Capitolo 8

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“Cazzo!” dissi non appena vidi la sveglia che segnava le 8:40. La campanella suonava alle 9:00 in punto ed io avevo dieci minuti per prepararmi e altri dieci per arrivare a scuola. Mi vestii e preparai così in fretta che mi stupii da sola del poco tempo che avevo impiegato. La scuola distava pochi minuti a piedi da casa mia, quindi ce la potevo fare.

Iniziai a percorrere tutto il viale alberato pensando e ripensando alla discussione e poi al chiarimento che avevo avuto il giorno precedente con mia madre. Come al solito mi ero fatta solo dei film mentali, quindi la sera, quando tornai, le chiesi scusa per aver dubitato di lei e lei mi aveva perdonata subito.

La campanella mi risvegliò dai miei pensieri. Ero arrivata in tempo, però se non mi fossi mossa non ce l’avrei fatta; entrai con il fiatone nell’aula di inglese andando a sedermi al mio posto, ma c’era qualcosa che non andava: Will.

“Quello è il posto di Emma” dissi sedendomi accanto a lui.

“Buongiorno anche a te, raggio di sole” mi prese in giro il moro.

“Che simpatico. Dai siediti al tuo posto, raggio di sole” pronunciai con una finta faccia amorevole che lo fece ridere.

“Emma mi ha detto che non verrà oggi”

“Ma se nemmeno vi parlate”

“Che ne sai tu se ci parliamo o meno? Sei per caso gelosa?” chiese facendomi l’occhiolino. Probabilmente doveva avere un tic all’occhio, vista la frequenza con cui lo faceva.

“Se non mi credi, mandale un messaggio e chiedile se verrà o no. Sempre se non ti ha già avvisata e tu non te ne sei nemmeno accorta” continuò lui.

Presi il cellulare dalla tasca e porca troia, aveva ragione: Emma mi aveva mandato un messaggio con scritto che non sarebbe venuta.

“Buongiorno Ragazzi” la voce del professore mi fece sobbalzare; reazione che notò anche Will visto che se la rideva sotto i baffi. Gli feci il dito medio con un finto sguardo omicida e lui per tutta risposta scoppiò a ridere.

“Che cosa c'è di così divertente signor Dyce e signorina Smith?” ci riprese immediatamente il professore.

“Ehm, veramente io non ho fatto nulla”

“Ah, quindi vorresti far credere che ridevo solo e senza motivo?” chiese Will indignato.
Che infame, voleva fare cadere la colpa anche su me.

“Non è di certo colpa mia se la troppa noia ti dà alla testa” sbottai.

“Adesso basta!” tuonò il professore. “Visto che la mia lezione vi da noia, potete andarvene!”

“Professore, ma io”

“Non voglio sentire scuse signorina Smith” mi interruppe il professore.
Presi la borsa e ne me ne andai infuriata, seguita da Will.

“Ma cosa ti è saltato in mente!” sbottai arrabbiata.

“Dai seguimi!”

Mi prese per mano e iniziò a correre; dopo un lungo corridoio e diverse rampe di scale, arrivammo davanti a una porta che Will spalancò: eravamo in terrazza.

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