05. Indovina chi viene a pranzo?

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05. Indovina chi viene a pranzo?

«I’m forever black eyed, 

a product of a broken home»

— Placebo

Le sue labbra erano secche, chiuse come un lucchetto, incollate tra di loro.

Respirava silenziosamente, le palpebre sbattevano a malapena.

Era quasi inquietante vederla in quella posa plastica.

Stava analizzando le cinque persone sedute al suo stesso tavolo e l’unica parola che le venne in mente per descrivere quella situazione fu imbarazzante.

Imbarazzante come sei adulti non stessero facendo altro che fissarsi a vicenda senza emettere nemmeno un suono.

L’unica cosa che odiava di quella situazione, oltre a essere uscita dalla sua stanza, era che si sentiva piccola in confronto a loro, e non solo anagraficamente.

Li aveva inquadrati bene, quei cinque.

Tony Stark, sulla quarantina, uomo d’affari e scienziato.

Arrogante, tendente al gioco individuale, sfacciato, intelligente e brillante.

Assolutamente e indiscutibilmente contro di lei: non la poteva vedere e questo non era un mistero, in quanto si era beccata una confezione di cartone in testa.

La peculiarità di Stark, però, era che quando non riusciva a sopportare qualcuno, non lo faceva pesare più del dovuto.

Aveva, in fondo, un’ammirevole coscienziosità e non avrebbe dato filo da torcere a Nicole molto facilmente.

Era comunque un peccato: in fondo, lei lo stimava.

Clint Barton, sulla trentina, arciere professionista, atleta e macchina da combattimento.

Anche lui dimostrava un senso del dovere molto forte e Nicole sapeva per certo che sarebbe arrivato a uccidere per arrivare al suo obiettivo o per adempiere alla missione assegnata.

Sveglio, senza ombra di dubbio, ma anche acuto e sagace.

Natalia Alianovna Romanova, conosciuta al mondo come Natasha Romanoff, era una donna nei suoi tardi venti.

Quasi impossibile da inquadrare.

Sicura di sé, con molti problemi legati al passato.

Psicologicamente, pareva essere tanto fredda e impassibile quanto preoccupata e vicina.

Addestrata per essere una macchina da guerra, eccezionale agilità.

Sicuramente, aveva un suo senso di lealtà e onore.

Il suo passato torbido l’avrebbe aiutata a farsi un alleato in quell’edificio.

Bruce Banner, scienziato, uomo brillante, seri problemi del controllo della rabbia.

Molto seri.

Pacato, solidale, intelligente: un altro pedone non troppo difficile da muovere.

Steve Rogers, eterno ragazzino, Capitan America.

Quello era il più facile: la sua concezione della vita si era fermata a settant’anni prima, una persona umile e giusta che avrebbe cercato di riparare qualsiasi crepa nel muro di cemento che stavano costruendo come squadra.

Forse non sarebbe stato così difficile, dopo tutto.

«Seriamente, penso che questa conversazione sia al livello dei dibattiti politici sulla CNN» commentò Tony sarcastico, esibendosi in un sorriso a trentadue denti.

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