Capitolo 1

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"Paralizzata. Bloccata in una gabbia creata da me stessa. Una gabbia da cui non posso uscire. Una gabbia che inizia a farsi sempre più stretta. Una gabbia che prima o poi mi soffocherà. Ma sono paralizzata e non riesco a reagire... non riesco a reagire perché ho paura... ho paura di vivere. E sono fottutamente stanca di tutto questo, vorrei solo che qualcuno mi capisse, che tu mi capissi"

Le risposte perfette non arrivano mai al momento giusto. Arrivano sotto la doccia o di notte quando proviamo ad addormentarci. E io avevo pensato e ripensato alla risposta che avrei dovuto dare a mia madre quando prima di partire mi chiese "Come ti senti?". Avevo elaborato la risposta perfetta come se potessi ritornare indietro per farle sapere ciò che sentivo realmente visto che in realtà ero stata una codarda e non le avevo risposto.

E ora eccomi qui, a rimuginare su ogni singolo frammento.

"Cambiare aria ti farà bene" disse mia madre quando le chiesi il motivo di questo nostro trasferimento. Cambiare aria? No, non faceva per me. Lei non può capire, dice sempre le solite cose: "La devi smettere di piangere, devi ricominciare ad uscire, devi ricominciare a mangiare, devi ricominciare a vivere...". Devi mai un perché. Eppure non si è mai preoccupata di fermarsi cinque minuti a parlare con me. Non si è mai preoccupata di chiedermi cosa provo. Non si è mai preoccupata del perché non sorrido più. Beh come biasimarla, la sua vita gira attorno a lei.
E pensare che domani dovrò iniziare il nuovo anno scolastico, scuola nuova e gente nuova; forse mia madre ha ragione, forse mi farà bene cambiare aria.

Bussarono alla porta interrompendo i miei pensieri. Entrò mia madre. Colei che crede di conoscermi ma che in realtà non sa niente. Lei che sembrava tanto uguale a me, ma solo di aspetto. Con quegli occhi cangianti, proprio come i miei, azzurri con striature verde acqua col sole e grigi con striature azzurre con la pioggia. Occhi stanchi, occhi che piangevano nel silenzio della notte. Tuttavia era qui che sorrideva, con il suo sorriso perfetto e con un elegante caschetto color cioccolato che le adornava il viso.

"Ancora non ti sei degnata di disfare le valigie" mi salirono i nervi a quelle parole
"No, tra poco lo faccio" annunciai secca
"Dai ti aiuto io" disse senza entusiasmo
"No, esci dalla mia stanza." pronunciai cercando di essere più rigida possibile.

"Ellie sono seriamente preoccupata per te... lo so che fa male e che ce l'hai con il mondo intero per quello che è successo a tuo p"
"No! Tu non sai proprio niente!" la interruppi arrabbiata.
Probabilmente non si aspettava tutto questo astio nei suoi confronti visto lo sguardo deluso che mi stava rivolgendo.
"Scusami, ma ho bisogno di stare un po' da sola, vado a fare un giro." dissi sentendomi in colpa per il mio comportamento, in fin dei conti aveva ragione, ce l'avevo con il mondo intero.

Scesi in fretta le scale, presi la borsa e uscii. Socchiusi leggermente gli occhi alla vista del sole, mi abituai e iniziai a guardarmi attorno.
Erano circa le 11:00 del mattino, il sole era alto in cielo, gli uccellini cinguettavano bramosi di cibo aspettando di essere nutriti dalla loro mamma. La casa si trovava su una piccola collina, svariati alberi la circondavano, alberi senza vita, alberi che un tempo dovevano essere stati maestosi e rigogliosi di foglie, alberi che urlavano in silenzio e a cui nessuno dava importanza perché tutti troppo sordi. Un velo di tristezza mi avvolse. Continuai a camminare tra gli alberi e scorsi una vecchia altalena appesa a uno di essi, una piccola altalena di legno. Sarà stata li inutilizzata da molto tempo, perché era piena di ragnatele. La raggiunsi, cercai di pulirla al meglio, mi ci sedetti sopra e cominciai a dondolarmi. Iniziai a contemplare la natura circostante, crogiolandomi del vento che scompigliava leggermente i miei lunghi capelli e del sole che mi accarezzava il viso. Al di là della mia casa si intravedevano numerose villette a schiera, tutte uguali, tutte di un giallo opaco, così spente da far venire inquietudine. Dietro quelle case si poteva vedere un piccolo bosco, questo però era pieno di vita con verdeggianti foglie che lo adornavano. Pensandoci bene questo luogo non era poi tanto male, se tralasciamo tutta la tristezza che emetteva.

Non ero mai stata una ragazza a cui piaceva visitare posti nuovi, però quel posto stuzzicava la mia curiosità. Mi incamminai nel paese, oltrepassai tutte quelle tristi case e mi introdussi nel bosco. Qui era come se il tempo si fosse fermato, bloccato da chissà quale forza sovrastante. Era tutto così silenzioso e affascinante. I rami venivano attraversati da tenui raggi di sole che mi riscaldavano il volto. Mi inoltrai sempre di più, fino ad arrivare dinanzi un piccolo lago, così quieto che si potevano intravedere numerosi pesci sguazzare in esso, inconsapevoli di poter diventare presto solo delle prede. Così piatto da rispecchiare ciò che lo circondava. Così generoso da ospitare svariate creature. Non aveva recinzioni o altri ostacoli che lo accerchiavano, quindi potevo benissimo avvicinarmi a sfiorare l'acqua.

Stavo ammirando quel delicato spettacolo che mi offriva la natura, quando all'improvviso notai che disteso ai piedi di una vecchia quercia c'era un ragazzo, immobile nel silenzio della natura.

Mi affrettai a vedere come stava, gli misi una mano sul petto per vedere se respirava e spalancò di colpo gli occhi. Caddi a terra per lo spavento emettendo uno stupido strillo. Mi ripresi dal panico e mi soffermai a guardarlo. Era un bel ragazzo, così bello da togliere il fiato. Aveva gli occhi più belli che avessi mai visto, così dorati da non sembrare veri, ma pieni di dolore come se avessero sopportato troppo e adesso ne avevano abbastanza. Aveva i capelli neri come l'ebano e la sua pelle era lievemente ambrata. Era strano, mi squadrava come se mi stesse analizzando, come un gatto che studia il topo prima di attaccare, come se potesse sentire l'odore della paura che stava invadendo il mio corpo, come se potesse leggere nella mia mente.

"C-chi sei?" chiesi un po' impacciata
"Io? Sei tu quella che mi ha appena svegliato." rispose seccato esaminando ogni mia minima mossa. "Scusa, mi avevi fatto paura, eri a terra, immobile. Controllavo se eri vivo."
Rimase un po' in silenzio, come se stesse registrando nella sua mente le mie parole.
"Che ci fai tu qui?" chiese in tono rigido e distaccato.
"Stavo visitando il bosco. Sai, mi sono appena trasferita e volevo visitare un po' il posto." risposi con aria titubante
"Non è un posto adatto a te." sentenziò
Non è un posto adatto a te? Non mi aveva mai vista e credeva di sapere quali erano i posti adatti a me? Che cosa voleva dire? Mille pensieri si fecero spazio nella mia testa. Non capivo.
"Non ci senti per caso?" continuò guardandomi dritta negli occhi. Ci sentivo e come, però era come se non riuscissi a parlare, quel suo sguardo gelido mi pietrificava.
"S-si, ma non ne capisco il motivo..." pronunciai, cercando di non far trapelare il timore che provavo.
"Non devi capire! Ascoltami e basta." disse alzando di qualche tono la voce.

Come si permetteva questo sconosciuto a darmi ordini senza nemmeno conoscermi.
"Ma chi ti credi di essere! Non mi sembra di aver visto nessun cartello con la tua bella faccia che dice "proprietà privata"!" Girai i tacchi e me ne andai senza aspettare una risposta.

Pensavo e ripensavo a quegli occhi, una calamita per i miei, per un attimo mi aveva incanta facendo sparire tutta la mia audacia. Ma io non ero un docile agnellino e nessuno poteva mettermi i piedi in testa.

"Guarda la strada!" un automobilista interruppe i mie pensieri mentre frenava bruscamente. Bene. Andava di bene in meglio. Prima lo psicopatico che se ne stava sdraiato a dormire tra gli alberi e adesso avevo anche rischiato di essere investita.
Ripresi in fretta la marcia, quando un fischio mi fece sobbalzare. Mi girai e vidi un ragazzo biondo ad una decina di metri da me sbracciarsi nella mia direzione. Lo guardai stranita e lo vidi incamminarsi verso me.

"Dovresti guardare la strada prima di attraversare, sai?" Disse lo sconosciuto sorridendo
"Ti sembro per caso un cane?" Finalmente la mia solita acidità sembrava essere tornata. "Non si fischia alle sconosciute per strada" Sbottai.

"Non siamo sconosciuti" ribattè
"Si, giusto, siamo amici di infanzia" dissi con una nota di sarcasmo
"Quasi, sono il tuo angelo custode " replicò improvvisamente con molta leggerezza.
Scrutai per qualche attimo il ragazzo per poi scoppiare in una fragorosa risata "Ti giuro, nessuno aveva mai cercato di abbordarmi così" dissi voltandomi e andando via prima che potesse replicare.
Psicopatici incontrati: due
Poteva andare peggio di così? molto probabilmente si.

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Instagram: Noema_D

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