12. Just scarecrows to war.

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12. Just scarecrows to war.
 
«La paura è quella piccola camera oscura 
in cui si sviluppano i negativi»
— Michael Pritchard
 
«Leszko, corri!» gridò Myanja, cercando di scattare il più velocemente possibile.
Il ragazzo tentò di starle dietro, coprendosi la vita con una mano.
La creatura continuò a lamentarsi mentalmente della fragilità degli umani, in quanto quelle scarpe scomode la stavano facendo dannare.
Dovevano muoversi e arrivare fino all’ultimo piano, dove c’era Loki ad attenderli, ma entrambi avevano i loro problemi.
Era spaventata fino al midollo, ogni fibra del suo corpo gridava pietà.
Non era come se l’era immaginato.
Inciampò sul quarto gradino della prima scalinata, rompendosi un tacco, e franò a terra.
Leszko si fermò, affannato.
Myanja si mise a sedere, ritirandosi su, senza la fretta che aveva prima.
«Non è qua che dobbiamo stare» mormorò lui.
Leszko si abbassò di fronte a lei, collocandosi su un ginocchio, e la guardò.
«Tu non sei così, Myanja. Non sei mai stata così cattiva, e nemmeno io. Vuoi imitare Akkra perché è la caisordiana più riverita del gruppo, il fiore all’occhiello di Loki, ma tu non sei così» scandì bene, senza mai smettere di guardarla negli occhi.
Myanja tornò indietro con la mente, fino ad una trentina di giorni prima, quando erano sul tetto della Stark Tower, solo lei e lui.
Le sue stesse parole le risuonarono in testa come un flebile eco che si faceva via via più forte.
«No, non verrà il mio momento. Akkra è la regina della situazione. E’ sempre appresso a Loki, a stuzzicarlo, a giocare con la sua pazienza… si è fatta una fama dentro il gruppo. Anche se posso uccidere una persona semplicemente con un tocco, nessuno mi presterà la dovuta attenzione»
Leszko aveva ragione: aveva così tanto cercato di guadagnarsi la fiducia e il rispetto di Loki che l’unico suo obbiettivo era stato quello di diventare una copia scadente di Akkra.
La femme fatale del gruppo, la caisordiana potente, la regina di ghiaccio.
«A noi interessa del nostro pianeta. A noi interessa avere l’energia che si sta esaurendo, ma non al costo di altre vite» continuò Leszko.
«Siamo venuti fin qua solo perché obbligati dal Re, ma quell’uomo là fuori, colui che sta per combattere contro la donna che tu hai cercato così tanto di imitare… lui ha ragione. C’è sempre una scelta» aggiunse.
Myanja alzò lo sguardo, guardando quel ragazzo negli occhi verdi.
Era disgustata da tutto quello che avevano fatto fino a quel momento.
«Tu hai ucciso una persona» sibilò, mettendosi la testa fra le mani.
«Ho sbagliato…» ammise.
«E forse non me lo perdonerò mai. Ma perché continuare? Quello che il Re vuole che facciamo è un puro genocidio. Lo stesso che gli abitanti di Sontaran volevano fare con noi, se non li avessimo sconfitti. Ti sembra giusto?» domandò.
La donna non riuscì a scoprirsi il viso.
Non voleva affrontare la pura realtà.
«Ci sono le nostre famiglie lassù. Il nostro pianeta sta morendo» singhiozzò.
«Diventerà un circolo vizioso, Myanja. L’energia della Terra ci servirà per un anno, poi la esauriremo. Non potremo mai cercare altri popoli da sterminare e se c’è una cosa di cui sono sicuro come la mia stessa vita è che Loki non ci darà mai in pasto la Terra» rispose.
«Tu dici?» balbettò lei.
«Io dico che, fin dall’inizio, l’unico piano di Loki sia stato quello di vendicarsi di suo fratello e dei Vendicatori usando noi. E’ il Dio delle Malefatte, Myanja. Non è certamente un semplice commerciante di pianeti. Ci farà fuori prima ancora di riuscire a dire “Caisord”!» esclamò, alzando il tono di voce, arrabbiato.
Ed eccoli lì, senza una vera vita, senza casa, senza i loro cari.
Ma con la possibilità di scappare, oppure di rimanere al fianco del Dio.
 

*


Tony ansimò, stanco.
Non si era mai sentito così distrutto fisicamente e psicologicamente.
Myanja e Leszko erano fuggiti, Biergas, invece, giaceva a terra, morto, trapassato dal suo stesso braccio.
Stark era riuscito a ingannarlo proprio quando stava per essere ridotto a brandelli, e lo aveva bloccato contro il muro, con il gomito piegato.
Era stato spinto contro la sua stessa arma.
C’era da dirlo, era anche stato più difficile di quello che aveva pensato: Biergas l’aveva colpito più volte ed era riuscito ad affondare la lama nell’armatura.
Sul braccio si era aperto un brutto squarcio che lasciava intravedere la pelle, che per fortuna era stata solo sfiorata.
E in quel momento era a terra, distrutto e sudato, a guardare il soffitto attraverso alla sua maschera d’acciaio.
Doveva trovare la forza di alzarsi perché sapeva che Loki era all’ultimo piano e sapeva anche che presto gli altri Vendicatori l’avrebbero raggiunto.
Era stato furbo, questa volta.
Voleva solamente vendicarsi di loro, eppure con maestria.
Aveva reclutato quindici elementi potenti di un pianeta che aveva molto da perdere, incline alle più disparate collaborazioni pur di sopravvivere.
Era ovvio che gli avesse promesso qualcosa in cambio.
I caisordiani non sembravano così stupidi da immischiarsi in battaglie che non gli appartenevano.
La cosa più subdola, più infima e più brillante che Loki avesse architettato, però, era la scelta degli avversari da puntare contro di loro: alieni nelle spoglie di umani, con un passato, una coscienza, una vita e cari che tenevano a loro.
Nonostante fossero di un altro pianeta, erano loro pari e non si erano quasi mai trovati a dover uccidere persone in carne ed ossa.
Con le dovute eccezioni.
Cominciava a sentire il freddo penetrargli nelle ossa.
Doveva rialzarsi e combattere, perché se non l’avesse fatto come minimo si sarebbe ritrovato sei metri sotto terra.
Guardò Biergas con la coda dell’occhio: non aveva detto nemmeno una parola da quando aveva messo piede in quella stanza.
Durante il combattimento, quando stava cercando di trapassarlo attraverso l’armatura, non sembrava respirare nemmeno.
Un soldato concentrato su quello che doveva fare, e non su discorsi pretenziosi che annunciavano la loro superiorità, come Myanja aveva fatto prima.
Per quella creatura, probabilmente, era solo un lavoro come un altro: finito tutto, sarebbe tornato sul suo pianeta a fare quello che era solito fare.
Fine della storia.
Tony avrebbe dovuto sentirsi in colpa per ciò che aveva fatto, ma Biergas voleva ucciderlo: non poteva anteporre lui alla sua stessa vita.
In quei casi, era meglio essere egoisti.
Riuscì a mettersi seduto, togliendosi una minuscola scheggia di vetro dal collo.
Ringhiò qualcosa.
Dovevano esserci problemi all’armatura, perché stava cominciando a sentire freddo… ed erano a maggio.
«J.A.R.V.I.S., dammi buone notizie» disse, alzandosi completamente.
«Il siste–» gorgogliò.
Stark si scrollò di dosso della neve immaginaria, come a togliersi il gelo dal corpo, che stava decisamente peggiorando.
«J.A.R.V.I.S.?» domandò, controllando l’auricolare.
«Il siste–» ripeté.
Stava cominciando a diventare la riproduzione in scala di un ghiacciolo vivente, quindi doveva muoversi e cambiare Mark V.
Se solo avesse potuto raggiungere l’ultimo piano, s’intende.
«Il sist. Di riscald. Uso. Cuiti. Occati» ronzò la voce.
«E’ ora di andarcene, allora» commentò.
Fece per muovere una gamba, ma rimase fermo lì.
Per quanto cercasse di muovere il piede, non si spostava di un misero centimetro.
Riprovò con più forza, sia con la sinistra che con la destra, ma era incollato al pavimento.
Le braccia non sembravano collaborare, e solo dopo si rese conto che alla base del metallo si stava creando un leggero strato di brina.
«Oh» mormorò.
Alzò lo sguardo per vedere chi era il mandante di quello scherzetto, e di fronte a lui, in tutta la sua potenza, si ergeva Akkra.
Lo stava fissando da un po’, ma lui non si era nemmeno accorto della sua presenza.
«Per essere così brillante, c’hai messo un po’ a capirlo» disse, cominciando a camminare attorno a lui.
Tony mosse la testa, come per confermare.
«Sono stato distratto» commentò, a sua difesa.
«Suppongo di sì» replicò Akkra.
Si chinò sul corpo senza vita di Biergas e accarezzò la lama che lo aveva ridotto in quelle pessime condizioni.
«Anche nella morte, siamo costretti a indossare le vostre vesti» disse, senza staccare gli occhi di dosso dal suo collega.
Poi gli chiuse le palpebre, delicatamente.
«Nessuno vi ha detto di venire qua, in primo luogo» la riprese Stark.
Le sue dita, in quel momento l’unica parte del corpo non congelata, stavano cercando di attivare almeno il sistema di riscaldamento dell’armatura, ma senza successo.
Tutti i circuiti erano bloccati, come stava cercando di dire J.A.R.V.I.S..
Akkra si rialzò.
«Eppure eccoci qua!» rispose, sorridendo e aprendo le mani.
«Avete così tante potenzialità, come pianeta. Così tanta energia!» esclamò.
Tony la guardò avvicinarsi lentamente.
«Questo è un vero e proprio…»
«… genocidio» completò Stark.
La donna scosse la testa.
«… affare» lo corresse.
«Per voi, forse»
«Per chi altri!»
Akkra gli accarezzò una guancia, finendo giù fino alla base del collo.
Di una cosa Tony era sicuro: le caisordiane erano veramente appiccicose.
«Non sei più così affascinante, Iron Man. Con la pelle congelata e la paura perenne sul tuo volto» gli bisbigliò all’orecchio.
«Non ho paura» rispose semplicemente.
Ne aveva effettivamente passate di peggiori, il punto era che lì non sapeva proprio come uscirne fuori: era un ghiacciolo, senza armatura funzionante e con una donna poco incline a lasciarlo in vita.
Odiava i lunedì, seriamente.
O forse era domenica?
Non poteva essere sabato, sicuramente.
Scosse la testa, pensando che il principio d’ipotermia lo stava facendo impazzire.
«Ah no?» chiese Akkra.
«Pensi veramente che Loki vi darà quello che volete? Lui agisce solo per se stesso, ha una stima di sé oltre ad ogni limite. Non solo vi lascerà a mani vuote, ma vi eliminerà, su questo non ci sono dubbi. Lo ha già fatto una volta» ribatté.
Stava sentendo persino la bocca sempre più dura e difficile da muovere.
La caisordiana lo guardò, e con uno scatto trasformò la sua precedente carezza in una morsa.
Una volta preso per il collo, lo alzò da terra senza problemi, nonostante il peso e il ghiaccio.
Certo che in quel corpicino ce n’era di forza.
Una scarica di gelo ancora più forte gli penetrò nelle vene, bloccandogli persino il respiro.
Ed era ormai palese che l’armatura si stava spegnendo insieme al reattore.
«Vedi? Questa è la razza superiore che s’impone su di voi, poveri pezzenti. Sii fiero del tuo pianeta, alimenterà la specie dominante!» esclamò Akkra, ghignando.
La vista di Iron Man cominciò ad offuscarsi a tratti, tra un battito di ciglia e l’altro.
«Peccato che tu non lo vedrai, questo grande regno!» aggiunse, pronta a dare il colpo di grazia.
Stark la guardò alzare il braccio scurito dal ghiaccio, in procinto di ucciderlo, ma non lo fece.
Si bloccò all’istante, emettendo un verso stridulo, strozzato in gola, e gli occhi talmente sgranati che parevano fuori dalle orbite.
Tremò, allentando la presa, e dall’angolo sinistro della bocca iniziò a colare un rivolo di sangue.
Tony abbassò lo sguardo e vide la punta di una lama sbucare fuori dallo stomaco magro di Akkra.
Una mano la stava reggendo, posta sul collo, in modo da agire come contrappeso sul coltello affilato.
«Non sopporto chi tocca le mie cose senza permesso» ringhiò Nicole, rigirando il sai dentro al ventre dell’essere.
Akkra cadde in ginocchio, lasciando Stark, che oltre a crollare a terra stava cominciando a risentire un briciolo di calore dentro all’armatura.
Riprese lievemente a funzionare.
Il ghiaccio di Akkra era tale solo finché era viva, non era per nulla naturale, e questo permise all’uomo di riprendere, lentamente, a scaldarsi.
«Non siete una razza superiore, Akkra. Non esiste una specie dominante» disse la ragazza, penetrando ancora di più nella carne.
La creatura mormorò qualcosa d’incomprensibile.
«E se volete proprio prevalere su di noi, fatelo quando non siete in corpi così vulnerabili» terminò.
Sfilò di colpo il sai, scansando il corpo con il piede.
Akkra cadde a terra, lo sguardo vacuo e il corpo gelido, quasi quanto lei.
Stark riuscì ad alzarsi, il reattore Arc completamente ristabilito, e fissò Nicole, che da poche ore prima sembrava cambiata drasticamente.
Era armata fino ai denti, le braccia graffiate e sporche di polvere, i pantaloni squarciati in piccoli punti e il sangue rappreso sul viso e la clavicola destra.
I capelli lunghi erano attaccati alla guancia sudata, aveva il fiatone e reggeva ancora il sai sporco, con la lunga lama centrale dipinta di quel rosso fatale.
Lo pulì sul vestito di Akkra e lo rinfilò nella cintura.
Tony non sapeva come reagire: era un po’ diversa dall’ultima volta che l’aveva vista, sembrava… viva.
Non sapeva se essere più sorpreso perché gli aveva salvato la vita (lei? Lei?) o perché non era all’altro mondo.
Ormai si era già convinto che si fosse spiaccicata sul soffitto, quindi vederla in carne ed ossa era un po’ strano.
Nonostante ciò, Stark non disse nulla al riguardo… più o meno.
«Da quando sono una cosa tua?» domandò.
«Da quando ti ho salvato la vita. Sei in debito!» lo prese in giro.
Dire che ci stava prendendo gusto era un eufemismo.
Tony si avvicinò a lei, per controllare la sua veridicità.
Sì, sembrava lei: alta, mora, in vesti post apocalittiche, sanguinante, rompipalle come al solito, estremamente violenta.
Si accarezzò il mento con le dita.
«Non per essere sfrontato, ma tu eri morta fino a un attimo fa» disse.
Nicole mise il broncio.
«Non mi dai mai soddisfazioni, eh? Sopravvivo a uno schianto? Facciamo battutine. Salvo la vita ad Iron Man? Non ringraziamo! Bla bla bla…» replicò, dirigendosi verso le scale.
Tony la seguì, prendendo il casco.
«In teoria, anch’io ti ho salvato la vita, ti ho nascosto»
«Se farmi diventare una sottiletta è salvarmi la vita!»
«Sono mere congetture»
«Congetture? Ricordamelo la prossima volta, ti lascio diventare un ghiacciolo bi gusto»
«Per favore Nicole, tra cinque minuti già m’implorerai di salvarti»
«Come se non sapessi difendermi da sola!» rimbeccò lei.
Entrambi la piantarono di punzecchiarsi, rimanendo in silenzio.
Poi Tony si fece serio, voltandosi un’ultima volta per guardare il corpo di Akkra a terra, senza vita.
«Com’è, uccidere?» domandò, mettendola alla prova.
Nicole distolse lo sguardo e si girò, diretta alle scale.
«E’ una cosa terribile» ammise.
Con quattro parole non solo aveva annunciato di odiare quello che aveva appena fatto, ma aveva anche ringraziato Stark per averla fermata quella stessa mattina, a Los Angeles.
Erano talmente concentrati su quello che era appena successo, che non videro le due persone dietro di loro.
Solo Tony lo fece, e in cuor suo fu felice di vedere che l’agente Natasha Romanoff e il Capitano Steve Rogers stavano bene.
