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Cecily non seppe mai perché, quel 31 Ottobre, ritrovandosi da sola in casa, aveva semplicemente deciso di uscire di casa e andare da Remus. Non lo vedeva da qualche giorno - non da quando si erano incontrati tutti per l'ultima riunione, durante la quale nessuno era riuscito a spiccicare una parola. Il nervosismo regnava sovrano, e solo la presenza di tutto l'Ordine aveva impedito a Sirius e Remus di saltarsi alla gola. Cecily aveva cercato di parlare con Sirius una volta finita la riunione, di dirgli di provare almeno a dare un'occasione a tutti quanti.
"Non riesco a fidarmi di nessuno," le aveva risposto lui, le mani tremanti e lo sguardo che vagava da un punto all'altro della stanza. "Solo di te, solo di James e Lily."
Ma era Remus, il loro Remus: come poteva non fidarsi di lui?
La ragazza aveva notato il malessere di Remus nei confronti di tale situazione, ma aveva apprezzato il suo tentativo di restare pacato almeno nelle situazioni più importanti, e non agitarsi come un animale in gabbia.
Giunse a casa sua in poco tempo, un vecchio appartamento mal ridotto dove passava poco tempo, e la prima cosa che notò fu la porta socchiusa. Afferrò rapidamente la bacchetta e cercò di rallentare i battiti del suo cuore - non poteva essere successo nulla a Remus. No, non a lui. Respirò a fondo, sospingendo la porta cigolante con la punta delle dita ed entrando il più silenziosamente possibile, muovendosi quasi con passo felpato sul pavimento pulito, ma la scena che si ritrovò davanti le fece diventare le membra e il cuore pesanti.
"Sirius," esalò a mezza voce, facendo sobbalzare il che le dava le spalle, intento a girovagare nel salottino del loro amico. "Cosa ci fai qui?" riuscì poi a domandargli dopo aver riposto la bacchetta. Il volto di Sirius ebbe un guizzo indecifrabile mentre si riavvicinava alla ragazza.
"Remus non è in casa," rispose lui, eludendo l'argomento. Cecily sospirò, inumidendo le labbra e respirando a fondo prima di avvicinarsi a sua volta, sollevando una mano con lentezza per accarezzargli il braccio. Lui si ritrasse per pochi istanti, ma parve rendersi conto solo in quel momento dell'effettiva presenza della giovane, che attrasse a sé dolcemente.
"Non dovevi entrare così, Sir," mormorò nel tessuto della sua camicia sgualcita. Percepì i suoi muscoli tendersi appena, solo per pochi istanti, poi prese a respirare nuovamente con tranquillità. "Non è di lui che dovresti preoccuparti, e lo sai," aggiunse con voce più bassa. La porta dietro di loro scattò, e Sirius sospinse la ragazza dietro di sé, come a fargli scudo con il corpo.
Remus apparve sulla soglia della porta con gli occhi sgranati e le labbra dischiuse, ma parve rilassarsi nel vedere sia Cecily che Sirius - al contrario, quest'ultimo si irrigidì nuovamente.
"Non ricordavo di aver lasciato una copia delle chiavi sotto lo zerbino," commentò Remus, incrociando le braccia e posandosi contro lo stipite della porta. Sulle labbra di Sirius si dipinse un piccolo ghigno, e Cecily si ritrovò ingenuamente a sperare che si trattasse di un buon segno. Quando osservare quei due, migliori amici da sempre, era diventato motivo di paura?
"Divertente, Lunastorta - ma dimmi, hai incontrato qualcuno di interessante?" domandò con un piccolo sibilo. Sia Cecily che Remus sobbalzarono, e d'improvviso sul volto di quest'ultimo si dipinse un'espressione ferita: fu come vedere le sue ultime, piccole speranze distruggersi e crollare in terra, calpestate dal tono greve utilizzato da Sirius. Rimase in silenzio a osservare quello che considerava ancora il suo migliore amico, le labbra dischiuse le mani che tremavano lungo i fianchi. Cecily si discostò da Sirius impercettibilmente, non sapendo cosa poter dire a quella faccia dura.
"Hai davvero una così bassa opinione di me?" chiese a mezza voce Remus, allontanandosi dalla porta. Dal punto di vista di Cecily, sembrava tutto rallentato: sul volto di Sirius si scorgeva solamente pura tracotanza, mentre Remus non si preoccupava a nascondere la delusione nel suo tono. Sirius mosse un passo nella sua direzione, le spalle rigide, quasi sovrastandolo.
"Se fai loro del male -" iniziò a voce bassa, come se avesse paura qualcuno oltre loro, in quella stanza, potesse sentirli. Remus si illuminò per lo stupore.
"Se faccio - come osi?" replicò con tono più alto, i pugni stretti lungo i fianchi. Cecily si sentiva impotente, in disparte, con le mani intrecciate all'orlo della maglia. Un secondo ghigno si dipinse sul volto di Sirius che, improvvisamente, scosse il capo e gli passò accanto - non guardò neppure la ragazza, allontanandosi in tutta calma con le mani nelle tasche dei pantaloni e le spalle che si alzavano e abbassavano seguendo il ritmo del suo respiro pesante. Remus si voltò nella sua direzione di scatto, rigido e tremante. "Perché io? Di tante persone, perché io?" continuò con il tono ancora più alto prima di muovere mezzo passo verso Sirius che ancora gli dava le spalle, pur restando fermo. "Come facciamo a sapere che non si tratta di te?" domandò quindi, abbassando la voce, ma caricando ogni singola parola con il rimorso che sembrava coltivare da mesi - da un anno intero. Cecily sobbalzò a quelle parole, mentre una bassa risata strafottente abbandonava le labbra di Sirius che, con lentezza, rivolse lo sguardo al ragazzo spaurito.
"James lo sa," fu tutto ciò che disse prima di andar via con tutta calma. Remus rimase immobile al centro della stanza, sconvolto dalle parole tanto quanto Cecily che mosse pochi passi nella sua direzione: nulla di tutto ciò che le passava per la mente sarebbe stato opportuno a dirsi, quindi si limitò a sfiorare la spalla dell'amico con la punta delle dita. Questo si ritrasse, quasi spaventato, scuotendo la testa.
"Dovresti andare con lui, Cecy, potrebbe fare o dire qualcosa di troppo stupido per essere perdonato," borbottò a mezza voce, portandosi una mano tra i capelli come se volesse sistemarli, ottenendo però l'effetto opposto. "Noi ci vedremo un'altra volta - va bene così," aggiunse poi, tentando di rivolgerle un sorriso rassicurante. Le labbra lo tradirono, tremando appena. La ragazza sospirò e si riavvicinò a lui lentamente, calcolando ogni passo come se davanti a sé avesse un gatto randagio, ma si bloccò a una lieve distanza.
"Ha paura - l'abbiamo tutti quanti," gli disse, ma anche a pronunciarle quelle parole sembravano non avere senso. Sospirò, chinando lo sguardo pere pochi istanti. "Per quel che vale io ho fiducia in te, Remus," terminò quindi prima di rivolgergli un mezzo sorriso e uscire dall'appartamento.

silver&gold | sirius black [ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora