Aria

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Ciao regà, scusate l'assenza prolungata. Non ho più scritto nulla su Wattpad e per questo mi merito tanti insulti, ma ora sono tornata. Fatemi sapere nei commenti se vi piace il nuovo capitolo. Nel prossimo ci sarà un po' di dolcezza, non preoccupatevi. XOXO

Leo se ne era andato da un paio d'ore e io stavo già affogando dentro me stessa. Nella strada da Termini a casa avevo cercato di non piangere, ma appena entrata nell'appartamento vuoto, Sara era già partita, mi ero lasciata cadere sul divano in uno stato catatonico: ero di nuovo sola. Sola, abbandonata e vuota.

Mi chiedevo quando e se avrei mai avuto la certezza di non essere più abbandonata a me stessa, quando sarei stata amata davvero da qualcuno. Dalla mia famiglia, da un ragazzo, dagli amici. Mi sentivo irrimediabilmente sola: se fossi morta in quel momento nessuno se ne sarebbe accorto.

Il campanello suonò, erano le nove. Probabilmente qualcuno aveva sbagliato citofono. Il campanello suonò di nuovo. Mi alzai spazientita e andai a rispondere: -Chi è?- chiesi con la voce roca che trasudava irritazione.

-So' Damiano, t'ho scritto ma non rispondevi, visto che c'ero so' passato.-

Tentennai un attimo: volevo stare da sola e piangere tutta la sera perché mi sentivo sola. Questo volevo, Damiano non faceva parte del piano.

-Che te sei addormentata? Famme salì che si gela-

Aprii senza rispondere, sarebbe stato solo una seccatura in più trovare una scusa per non vederlo, non appena in casa gli avrei spiegato che non avevo voglia e ciao.

Lasciai la porta socchiusa e andai in cucina a mettere su l'acqua per il tè, non avevo nemmeno cenato a pensarci.

-Ciao- disse Damiano dietro di me. -Stavi per uscire?- mi chiese. Solo in quel momento notai che ero ancora vestita dal pomeriggio.

-No, sono appena rientrata- mormorai.

-Stai bene?- chiese. Avvertivo il suo sguardo addosso, ma non alzai la testa mentre armeggiavo con il barattolo del tè.

-Porca puttana.- Esclamai quando mi scivolò di mano e le foglie si rovesciarono sul ripiano della cucina.

Posai tutto e strinsi con le mani il bordo del mobile, stavo per esplodere. Mi costrinsi a respirare profondamente, contavo fino a undici e espiravo. Uno, due, tre, quattro...

-Tutto bene?- ripeté Damiano.

-Benissimo- sputai.

Lo sentii poggiare la giacca sulla sedia e avvicinarsi a me.

-Non mi toccare.- dissi con uno scatto molto più brusco di quello che avrei voluto. Lo sentivo arrivare, avevo la vista annebbiata e il cervello caldo, il respiro mi si strozzava in gola.

-Forse è meglio se ci vediamo un'altra volta.- disse cauto, la sua voce sembrava offesa. Non c'eravamo visti per una settimana dato che Leo era stato da me, lui era stato carino a passare per salutarmi, di sabato sera per giunta.

-Sì.- dissi senza voltarmi, sapevo che se l'avessi guardato in faccia mi sarei messa a piangere.

Lo sentii uscire, mentre scivolavo pian piano sul pavimento. La testa mi rimbombava e pesava così tanto da spezzarmi il collo. Stavo per morire di nuovo.

-Senti, sei sicura che non hai bisogno?- chiese Damiano tornando indietro. Non appena alzai la testa su di lui, in piedi all'ingresso della cucina, la mia gola si contorse ancora di più, cercai di parlare: doveva fare qualcosa perché stavo soffocando, doveva chiamare l'ambulanza, un dottore, infilarmi le dita in gola per allargarla.

Al mio sguardo terrorizzato, Damiano ributtò la giacca sulla sedia e si chinò su di me: - Jo, non stai respirando.- disse agitato:- Respira-.

Cercavo di parlare, per dirgli che era normale e che doveva stare tranquillo, ma il mio corpo non rispondeva e la familiare sensazione del sangue che mi colava dalle dita delle mani mi aveva completamente bloccato i polmoni.

-Mi... fa male...- riuscii a dire, quasi vedevo le bolle d'aria che avevano formato le mie parole in mezzo all'acqua, la mia cucina era diventata una piscina olimpionica.

-Dove? Dove ti fa male?-

-La... testa...- piansi, le lacrime uscirono a fatica e il petto mi si lacerò.

-Hai una medicina per il mal di testa? Un moment, qualcosa...- fece per alzarsi a cercare, ma mi aggrappai con una mano alla sua manica. Lui non mi avrebbe lasciato sola, lui era lì, era lì per me, non poteva andarsene.

Lentamente, quasi avesse paura di me, Dam mi prese fra le braccia. Senza dubbio pensava che non gliel'avrei permesso, invece affondai il viso nella sua spalla e iniziai a singhiozzare forte. Sentivo il sollievo del mio corpo che pian piano tornava alla vita, le mie mani non perdevano più sangue, l'aria circolava nel mio cervello e i muscoli mi si stavano sciogliendo. Tra poco, tutto sarebbe finito e io sarei stata stanca morta, ma felice, ma viva.

Damiano mi accarezzava i capelli, mentre a poco a poco smettevo di piangere:- Grazie- gli sussurrai sul collo.

-Figurati- rispose. Sorrideva appena.

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