Capitolo 9

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Sebastian

"Sebastian!" Gridò Katherine ormai piangente, venendo nella mia direzione. Le corsi incontro, prendendole il viso tra le mani.

"Katherine, guardami, la troveremo, ok?" Dissi convinto di quello che stavo dicendo, mentre le asciugavo le guance.

Odiavo vederla così. "Non ne sono sicura" sussurrò con voce rotta dal pianto.

La guardai tristemente. Avrei riportato a casa Eveline, anche a costo della mia vita.

"Perché dici questo?" Chiesi, mentre aggrottavo la fronte.

"Hai visto Halem come sa usare i suoi poteri? Avrà sicuramente pensato a un trucco per non farci trovare Eveline" rispose, mentre altre calde lacrime le rigavano il viso.

Aveva ragione, noi non sapevamo cosa Halem avesse fatto. Sospirai e la abbracciai.

Al contatto con la mia pelle, la sentii rilassarsi, così come il sottoscritto. La sua tristezza diminuì ma non del tutto.

«La troveremo, Halem, preparati».

Eveline

Ero seduta nell'angolo della prigione a piangermi addosso, quando una voce mi chiamò.

Quest'ultima era stridula, faceva paura.
Mi girai e vidi un uomo anziano, nella cella confinate con la mia, pelle e ossa.

Deglutii, sembrava un mostro, era inquietante.
"Avvicinati" disse, mentre i suoi occhi diventavano di un rosso lucente.

Mi avvicinai, ero come in trans, i suoi occhi stavano guidando ogni movimento del mio corpo.

Scossi la testa, mentre cercavo di indietreggiare.

Non feci in tempo ad allontanarmi che mi prese il braccio e cominciò a succhiarmi il sangue.

Le sue mani luride e scheletriche mi tenevano saldo il il polso, mentre i suoi denti erano dentro la mia carne.

Era un lurido vampiro. Gli tirai un pugno in viso così forte da farlo staccare da me e mugugnare di dolore.

Indietreggiai e, a causa del pavimento roccioso, mi procurai dei tagli sul corpo abbastanza profondi.

Gemetti di dolore, mentre del sangue usciva dalle ferite aperte.

Il vampiro si avventò sulle sbarre con ancora le zanne sguainate e il contorno della bocca ricoperto di sangue, del mio sangue.

Gridai dal nervoso. «Halem!» pensai con le lacrime agli occhi. Non ce la facevo più, dovevo uscire da lì.

Non sapevo perché l'avevo chiamato. Ma sapevo che era l'unico che poteva tirarmi fuori di lì.

Come per magia il diretto interessato comparve davanti alla mia cella.

I suoi inconfondibili occhi dorati mi scrutavano.

Le sue labbra erano piegare in un ghigno divertito, ma nel profondo, grazie al legame, sentivo che provava dolore nel vedermi in quelle condizioni.

The Alpha King: The PrincessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora