di quello scontro fra persone vere, così come ricordava chiaramente di essersi ripromesso di non vedere mai più un match di wrestling in vita sua.

E ora, all'età di ventitré anni, Adalrico stava in piedi su un ring di fronte al pubblico non certo nutrito di una piccola arena, sorridendo al ricordo del suo primo approccio con quello sport che ora era diventata tutta la sua vita.
Inspirando l'aria calda che sapeva del sudore di chi aveva combattuto prima di lui, il giovane uomo aveva sentito sé stesso fremere di impazienza, nell'attesa che il suo avversario entrasse, con le mani contratte, sforzandosi di non saltellare e di non tradire la sua eccitazione in alcun modo. Il pubblico non doveva vedere, il pubblico non doveva sapere che era umano come loro.

L'illuminazione era scarsa e bianchissima, al neon. Dire che si trovavano in una piccola arena era piuttosto generoso, a dire il vero, visto che in realtà si trattava di una grossa palestra e che il ring non si trovava neppure al centro della sala, ma a ridosso di un muro, con la maggior parte del pubblico che poteva vedere solo un lato del ring.

Il presentatore, un ragazzo snello dai capelli neri e un completo elegante, gridò nel microfono

«Ora introduciamo lo sfidante, due volte campione della federazione nonostante la sua giovanissima età, Andreaaaaas!».

E dal fondo della palestra, Andreas arrivò. Era probabilmente poco meno che diciottenne e lo dimostrava completamente: era moderatamente muscoloso, con un volto fortemente adolescenziale e un accenno di acne. Indossava pantaloncini corti, rossi e neri, stivaletti alti, paragomiti e ginocchiere.

«Andreas non sembra affatto intimidito dalla taglia dell'Avvoltoio» Disse il commentatore, senza molta convinzione.

Adalrico si costrinse a non sorridere di compiacimento nell'udire il proprio nome. L'Avvoltoio. Allargando un po' le braccia, per sembrare ancora più grosso, andò incontro ad Andreas che stava salendo sul ring. Non che ne avesse bisogno: Adalrico era molto più alto e più grosso del suo avversario, con il suo metro e novantadue contro il solo metro e settantasei di Andreas.

«L'avvoltoio però lo minaccia, lo minaccia!».

Andreas sorrise, invece. Aveva un'espressione dolce, giovanile.

«Ciao, Avvoltoio» Disse, sottovoce. Nessun altro, eccetto Adalrico, poteva sentirlo.

Il pubblico cantava «Violenza! Violenza! Violenza!».

«Ciao, Andreas» Rispose Adalrico, gentile.

Fu in quel momento che Andreas girò su sé stesso come una trottola e lo colpì con un calcio allo stomaco, completamente inaspettato, urlando «Schiatta e mangia te stesso, Avvoltoio!».

Questa volta il pubblico lo aveva udito eccome!

Adalrico avrebbe tanto voluto fingere di non aver accusato il colpo, essere stoico, invitare il suo avversario a colpirlo di nuovo, ma il suo corpo si mosse da solo e si piegò in due con un gemito. Andreas lo percosse nuovamente, con un calcio agli stinchi che gli fece perdere l'equilibrio e lo scaraventò al tappeto.

«L'Avvoltoio è al tappeto!» Esclamò il commentatore «Oh mio Dio! Andreas sta salendo sulle corde, è velocissimo, come una scimmia!».

Adalrico cercò di alzarsi, ma prima ancora che riuscisse a mettersi in ginocchio sentì il suo avversario atterrargli contro la schiena con entrambi i piedi, mozzandogli il fiato e facendolo contrarre nuovamente per il dolore.

«Un doppio stomp! Un doppio stomp contro l'Avvoltoio! Questa sera Andreas è proprio scatenato, non gli dà neanche il tempo di reagire!».

Adalrico, ansimando, rotolò su un fianco: non era riuscito a mettere a segno un solo colpo e non era certamente una cosa che si sarebbe aspettato. Questo era il suo quarto match e di certo non si sarebbe immaginato di essere preso a calci in quel modo da un ragazzino così piccolo.

«Andreas...» Ansimò «...Dammi un attimo di tregua, non è spettacolo questo...».

Il pubblico non sembrava d'accordo: stavano tutti urlando il nome dell'avversario e nessuno era dalla parte dell'Avvoltoio.

«Sei solo un bestione idiota» Gli sputò contro Andreas «Non ti meriti la mia compassione».

Adalrico si mise a quattro zampe, ma Andreas lo colpì con un calcio al fianco e con un altro ancora finché non lo ebbe rigirato pancia all'aria, poi lo guardò con un sorrisetto furbo. Stava preparando qualcosa e Adalrico lo sapeva, ma non ebbe il tempo di spostarsi o di reagire prima di essere colpito dal corpo dell'avversario che si era girato di spalle e aveva compiuto un salto mortale al contrario atterrandogli contro il petto.

«Uno standing moonsault dal nulla!» Gridò il commentatore, incredulo «Non gli dà neanche il tempo di reagire, ragazzi!».

Andreas rimase sopra il corpo di Adalrico, afferrandogli una gamba da dietro il ginocchio per sollevarla e usandola come leva per bloccarlo al suolo.

«Rimanici» Ringhiò «Altrimenti ti do il resto, bestione».

L'arbitro era già lì a terra, accanto a loro, con il palmo che batteva contro il tappeto vicino all'orecchio di Adalrico, rintronandolo con il rimbombo.

«UNO!».

Adalrico ricordò a sé stesso che era l'Avvoltoio. Il suo avversario chi era? Un ragazzino qualunque, con una tecnica grezza, senza personaggio, senza carisma, che senza alcuno schema riempiva di botte l'avversario al fine di sfiancarlo. Andreas non sarebbe mai diventato qualcuno, si disse.

«DUE!».

E lui, invece? L'Avvoltoio aveva il potenziale. L'avvoltoio aveva la stoffa, la grinta, il carisma. Aveva già persino firmato degli autografi. E soprattutto l'Avvoltoio stava vivendo per il suo sogno, quello di diventare la più grande leggenda del mondo.

Così Adalrico raccolse tutta la forza dei suoi poderosi, guizzanti muscoli dorsali e addominali e si lanciò verso l'altro.

«TRE!» Disse l'arbitro, un momento prima che Adalrico riuscisse a rialzarsi.

Andreas gli diede una spintarella contro il petto, ridendo sguaiatamente

«Sfigato!» gli disse «Che sfigato!».

L'Avvoltoio rimase lì, seduto tristemente sul tappeto del ring, guardando quel ragazzino dall'aspetto grazioso e dal cuore di pietra che si allontanava insieme alle sue speranze e con in sottofondo una canzone metal dal testo decisamente sopra le righe.
Come avrebbe potuto realizzare il suo sogno se un piccoletto diciottenne l'aveva martoriato in quel modo?

«Vittoria schiacciante per Andreas!» Esclamò il commentatore «Fino ad ora imbattuto! E dovete considerare che ha appena diciassette anni, questo è il nostro talento nascente!».

L'Avvoltoio dovette correggersi mentalmente: come avrebbe potuto realizzare il suo sogno se un piccoletto diciassettenne l'aveva martoriato in quel modo?

E questa era la vita vera, non poteva semplicemente cambiare canale e guardare i cartoni animati, non più di quanto potesse diventare un super saiyan.


L'Ombra di un Cappello - 1. Non sei una superstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora