Capitolo 3

146 52 28
                                    


Sola. Sono costantemente sola...
Ho una famiglia che mi vuole bene, un ragazzo che mi ama, molte amiche. Ma continuo ad essere perennemente sola e nessuno riesce a capire questa continua solitudine. Nessuno.
Nessuno prova a capire cosa provo, cosa sento, oppure solo il perchè mi sento sola anche in mezzo ad una folla. Probabilmente a nessuno interessa.
Oppure il problema sono io... forse sono io che sto a ricercare costantemente attenzioni o forse sto solo chiedendo aiuto, ma sono tutti troppo sordi per sentire, sono tutti troppo sordi.
In fin dei conti è inutile piangere o aspettarsi qualcosa dagli altri, nessuno mi aiuterà... nessuno lancerà una corda nel mio baratro di solitudine.
Il perchè?
E' ovvio sono sola.
E fa male, cazzo se fa male ammetterlo.
Vorrei solo capire cosa non va in me.

Le lacrime iniziarono a rigarmi copiosamente il viso, mentre leggevo e rileggevo quella pagina di diario scritta in passato. Mi faceva male ammettere che niente era cambiato da un anno a questa parte... anzi, qualcosa si, mio padre era morto e la storia con Adam era finita.
Ero sempre stata una persona socievole e solare agli occhi di tutti, infatti nonostante ciò che provavo mi ostinavo a portare una maschera sbandierando a tutti la mia vita "perfetta". Poi tutto è cambiato. Diagnosticarono un cancro a mio padre ed in un paio di mesi non c'era già più. Così avevo deciso di annullare i miei sentimenti per bloccare ciò che provavo: ne gioie ne dolori. Non volevo provare più nulla. E per un po' di tempo ci riuscii, allontanai tutti e mi rinchiusi in me stessa giurando che non avrei più versato una lacrima. Però il dolore e la solitudine bruciavano ed io ricominciai a piangere, avevo decisamente fallito. Il dolore era tornato ed io ero tornata ad essere sola.

La città poteva essere anche differente, eppure la mia solitudine era sempre la stessa; probabilmente il problema ero io, non gli altri.
Era notte, non potevo fare rumore quindi cercai di ricacciare indietro le lacrime e quel nodo stretto alla gola, ma non ci riuscii, piansi in silenzio fino a finire le lacrime, facendomi poi cullare tra le braccia di Morfeo.


"Ellie" una voce in lontananza sussurrava il mio nome.
Mi trovavo seduta su un bel prato verde crogiolandomi sotto al calore del sole, il bosco intorno a me era rigoglioso di vita. Mi sentivo proprio bene, tranquilla e senza pensieri come non mi sentivo da ormai troppo tempo.
"Ellie" la stessa voce, ora roca e profonda mi invitò a cercarla. Mi alzai spaesata e intontita non capendo cosa stessi facendo e soprattutto dove mi trovassi. Tutto ad un tratto il cielo si oscurò, gli alberi iniziarono a perdere velocemente tutte le foglie, come se fossero bruciate da un qualcosa di impercettibile agli occhi, il prato si trasformò rapidamente in terra arida e bruciata, ed un vento gelido mi iniziò a spingere verso un punto indefinito della foresta.
"Ellie" continuò con insistenza
"Chi sei?" pronunciai titubante incamminandomi nel bosco; più mi inoltravo, più la foresta sembrava chiudersi su di me. Decine e decine di alberi ormai privi di vita si intrecciavano gli uni sugli altri, creando un groviglio consistente. Avevo paura, così ansimante iniziai a correre nel buio, superando diversi alberi morti; la strada sembrava infinita, proprio come la paura che mi aveva pervasa in quel momento. Continuai a correre senza una vera meta, fino ad arrivare ad un laghetto conosciuto. Quel laghetto che avevo visto già diverse volte. Feci per avvicinarmi a questo, quando inciampai nei miei stessi piedi.
"Che ci fai qui? Ti trovi in un posto in cui non dovresti stare" Sbottò una voce alle mie spalle. Mi voltai lentamente e lo riconobbi.

"Alzati" urlò mia madre dal piano inferiore. Era solo un sogno, di nuovo.

Mi incamminai verso scuola, pensando e ripensando ai sogni fatti nelle notti passate. Che cosa volevano dire quei sogni? Perché continuavo a sognare un bosco ed un laghetto e soprattutto chi era quel ragazzo di cui non ricordavo il volto?
La campanella interruppe i mie pensieri, ero arrivata.

Educazione fisica, finalmente una disciplina in cui andavo più che bene senza il minimo sforzo. Mi avviai verso lo spogliatoio incurante degli occhi puntati su di me: ero la ragazza nuova.
Mi cambiai velocemente mettendo i pantaloncini e la maglietta a maniche corte e mi diressi in palestra.
"Ehi!" urlò da lontano Emma venendomi incontro. Non mi ero ancora soffermata a guardarla, era proprio una bella ragazza. Aveva gli occhi grigi ed i capelli biondi mossi che le circondavano il volto, a differenza mia che avevo i capelli color cioccolato e lisci.
"Ciao!" dissi cercando di fingere un po' di entusiasmo.
"Vedo che abbiamo molte lezioni in comune. Allora, come ti stai trovando?"
"Bene dai..."
"Attenta!" una voce mi interruppe. Schivai prontamente un pallone che arrivava a tutta forza verso la mia testa. Recuperai il pallone per tornarlo al proprietario che mi aveva quasi ammazzata, quando mi accorsi che era lo psicopatico del bosco.

"Grazie tante per avermi quasi uccisa" sbottai con una leggera nota di sarcasmo.
"Non era mia intenzione, oltretutto ti trovavi in un posto in cui non dovevi stare" ti trovavi in un posto in cui non dovevi stare. Quelle parole mi sembrava di averle già sentite, probabilmente un déjà-vu.
"Non è normale stare in mezzo al campo da pallavolo a parlare." continuò con atteggiamento superiore
"Non abbiamo ancora iniziato, potev"
"Faresti bene a stare attenta la prossima volta se non ti vuoi fare male" disse interrompendomi. Ma chi diavolo si credeva di essere. Lo guardai dritto negli occhi per poi lanciargli con tutta la forza che avevo il pallone all'altezza del petto.
"Ops, faresti bene a stare attento la prossima volta, se non vuoi farti male." dissi con fare innocente prima di allontanarmi sotto gli occhi di tutti.
"Wow, volano scintille tra te e Will" mi raggiunse la bionda.
"Will?" chiesi risvegliandomi dai miei pensieri.
"Svegliaa, il ragazzo che ti ha quasi colpita con la palla"
"Forse vuoi dire il ragazzo che avrei voluto castrare sotto gli occhi di tutti" risposi fingendo un sorriso e provocando la sua risata.

"Iniziate con 4 giri di campo" disse improvvisamente il professore che era appena arrivato.

Scocciata iniziai a correre sotto lo sguardo arrabbiato di Will a cui risposi con un dito medio. Non capivo quale fosse il suo problema,
nemmeno mi conosceva e già si comportava così. Con quel suo fare superiore mi dava i nervi. Dovevo scoprire cosa aveva contro di me, durante il pranzo lo avrei trovato e glielo avrei chiesto!

***********

Holaaa
Cosa ne pensate?
La storia pian piano inizia a prendere forma, ma ancora siamo solo all'inizio

♥️

Tra bianco e paure Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora