ℭapitolo 14✿ La famiglia si allarga (credo)

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Marinette correva il più veloce possibile verso la limousine nel parcheggio nascosto. Voleva evitare a tutti i costi di essere seguita, quindi si guardava dietro. Forse, però, sarebbe stata una buona idea guardare avanti. Magari così sarebbe riuscita ad evitare di andare a sbattere contro Adrien buttando entrambi per terra.

"Ah, scusa Adrien"

"Tranquilla. Anzi, ti stavo proprio cercando"

"A-ah sì?"

"Sì, ecco... Volevo essere sicuro che tu stessi bene, sai... con tutto quel che è successo stamattina"

"Ah, sì. Sto bene, grazie. Ci ho ripreso un attimo a mettermi ma ora sono a posto"

"Cosa?"

"Niente! Ah, ecco... Io dovrei andare"

"Dove?"

"Ehm... Ho degli amici di quando ero piccola che abitono- abitano! qui e volevano vedermi"

"Ah, ok. Possiamo vederci qui domani prima di cena? Ti devo parlare"

"C-certo! Allora, ci vediamo podo? No, cioè dopo?"

"Si, buona fortuna con i tuoi amici"

"Grazie!"

Ed eccola di nuovo che correva come un fulmine.

Sinceramente le sarebbe piaciuto parlare subito con Adrien, ma doveva proprio andare a palazzo a iniziare i preparativi ed era già tardi. Una volta al sicuro nella limousine si ritrovo a pensare al ragazzo. Se era sceso a cercarla voleva dire che aveva già fatto tutto il resto, no? Quindi che avrebbe fatto aspettando la cena se non poteva parlarle?

In realtà Adrien aveva già trovato qualcun'altro con cui parlare.
O meglio, da ascoltare.
Plagg era partito con una filippica su come l'aveva lasciata andare come ogni volta e su che senso aveva quello che aveva fatto (perché, diciamocelo, Adrien è un vero IDIOTA se parliamo di queste cose).

Era poi riuscito a zittire il Kwami e a nasconderlo giusto in tempo perché passassero Makoto ed Emanuela con un tablet sotto braccio. Per un soffio.
Ma torniamo alla nostra corvina preferita.

Marinette non vedeva l'ora di tornare a palazzo. Le era mancato così tanto il posto dove era cresciuta. Ma appena messo piede fuori dalla macchina aveva capito che qualcosa non andava.
Il giardino era meno curato del solito e, nonostante le calde temperature di fine Maggio, non c'era un'anima viva. Le luci erano per lo più spente e tutto intorno alleggiava un aria cupa e spenta.

Cos'è successo qui? era l'unica cosa a cui riusciva a pensare mentre si dirigeva in camera sua attraverso i corridoi deserti.

Dopo tutto quel grigiume, entrare nella sua stanza fu come una ventata d'aria fresca nel deserto del Sahara. Lì era rimasto tutto come prima.
Le pareti erano sempre bianche, con rami di ciliegio dorati carichi di fiori rosa appena sbocciati, che riflettevano la luce grazie a dei brillantini usati per ricreare i pistilli. Lo sciocco desiderio di una bambina di cinque anni.
L'armadio in legno di rovere creava un contrasto perfettamente armonioso grazie ai pomelli dorati e allo specchio decorato a fiori che si trovava sull'anta sinistra.
Il letto a baldacchino che da piccola per lei era enorme ora le andava a pennello e i cuscini di seta sembravano morbidissimi.

Ma la parte migliore era signora bassa e un po' in carne girata di spalle, alle prese con rotoli di vari tipi di stoffe colorate.

«Tata Bao Heng?» chiamò la corvina, riuscendo ad attirare l'attenzione della signora, ritrovandosi subito stretta tra due braccia cicciottelle.

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