La ragazza in dolcevita

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POV DAMIANO

«Aò Cobra, ebbasta rubarmi le sigarette, compratele e se mamma te becca so' cazzi tuoi» dico a Thomas che per la quarta volta mi sfila il pacchetto dalla tasca.

«Oh dai, cazzo, Damiano, non fare il braccino corto.»

«Se le finisco me le vai tu a comprare...» dico e gli prendo la testa per sfregargliela con le nocche.

«Ehi, tu con il cappello!» Mi giro e lontano dalla folla sul marciapiede c'è una ragazza alta e pallida che non ho mai visto prima. Ha la faccia parecchio incazzata, ma prima che posso chiederle che vuole, mi domanda: «Ti sembro vestita come una che vuole rimorchiare?» La guardo meglio, ha addosso una dolcevita nera e un paio di pantaloni grigi che le stanno larghi sulle gambe: non esattamente i vestiti che qualsiasi donna sceglierebbe per una serata in discoteca. Mi viene da sorridere, in confronto alla quantità di pelle che lasciano scoperte le ragazze della mia età, quella tipa sembra una suora di clausura.

Glielo dico: «A me pari 'na catechista». La ragazza non accenna nemmeno ad offendersi o a insultarmi, anzi, si volta verso il ragazzo che è con lei come se avessi appena rivelato qualcosa di ovvio. Li osservo mentre litigano, lui se ne va. Lei gli urla qualcosa che non capisco, ma in risposta, rimbomba in tutta la via l'insulto di lui: «Troia!».

Anche Thomas si è accorto della scena: «A Damia' che succede?».

«Niente, vado a vedere come sta» dico incamminandomi verso la ragazza.

«Fatte trova' qui fuori dopo, eh» mi grida dietro.

Mentre mi avvicino, la sento borbottare una sfilza infinita di insulti, mentre si tasta le tasche. Ha in bocca una sigaretta e non si è accorta di me.

«Aò, tutt'apposto?» le chiedo cogliendola di sorpresa. Alza lo sguardo su di me e si toglie dalla faccia i capelli lunghi, nonostante sia truccata, sembra che non abbia dormito da settimane.

«Aspetta, ma io ti conosco. Perché ti conosco?» mi chiede, guardandomi corrucciata per un attimo. «Oh cavolo, tu sei quel tizio, quel cantante di X Factor, vero? Cavolo, mi era piaciuto un botto il tuo numero sui tacchi, sai? Sei stato una bomba... Dove diamine ho messo l'accendino...»

Tiro fuori il mio e faccio comparire la fiamma vicino al suo viso: «Tieni». Mentre si accende la sigaretta sembra far attenzione a non toccarmi la mano. Le sue dita tremano leggermente, probabilmente per il freddo, o per il nervoso.

«Tutt'apposto?» ripeto. Sembra un po' fuori fase e ora le vibrano anche le spalle.

«Oh sì, ho solo litigato con un tipo. Non era il mio ragazzo, uscivamo da due settimane. Un vero stronzo. Chi diamine viene a controllare come sei vestita quando sei in discoteca con le tue amiche a farti i cazzi tuoi?» dice sorridendo, ma i suoi occhi si fanno più lucidi. Guarda da un'altra parte per riprendere il controllo di sé.

«Era qua a vedere che facevi? Che coglione. Meglio che sia finita allora.» Che frase inutile, sono proprio d'aiuto, cazzo.

«Direi. Non sono triste, sono solo incazzata nera. Come sempre in queste cose sono un disastro. Conosco un tipo ed è pazzo. Deve essere una maledizione. Scusami, non volevo annoiarti con queste stronzate da quindicenne, giuro che di solito sono più brillante.»

«Ma va, non te scusà. Me fà piacere starte a sentire, se no non t'avrei chiesto niente»

Lei inizia a ridere. «Che è?» le chiedo.

«Il tuo modo di parlare mi fa morir dal ridere.»

«So coatto. Te di dove sei?».

«Milano» dice, ma non sembra molto felice che le abbia fatto quella domanda, perciò non le dico che a me Milano ha fatto schifo.

«E come te chiami?» le chiedo, cambiando discorso.

«Jo» dice stringendosi le braccia al petto, ma non mi dice il nome completo.

«Damiano.»

«Come se non sapessi come ti chiami» risponde con una risata. Sembra più serena di prima anche se continua a massaggiarsi le braccia per conservare un po' di calore o di stabilità.

«Ti va di bere qualcosa?» mi chiede di botto, quasi non fosse stata davvero sua intenzione chiedermelo. «Anzi, tu sei maggiorenne?» Mi sta prendendo in giro e mi piace, non sembra trattarmi in modo diverso solo perché io sono stato in televisione e lei no. Da quando sono tornato da X Factor persino mia mamma mi guarda in modo diverso, come se non fossi suo figlio, ma un attore famoso che ha deciso di prenderne le sembianze. Probabilmente questa tipa ha altro per la testa e non mi ha chiesto una foto o un autografo perché non c'ha pensato, oppure non le piaccio e l'entusiasmo di prima era solo cortesia.

«Mazza, sei simpatica oh. Va bene, dai. Non posso mica lasciarte da sola con il cuore infranto» e le faccio cenno con un inchino di fare strada verso l'ingresso. Lei si incammina, ma spesso si gira a cercarmi con lo sguardo e ogni volta che è sicura che io sia dietro di lei fa un sorriso imbarazzato.

«Comunque non pari 'na catechista. Prima stavo a scherza'. Sei solo vestita come mi vesto io de solito» le dico una volta dentro, avvicinandomi al suo orecchio per farmi sentire nel frastuono del locale. Appoggiando la mano sulla sua schiena, le mie dita le sfiorano la pelle nuda che la maglia le lascia scoperta e che non avevo notato sotto i capelli.

«Cioè, mi stai dicendo che mi vesto da uomo?» mi chiede lanciandomi un'occhiata maliziosa.

«O che io me vesto da donna.»

Si mette a ridere e la risata dal suo torace passa attraverso le mie dita e per un secondo sento le sue costole, i muscoli che tremano, l'aria che le riempe il petto e la sua spaventosa fragilità.

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