«Senti, mi hai rotto. Veramente, basta, mi stai sempre addosso! Sarò libera di uscire con le mie amiche a ballare una sera, cazzo!» gli urlai mentre lui cercava di impedirmi di rientrare nel locale afferrandomi il polso.
«Ti ho rotto io? Guarda come sei vestita, una non va in discoteca conciata così se non vuole rimorchiare!» mi sputò addosso, cercando di tirarmi lontano dall'entrata.
Mi liberai con uno strattone. «Vestita così? Stai scherzando, vero? Mi puoi dire tutto, tranne che sono vestita da troia, cazzo. Ma poi in che secolo pensi di vivere, nel 1800? Io mi metto quel cazzo che mi pare, quando mi pare! Ehi, tu con il cappello!» gridai a un ragazzo che stava fumando fuori dal locale «Ti sembro vestita come una che vuole rimorchiare?».
Il ragazzo si girò verso di noi, aveva un borsalino nero sopra i capelli castani che gli arrivavano alle spalle, era truccato di nero, portava orecchini piumati da gitano, una giacca nera e una camicia a fiori. Non rispose subito, buttò fuori il fumo da un angolo della bocca con una smorfia e si prese due secondi per osservarmi da capo a piedi con uno sguardo scettico e un mezzo sorriso. Era un'espressione così impostata che vennero in mente i consigli del mio insegnante di teatro del liceo.
«A me pari 'na catechista» disse alla fine.
«Visto?» dissi esasperata a Matteo.
«Quello è frocio» rispose lui.
«Senti, non mi interessa. Tu non puoi venire qui a rompermi i coglioni mentre mi faccio gli affari miei. E mettiti in testa che se pensi di comportarti in questa maniera hai sbagliato ragazza. Io non mi faccio mettere le catene dal primo stronzo che passa.»
Cercavo di tenere il tono di voce il più educato possibile. Avevo conosciuto Matteo tre settimane prima. Era un bel tipo, faceva la mia stessa scuola e veniva dal nord come me. Ci piacevano gli stessi film e avevamo girato Roma insieme come dei veri turisti, visto che entrambi c'eravamo appena trasferiti.
«Sai cosa? Il primo stronzo che passa se ne va!» disse e si incamminò per la strada.
«Bravo, a mai più rivederci!» gli urlai dietro.
Per tutta risposta lui, senza nemmeno voltarsi, gridò: «Troia!».
«Troia io? Ma cazzo, brutto coglione misogino maschilista. Maniaco possessivo. Tutte a me, porca troia» iniziai a borbottare con la sigaretta fra le labbra mentre cercavo di trovare l'accendino in tasca.
«Aò, tutt'apposto?» Era il ragazzo di prima, quello con il cappello che sembrava un attore. Aveva di nuovo un'espressione penetrante e teatrale, ma sembrava aver meno l'aria da sbruffone questa volta.
«Aspetta, ma io ti conosco» dissi, smettendo di rovistare nei pantaloni. «Perché ti conosco?» gli chiesi come una stupida, poi mi colpii la fronte con il palmo della mano: «Oh cavolo, tu sei quel tizio, quel cantante di X Factor, vero?»
Lui rise. «Cavolo, mi era piaciuto un botto il tuo numero sui tacchi, sai? Sei stato una bomba... Dove diamine ho messo l'accendino...»
«Tieni» disse, sfoderando il suo. Mi accese la sigaretta e poi ne accese una per sé. «Grazie, davvero tu e il tuo gruppo siete forti. Siete così fichi e sicuri di voi stessi, vi invidio molto...»
«Tutt'apposto?» richiese lui. Stavo straparlando e si vedeva benissimo. Lo guardai un attimo: era alto un paio di centimetri più di me ed era meno bello di come appariva in televisione. Aveva la pelle pallida, un brufolo sul naso storto, il trucco leggermente sbavato e delle occhiaie da tossicodipendente simili alle mie. Una parte del mio cervello si chiese se fosse il caso di chiedergli una foto o un autografo o un video.
«Oh sì, ho solo litigato con un tipo. Non era il mio ragazzo, uscivamo da due settimane. Un vero stronzo. Chi diamine viene a controllare come sei vestita quando sei in discoteca con le tue amiche a farti i cazzi tuoi?» La rabbia tornò a salirmi agli occhi e mi ritrovai a tirare su con il naso un paio di volte. Calpestai come una bambina che fa i capricci le foglie che incrostavano il marciapiede e guardai da un'altra parte per non fargli vedere che mi stava venendo da piangere.
«Era qua a vedere che facevi? Che coglione. Meglio che sia finita allora.»
«Direi. Non sono triste, sono solo incazzata nera. Come sempre in queste cose sono un disastro. Conosco un tipo ed è pazzo. Deve essere una maledizione.» Tirai su con il naso di nuovo. «Scusami, non volevo annoiarti con queste stronzate da quindicenne, giuro che di solito sono più brillante.»
«Ma va, non te scusa'. Me fa piacere starte a senti', se no non t'avrei chiesto niente.» Iniziai a ridere. «Che è?» mi chiese sorpreso.
«Il tuo modo di parlare mi fa morir dal ridere.»
«So coatto» rise e fece spallucce «Te di dove sei?».
«Milano» dissi, e suonava come una scusa.
«E come te chiami?»
«Jo.» Non allungai la mano per stringerla e non lo fece nemmeno lui.
«Damiano» disse, probabilmente per abitudine.
«Come se non sapessi come ti chiami» risi io. Avevamo finito di fumare e io stavo congelando.
«Ti va di bere qualcosa?» gli chiesi dal nulla. Non capita tutti i giorni di incontrare un cantante famoso per strada e non avevo molta voglia di tornare in pista a ballare con le mie amiche. «Anzi, tu sei maggiorenne?»
«Mazza, sei simpatica oh. Va bene, dai. Non posso mica lasciarte da sola con il cuore infranto.»
«Ma quale cuore?» risposi, ma non mi sentì.
Ci avvicinammo all'entrata infilandoci fra la gente accalcata a fumare. Ogni secondo mi giravo a vedere se lui mi stava seguendo davvero o se era uno scherzo, visto che un tipo famoso di solito non prende da bere con una tipa come me.
«Comunque non pari 'na catechista. Prima stavo a scherza'. Sei solo vestita come mi vesto io de solito» mi disse all'orecchio non appena fummo dentro e riuscimmo a stare più vicini. La sua mano scivolò sulla porzione di pelle della mia schiena lasciata scoperta dalla maglia e le sue dita congelate mi fecero rabbrividire.
Indicai la mia dolcevita nera, i miei pantaloni da uomo tenuti a vita alta e le mie college con le nappine e la suola alta. L'unico dettaglio femminile era lo scollo sulla schiena, che era comunque sempre coperto dai miei capelli lunghi. Gli sorrisi: «Cioè, mi stai dicendo che mi vesto da uomo?» chiesi facendo finta di essere offesa.
«O che io me vesto da donna» e sempre con la mano fredda sulla mia schiena mi spinse tra la folla verso il bancone.
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Romance[...]Ehi tu con il cappello!» gridai a un ragazzo che stava fumando fuori dal locale «Ti sembro vestita come una che vuole rimorchiare?». Il ragazzo si girò verso di noi, aveva un borsalino nero sopra i capelli castani che gli arrivavano alle spalle...