02. Una normalità che uccide.

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02.  Una normalità che uccide.

Al JFK, Nicole ritirò pigramente la sua valigia dal nastro trasportatore.

Era, in realtà, un borsone verde scuro e nero, pieno zeppo di vestiti, effetti personali e armi ben nascoste.

Si sentiva un po’ in ansia, durante il viaggio in aereo, a non avere almeno un coltello con sé, a farla sentire al sicuro.

Purtroppo non era ancora così brava da eludere la sicurezza di un intero aeroporto, e si limitò a nascondere tutto nella valigia principale, che non sarebbe stata sottoposta a ulteriori controlli, in quanto messa nella stiva.

Avrebbe potuto benissimo scappare, a quel punto.

Non era ancora uscita dal ritiro bagagli e aveva messo da parte abbastanza soldi per passare almeno un paio di notti in uno squallido hotel.

L’idea era allettante, ma lo S.H.I.E.L.D. era onnipresente e sarebbe stata solo questione di minuti (o ore, con lei?) prima che la ritrovassero.

Si diresse verso l’area centrale dell’aeroporto, seria.

Dannato il giorno in cui aveva iniziato a fare l’eroina.

Dannato il giorno in cui si era esposta per la prima volta.

Dannato il giorno in cui, ancora sedicenne, si era messa in testa che poteva diventare come loro.

In cui aveva incanalato tutta la rabbia e tutto il dolore causato dalla gente, dall’emarginazione e dal bullismo, per diventare com’era ora.

Bastava così poco per rimpiangere il momento in cui non era stata abbastanza cauta da non farsi trovare da Nick Fury.

Il problema era che con quelle agenzie, non ci sarebbe mai stato scampo.

Loro vedevano e sapevano tutto, venivano a conoscenza dei tuoi movimenti prima ancora che tu pensassi a cosa fare.

Stressante.

Dieci minuti di camminata in giro per l’aeroporto furono abbastanza per trovare un uomo in giacca e cravatta con un cartello in mano, riportante il suo nome.

Lo salutò flebilmente e lo seguì alla macchina, senza emettere ulteriori sospiri.

Erano quelle volte in cui volevi solo mettere fine a tutto.

*

Tony Stark non sapeva esattamente chi avrebbe dovuto aspettarsi quel pomeriggio.

La sigla R.Y.E. non gli aveva fatto suonare alcun campanello d’allarme, non aveva intuito il suo significato e, insieme a J.A.R.V.I.S., si erano impegnati a tirare fuori diversi anagrammi da quelle tre lettere.

Non concordava con Fury, se doveva essere sincero.

Non voleva un nuovo agente tra i piedi, non voleva insegnare niente a nessuno e pensava che i Vendicatori stessero bene così com’erano.

Poco importava se le probabilità che quell’elemento entrasse nella squadra dopo i quattro mesi prestabiliti da Fury fossero basse, Tony continuava ad andare contro quell’iniziativa.

Lui preferiva lavorare da solo, come diceva sempre, ed era stato già un enorme sacrificio per lui abituarsi a quella novità che attraversava la sua vita.

Doveva vedere i due killer professionisti e Capitan Ghiacciolo più spesso di quanto volesse, ma soprattutto, nel suo stesso edificio.

Volere dello S.H.I.E.L.D., eh?

L’ultima volta che era andato contro Nick Fury si era ritrovato sette agenti in casa, le linee telefoniche disattivate e dei controllori di movimento.

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