✔CAPITOLO 4: PIOVONO LATTINE

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Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia. Ma come si fa. ''Simpatica tua madre'' si decise a rompere quel silenzio che per un buon quarto d'ora era sembrato baccano puro, capeggiato dai miei pensieri per niente pacifici verso mia madre.
'' piacere che ti abbia fatto questa impressione, di solito non dà tutta questa confidenza a chi non conosce'' ''oh, allora devo esserne lusingato, credo sia stato il mio fascino'' rispose facendo finta di tirare le somme e guardandomi da sotto i ciuffi neri dei capelli, che quella mattina sembravano avere vita propria. Feci schioccare la lingua sotto il palato ''ssssi come no'' borbottai sottovoce guadagnandomi una smorfia infastidita. Colpito nell'intimo, a quanto pare ci teneva parecchio al suo aspetto, scimmiottó le mie stesse parole.

Arrivammo all'aeroporto con venti minuti di anticipo rispetto al volo così riuscimmo a portare con calma le valigie al check-in. Inutile dire che le guardie si scambiarono un occhiata perplessa quando arrivò il turno del borsone pieno di cibo, e che la mia faccia si nascose per bene in mezzo ai capelli.
Nel frattempo mi venne voglia di un caffè, così ci avviammo al bar; la barista, bionda, alta ,una terza abbondante, e un'infinita caramella a molla masticata con ben poca eleganza, chiese distrattamente cosa volessimo prendere, senza alzare lo sguardo dal bancone. Intenta a fissare la vetrina piena pietanze per la colazione appena sfornate, risposi ''bomba alla crema'' contemporaneamente a Simone che fissava la medesima cosa all'altro lato del bancone con un dito poggiato all'angolo delle labbra. A quanto pare non ero l'unica che sbavava dietro ai dolci. Bene! Meno sensi di colpa!
Quando la barista si decise a voltarsi per prenderci la merce si sporse per passarcela; ora, una barista normale senza stimoli da ninfomane avrebbe passato e lasciato le brioche. Questo sarebbe dovuto essere l'iter. Invece quando Simone prese la sua, dicendo un semplice ''grazie'', la signorina si bloccò completamente non mollando la presa dalla mia bomba. Troppo intenta a farsi alzare in volo dal battito delle sue ciglia, e a sbavare dietro il mio accompagnatore, continuava a non mollare la mia seconda colazione, finché stufa della sua nonchalance nell'ignorarmi alzai la voce: ''ma insomma vuole lasciare o no stà cosa!''. Si girò a guardarmi come se fossi stata un insetto spiaccicato sulla sua mano, probabilmente urtata dall'interruzione del suo flirt ''certo!'' sputò acidamente passandomi di malo modo la brioche. Avevo una voglia di spalmargliela in faccia, quando sentii un braccio avvolgermi i fianchi e Simone dirmi sottovoce ''prima che scateni una rissa, e non sono certo la viceresti, credo sia meglio avvicinarci al gate'' facendomi venire dei brividi per la troppa vicinanza ''si'' risposi continuando a fissare quel colibrì tettone dietro il banco mentre faceva palloncini con la gomma.

Caricati i bagagli ci andammo a sedere al nostro posto. Non ho mai avuto paura di volare, ma del decollo si. Quando le hostess finirono di controllarci le cinture e sentii l'aereo muoversi, scattai con la mano al braccio di Simone stringendo gli occhi. Quando me ne accorsi la ritirai subito avvinghiandomi al sedile in attesa che il supplizio finisse, ''scusami'' sussurrai quando l'aereo si stabilizzò '' Marlevo non ti facevo tipo da rissa ma nemmeno fifona degli aerei'' ''io non sono fifona! È solo il decollo che mi fa impressione! E poi ti ho chiesto scusa'' ''scuse accettate e comunque non pensavo saresti arrivata al punto di fare una rissa per un dolcetto! '' ''ma quale rissa, si era messa come una bambola a fissarti e non mi lasciava il cibo! Mi sono arrabbiata per la poca professionalità, non dovrebbero mettere gente così a lavorarci! '' ''allora eri gelosa!'' Esclamò con troppa enfasi e convinzione ''non montarti bello, avevo fame tutto qui.'' ''Però sono bello!'' ''Come?'' ''Lo hai appena detto tu!'' ''Era un modo di dire non gonfiarti di ego'' risposi prendendolo in giro e ottenendo la seconda vittoria in una mattina. Visto che ero riuscita a farlo stare zitto decisi di mettermi ad ascoltare un po di musica e farmi un pisolino, il viaggio sarebbe dovuto durare solo un'oretta e poi avremmo dovuto sbarcare a Bari dove ci attendeva il traghetto per la Grecia.

Una volta atterrati, prendemmo un taxi fino al porto ed è lì che ci fu qualche problemino con i bagagli.
Una volta saliti a bordo e controllati i biglietti salimmo su una scala a chiocciola per arrivare al ponte per poi raggiungere le cabine; Simone mi aiutò a salire le valigie su per le scale, ma poi arrivò il turno del borsone. E lì si sentì fortemente la presenza di mia madre.
Una delle cerniere laterali si era aperta di poco facendo sporgere una lattina di Coca-Cola, Simone mentre mi passava il borsone da sotto la scala, lo capovolse guadagnandosi dritto in un occhio la lattina assassina. A causa del colpo mollò la presa prima che potessi afferrare i manici della borsa, facendosela cadere addosso: ''ma che diavolo hai qua dentro i cadaveri!!!??'' Mi sbraitò contro facendomi scoppiare a ridere. ''Oddio scusami, mia madre ha fatto il pieno di cibo nel borsone'' '' ma non stai andando in Africa per la miseria!''. Continuò a borbottare fin che non si rialzò in piedi caricandosi il borsone in spalla.

Raggiunto finalmente il ponte andammo alla reception per chiedere le chiavi della cabina e sistemare le borse.
Era piccola, aveva due letti singoli separati da un comodino praticamente inesistente e un bagno giusto con  una doccia minuscola, water e lavandino; riuscimmo a far entrare tutti i bagagli per il rotto della cuffia.
Sentendomi in colpa per la lattina-pugile che si era beccato in faccia, presi il kit di pronto soccorso dalla valigia e ne tirai fuori il giaccio sintetico. Mi avvicinai a lui mentre stava sistemando in modo strategico le sue valigie in quel cubicolo appena passabile per un bagno, e gli posai una mano sulla spalla per richiamarne l'attenzione. ''Ehm ... Simone'' ''mmmh?'' rispose senza voltarsi ''volevo darti questo... sai.. per l'occhio'' si voltò completamente non calcolando le distanze già di per sé inesistenti, me lo ritrovai a un soffio dalle labbra che mi fissava dall'alto del suo metro e ottanta. Rimasi imbambolata a fissargli le labbra carnose, una barbetta appena accennata, probabilmente di un paio di giorni, e infine arrivai agli occhi... due pozze nere con un taglio a mandorla affilato ma reso morbido dai lineamenti di un viso non troppo adulto. Declutendo e con venti gradi in più che mi ribollivano in corpo, mi accorsi del segno della lattina in tutta la sua perfezione: un cerchio violaceo che segnava sopracciglio e occhio sinistro. Presa dalla foga di voler riparare al danno, ruppi la bolla di sicurezza e gli misi il pacco del ghiaccio sull'occhio con un pò troppa energia ''ah! Tabitha ma che cazzo'' ''oddio!! Scusa scusa scusa! È che volevo aiutarti, non peggiorare le cose. Ti ho fatto male?'' fece ricorso a tutta la pazienza che aveva, perché tirò un sospiro talmente profondo che sembrò durare un'eternità.
''Tranquilla, ora perché non ti fai un giretto di perlustrazione sul ponte? Io intanto finisco di sistemare e ti raggiungo'' disse alla fine ''sicuro che non vuoi una mano? Posso aiutar....'' ''..NO!'' rispose con un'enfasi che mi fece un attimo destabilizzare ''cioè volevo dire, no tranquilla me la vedo io! Perché non chiami tua madre, dopo in mare aperto il cellulare non prenderà!!'' concluse con un sorriso falsissimo e uno sguardo che esprimeva la speranza di vedermi dileguare da quella stanza. ''Mmm ok allora vado'' risposi avviandomi alla porta, e una volta fuori sentii lo scatto della serratura che si chiudeva. Come biasimarlo, in una mattinata sono stata capace di metterlo KO con una lattina e di colpirlo con il ghiaccio istantaneo. Mi allontanai dalla stanza con il senso di colpa che mi divorava, e l'intenzione di non fare altri disastri.

TABITHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora