Capitolo cinque
Mancavano esattamente quattro minuti alla fine del mio turno, e di Harry neanche l'ombra.
La verità è che dovevo aspettarmelo, ma come al solito mi ero illusa, non so neanche esattamente di cosa. Di avere una qualche lontanissima speranza con lui? O forse di stargli almeno simpatica...? Non ne ho idea, ma restava il fatto che lui aveva interrotto quella che credevo -o forse solo speravo?- fosse diventata ormai un'abitudine.
Ma in fondo potrebbe benissimo volere rompere i nostri contatti, non sono sua madre o sua sorella, ma solo una ragazza conosciuta per caso da appena una settimana.
La panetteria per tutta la giornata mi era sembrata ancore più monotona del solito; poca gente che entrava e usciva, il silenzio pressante che mi accompagnava mentre tagliavo le focacce e le mettevo nelle buste, Mag che mi guardava con aria mortificata di chi vede un animale abbandonato per strada ma non può prenderlo perché la casa non è adatta a lui.
Per di più, come se non bastasse, la radio era rotta, quindi non potevo mettere nemmeno la musica. forse è proprio vero che le sfortune non vengono mai da sole...
Le briciole che erano cadute sul banco parevano essere lì da secoli, immobili, ad aspettare che qualcuno si ricordasse di toglierle, eppure erano cascate da meno di dieci minuti sicuramente.
Odore di focaccia a poco a poco spariva nel mentre che i pochi clienti rimasti finalmente si decidevano ad uscire per strada e tornare alle loro case, dove magari c'era la persona amata ad aspettarle, figli, nipoti o semplicemente nessuno.
Era tutto il giorno che cercavo qualcosa che mi distraesse, ma non ci ero riuscita.
Diedi un'ultima occhiata speranzosa all'ingresso, immaginandomi di veder entrare il ragazzo dai capelli ricci, con degli occhi verdi come gli smeraldi, le fossette che facevano impazzire chiunque le vedesse, e un sorriso che quando lo mostrava agli altri, ci sapeva davvero fare, accompagnato da quell'aria da bad boy che si portava appresso e che gli dava un non so che di affascinante, ma ciò che sognavo da sveglia non accadde.
Accesi internet al mio cellulare, nonostante avessi praticamente finito le ore, e lo connessi alla radio, cominciando poi a pulire; stava andando Way in the world di Nina Nesbitt. Io l'adoravo e, in altre circostanze, l'avrei canticchiata tutta, ma in quella situazione proprio non me la sentivo.
Ti accorgi di essere veramente triste quando ti limiti ad ascoltare una canzone, anziché cantarla come fai il resto delle volte.
"Dai, va' pure, qui finisco io" disse Maggie sperando di tirarmi su il morale, e io mi sforzai di mostrarle un sorriso, poco vero, per ringraziarla. Non parlai, non avevo voglia, anche perché dalla mia voce avrebbe capito come mi sentivo.
Mi tolsi il grembiule, andai ad appenderlo al suo posto, e poi mi diressi verso la porta di vetro che mi separava dal resto del mondo e dalla realtà da cui avevo sperato inutilmente per tutto il giorno di allontanarmi, dopodiché, uscii.
Guardai per qualche attimo le auto che correvano in strada, i passanti che camminavano sul marciapiede, i motorini parcheggiati malamente al lato della strada, e mi parve di essere estranea a quella realtà che correva troppo veloce perché io riuscissi a starle dietro.
C'erano i gruppi di vecchietti che chiacchieravano allegramente intorno ai tavolini dei bar, gli adulti che andavano di fretta, i bambini che osservavano con occhi sognanti le vetrine delle pasticcerie... ma di persone sole come me, neanche l'ombra.
Stavo per incamminarmi verso casa, quando notai una figura appoggiata ad un auto nera che pareva non aspettare altro che io la vedessi.
Jeans skinny neri, maglietta scollata sicuramente finalizzata a provocare qualunque ragazza lo guardasse, occhiali da sole e capelli accuratamente spettinati in testa, un paio di all star bianche e il suo solito sorriso, che però in quel momento non riusciva ad incantarmi: era Harry.