POV DAMIANO
Chiuse gli occhi accoccolandosi tra le mie braccia e tenendomi stretto.
-'Mo che stai a fa?- le chiesi chinandomi sul suo viso. Strisce di ombretto sbavato le attraversavano le guance, sulla mia camicia le macchie delle sue lacrime.
-Dormo- rispose sorridendo come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Dormi? Ma se so' le nove e poi non si dorme sul pavimento della cucina.- La rimproverai. Ero sconcertato, come quella volta in discoteca non avevo saputo cosa fare, non sapevo cosa fare. Il suo corpo sul mio, il petto le si alzava e si abbassava lentamente, si stava addormentando per davvero? Non sapevo cosa fare, cosa chiederle, come comportarmi. Avevo cercato su internet le fasi delle crisi di panico e le avevo viste succedersi sul suo viso, forse sarebbe stato più utile fare ricerche sul come aiutare una persona in crisi di panico.
Ero passato da lei un attimo, prima di uscire, perché per colpa di quello sfigato del suo amico non ci eravamo visti per una settimana e ora mi sentivo come investito, privo di energie. Probabilmente anche lei si sentiva così visto che voleva dormire.
-Vie' ti porto in camera.- Le dissi, alzandomi.
-Ci vado da sola- disse, riacquistando il suo solito tono. -Se vuoi andare vai, non sei obbligato a rimanere, scusa per stasera, volevo anche io rivederti, ma poi... ora poi non sono in vena e sono troppo stanca per uscire, quindi...- blaterò raccogliendo il tè rovesciato per farne una tazza. -Vuoi una tazza di tè prima di andare?- mi chiese sforzandosi di avere un tono normale.
-No, grazie devo ancora cenare.-
-Anch'io- rispose con un sorriso triste, stringendosi nelle spalle.
-Ordiniamo una pizza?- proposi. Avevo detto agli altri che sarei uscito tardi in ogni caso.
-Una pizza?- Mi guardò come se fossi un alieno.
-Una pizza, non ti piace la pizza?- le chiesi ridendo.
-No, mi piace, ma sei davvero sicuro di voler mangiare una pizza a casa con me di sabato sera?- mi chiese alzando un sopracciglio.
-Sì, che c'è di male, ho già detto agli altri che esco dopo.-
-Okay. Vado a cambiarmi, nel frattempo se vuoi prenotare, io voglio la pizza con le olive nere.- disse lasciandomi sul tavolo il suo cellulare e il volantino della pizzeria e sparendo dietro la porta.
Olive nere? Non avevo mai sentito nessuno scegliere una pizza alle olive nere, e cedere il proprio cellulare così di buon grado. Come sfondo c'era la scena di un anime e due messaggi in sospeso, uno mio e uno dell'amico sfigato. Lessi l'anteprima: "Grazie per questa settimana è stato...". Che sfigato.
Quando Jo uscì dal bagno, struccata, pulita e con i vestiti per casa, io ero sul divano ad annoiarmi scorrendo la home di instagram: -Se po' sapè perché in sta casa non ce sta la televisione?- le chiesi.
-Non la guardo. Ma se vuoi ti presto il computer.- Stava in piedi all'ingresso della sala, come se non volesse sedersi sul divano di fianco a me. Alla fine lo fece comunque, appollaiandosi sul bracciolo opposto a quello dove ero stravaccato io.
-Non te magno eh.- commentai.
Lei sorrise appena e si avvicinò leggermente: -Senti, credo che io ti debba una spiegazione visto che è la seconda volta che assisti a una delle mie scenate. Sono una persona normale, non sono pazza o malata di mente, ho le crisi d'ansia da quando faccio il liceo e mi vengono quando persone che non conosco o di cui mi fido mi toccano e quando mi sento molto triste e in ansia come stasera- mi spiegò come se fossi un bambino delle elementari.
-Per cosa sei triste stasera?-
-Diciamo che soffro un po' della sindrome dell'abbandono.-
-Non avevi detto che era un tuo amico?-
-Leo è il mio migliore amico, diciamo che quando sono tornata a casa ero così sola che sono uscita di testa... se fossi morta in quel momento nessuno se ne sarebbe accorto- sussurrò.
Se fossi morta in quel momento nessuno se ne sarebbe accorto? Non avevo mai avuto un pensiero del genere e provai una fitta al petto a sapere che qualcuno potesse pensare una cosa così terribile di sé stesso.
-Posso toccarti adesso?- le chiesi.
Lei annuì scivolando verso di me. Le diedi un bacio sulle labbra, lento e gentile, come se lei fosse la mia ragazza, cercando di farle capire che mi dispiaceva per lei. Quando ci staccammo, guardò da un'altra parte, per la prima volta da quando l'avevo conosciuta sembrava in imbarazzo.
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Romansa[...]Ehi tu con il cappello!» gridai a un ragazzo che stava fumando fuori dal locale «Ti sembro vestita come una che vuole rimorchiare?». Il ragazzo si girò verso di noi, aveva un borsalino nero sopra i capelli castani che gli arrivavano alle spalle...