La Vedova li squadrò entrambi, come per analizzare le loro ferite e condizioni.
Non lo dava a vedere, ma era sollevata.
«Prima esercitazione sul campo, Nicole?» domandò la donna, maneggiando con le sue armi.
La ragazza non poté fare a meno di sorridere, perché si sa: in certi momenti è meglio ridere che piangere.
«Spero di prendere un voto alto» ribatté.
Tony e Steve si guardarono per una manciata di secondi, e il primo a parlare fu il miliardario.
«Oggi mi sono proprio messo nei tuoi panni» disse, anche se Steve non poteva capire a cosa si riferisse perché non sapeva nemmeno chi era Akkra.
E poi Tony voleva l’esclusiva per Capitan Ghiacciolo.
«Clint ci sta coprendo le spalle al trentaduesimo, ma sta arrivando. Banner è senza controllo, si sta aggirando per la torre, ma penso arriverà all’ultimo piano al più presto» spiegò Natasha.
«E fatemi indovinare, nel mio appartamento c’è Loki, giusto?» rispose Stark.
L’unica cosa a cui stava pensando in quel momento era che quel dio norreno doveva avercela con lui se ogni volta che imponeva la sua presenza finiva per distruggergli casa sua e affini.
«Dobbiamo escogitare un piano d’attacco» annunciò Steve, controllando in giro.
Intanto, Natasha si era avvicinata a Nicole per parlare.
Le prese le mani e le poggiò due pistole sui palmi, guardandola negli occhi.
La donna capì e fece no con la testa, stupita.
«No, ti prego» implorò, ma la Vedova sembrava irremovibile.
«Lo so che non vuoi, ma dei semplici sai non ti aiuteranno molto oggi. Né quelli, né i pugnali che hai, tantomeno le tue abilità di combattimento. Devi essere pronta a tutto, anche a sparare, e so che non è facile… all’inizio non lo è stato nemmeno per me. Ma devi, Nicole, devi, chiaro?» domandò.
La mora annuì energicamente, traendo respiri profondi.
«Tieni anche questi, sono morsi della Vedova, lanciano forti scariche per paralizzare, e un rampino da attaccare alla cintura, in caso dovessi reggerti a qualcosa» aggiunse.
Nicole annuì di nuovo, come se riuscisse a fare solo quello, e mormorò un flebile grazie.
Natasha aveva fatto così tanto per lei fino a quel momento che non se la sentiva proprio di deluderla.
Intanto il Capitano controllò la situazione dalla tromba delle scale.
«Clint sta avanzando, non c’è tempo da perdere. Stark, riesci a volare fino al piano di sopra?» domandò Rogers, tornando dal trio.
Tony controllò le condizioni dell’armatura, poi annuì.
«Sembrerebbe essere tutto a posto» confermò.
«Perfetto, porta Clint insieme a te, così da poterci riunire tutti al cospetto di Loki» ordinò.
Iron Man ebbe un flashback dell’anno prima, quando aveva trasportato Legolas sul tetto.
«Sarà fatto, Capitano» rispose, un po’ sbeffeggiandolo, e andò a recuperare l’arciere.
«Io coprirò gli ultimi cinque piani per controllare che non ci siano altri caisordiani, poi vi raggiungerò di sopra» aggiunse.
Fece per andare, ma poi tornò indietro per un attimo.
«Nicole, stai con Natasha, okay?» domandò.
Non era perché non aveva stima di lei e delle sue abilità, piuttosto non voleva che nessuno di loro andasse in giro da solo, soprattutto sotto attacco di quella sottospecie d’alieni.
La Pearce annuì.
«Non lo farò» confermò.
Steve abbozzò un sorriso, e corse alla carica.
Nicole e Natasha aspettarono un momento prima di passare all’azione.
La Vedova Nera guardò il punto in cui Rogers era sparito, sospirando.
«Lo seguirai, vero?» chiese, conoscendo già la risposta.
«Certo che sì!» esclamò Nicole.
Agganciò entrambe le pistole e cominciò a correre nella direzione che aveva preso Steve.
 

Impressive Heroics (#1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora