"Non mi piace" borbottavo tra me e me.
"Non vedo il motivo per cui non possiamo fare le cose da persone normali, andare a fare qualche ricerca in biblioteche della zona, qualche intervista a qualche professore fare una gita per vedere se lo troviamo e torniamo a casa" "qualche, qualche, qualche... altri termini no? e poi non è una normale ricerca e lo sai. La porta dell'inferno non dovrebbe esistere secondo una concezione normale, visto che è basato su racconti e leggende. Ma visto che ad altro non possiamo affidarci, ci dobbiamo mettere nelle mani di questa signora che a quanto mi hanno detto è la più anziana del paese e una delle custodi del segreto" "quale segreto scusa?" lo guardai con un cipiglio non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.
"Per noi è normale parlare degli dei come se fossero personaggi di un film, o di una favoletta per bambini. Per loro, anche se la religione antica fu abolita, molti ancora la perseguono, pregano, e si prendono cura di questa cultura che sta diventando solo materiale da studio.
Uno dei loro segreti, se così possiamo chiamarlo, è dove si trova l'ingresso degli inferi" "ma non era alla foce del fiume Acheron?" "questa è la posizione pubblica che tutti conoscono, e può darsi anche che sia vera, ma non abbiamo nessuna certezza che si rivelerà così su due piedi.
Sai quanti l'hanno cercata e quanti ancora lo fanno? Secondo te, ammesso e non concesso che esista, Ade gli ha messo uno zerbino con scritto WELCOME sulla porta?" mi rispose guardandomi dall'alto e ridendo sotto i baffi, facendomi notare quanto fosse scema la mia domanda. "Secondo me non parlerà. Anzi ci caccerà fuori" "vediamo subito" si avvicinò alla vetrina del negozio, uno di quei negozietti di antiquariato che vendevano di tutto e di più, con un disordine mai visto in vita mia.
Bussò delicatamente, la signora che ci stava spiando da dietro la tendina era sparita nel momento in cui ci aveva visti avvicinare. Nessuna risposta, riprovò altre due volte con la faccia avvilita di chi già si stava arrendendo. Il silenzio che ci circondava era spettrale, non un bambino, non una macchina, nè un anziano che passeggiava per la strada, nonostante il clima tiepido e piacevole.
"Maledizione..." lo sentii sbruffare mentre gli davo le spalle per guardarmi intorno.
"Aspetta fammi provare" mormorai più a me stessa che a lui "se non vuole parlare, non cambierà nulla se vai tu" " sottovaluti la differenza tra una richiesta fatta da una donna, e l'impressione che può dare un ragazzo che parte a missile nella speranza di cavare informazioni da una povera vecchina, se insisti un altro po' la troviamo con un fucile a canna mozza che ci punta da dietro il bancone" "quanto sei simpatica, forza vediamo che sai fare".Mi avvicinai alla porta e provai a bussare, invano ovviamente, ottenendo lo stesso risultato di Simone, "ora dimmi cosa cambia dalle tue nocche alle mie, altro non hai fatto che bussare" mentre continuava a rimbeccarmi, con la coda dell'occhio percepii un movimento dietro le tendine della vetrina, ci stava guardando, ma pur di non dargliela vinta, mi avvicinai al vetro per guardare dentro. Misi le mani a coppa per farmi buio e riuscire a vedere la signora, quando me la ritrovai a un palmo dal naso che mi fissava dall'altro lato del vetro.
Uno sguardo di ghiaccio, quasi tendente al bianco, poteva passare per cieca tanto erano chiare le sue iridi, mi squadrava con stupore e ... terrore.
Ad un certo punto iniziarono a fischiarmi le orecchie, come al molo prima che arrivasse il taxi, e delle immagini rapide e confuse si fecero spazio nella mia testa.Una donna non troppo anziana con una bambina in braccio. Un cane enorme steso davanti un camino che brucia. Un'altra donna con i capelli color del fuoco allettata.
"Μην φοβάστε, θέλουμε απλώς να μιλάμε" (non abbia paura, vogliamo solo parlare), e dopo buio.
Mi risvegliai nel negozio stesa su un divano esposto, insieme a tre centimetri di polvere, e Simone che mentre mi reggeva le gambe mi sventolava in faccia con una brochure.
" Ehi come ti senti?" "stordita, non capisco perché continuo a sentirmi male, eppure ho fatto colazione" "fosse solo quello il dubbio..."rispose pensieroso "che vuol dire?" "ogni volta che succede, prima parli in greco e poi ti spegni come se ti staccassero la presa. La cosa che mi sorprende è che non è greco moderno, usi espressioni e desinenze che non si usano più da secoli" "non mi ricordo niente" "non importa, basta che stai bene".
Nel frattempo, la signora che quasi mi aveva fatto prendere un infarto, mi portò una tazza di thè puzzolente.
"Grazie" mormorai quando mi diede la bevanda senza guardarmi in faccia a capo chino."Ma perché fa così.." "non lo so è da quando ti ho portata dentro che continua a fare inchini e a pregare, vediamo se riusciamo a parlarci con il traduttore che ho preso.
" Mentre Simone cercava il registratore nello zaino, la signora si avvicinò a me con un piccolo sorriso stampato sulle labbra, una volta carnose.
Minuta, molto magra, forse aveva sugli ottant'anni con i capelli raccolti per metà alla base della nuca, mi prese le mani guardandomi fissa negli occhi.
Mi sentivo in difficoltà, denudata, spogliata dentro. Mi stavo perdendo in quegli occhi vitrei ma luminosi."Signora le va di rispondere a qualche domanda?" sentii Simone, come se fosse stato separato da noi in una bolla, che parlava al traduttore elettronico, spezzando quella specie di incantesimo che si stava compiendo tra me e la signora.
Quando sentì Simone avvicinarsi, la vecchina lo guardò con degli occhi tendenti all'omicida gridandogli contro "δεν είστε ευπρόσδεκτοι εδώ!" una frase che avevamo trovato tante volte e tradotto altrettante nei vari documenti e versioni di greco <non sei il benvenuto qui> ; le toccai il braccio come a fermarla da quella aggressione ingiustificata, e feci segno a Simone di passarmi il traduttore e parlai vicino "non abbia paura di lui, se non fosse per il ragazzo non sarei arrivata fin qui" e quando attivai la voce, la sua espressione mutò pian piano mettendosi più tranquilla ma con un cipiglio <perché parli attraverso il registratore? Prima hai parlato senza e non nel greco odierno> "non lo so, questa cosa è successa solo due volte e solo da quando siamo arrivati in Grecia. Ci serve il suo aiuto per trovare un luogo" <non è possibile, hai dimenticato tutto> "di cosa sta parlando?" <non sai chi sei?> "certo che so chi sono! Mi chiamo Tabitha Marlevo, sono di Roma e sono una studentessa di storia greca antica!" <e il tuo nome non ti dice niente di strano? Tua madre, romana tra l'altro, ti ha dato un nome tanto antico, greco, per niente?> "mia madre è appassionata di storia greca, e la sua passione l'ha tramandata a me! Niente di anormale e niente di particolarmente sconvolgente, mi pare, no?" <allora facciamo così, bambina, io vi aiuterò a trovare l'ingresso degli inferi, e poi ti accorgerai da sola, chi sei veramente>.
Mi sentivo nervosa, sudavo freddo, volevo accettare solo per tapparle la bocca e prendermi la soddisfazione di aver ragione e dimostrarle che mi aveva solo scambiato per qualcun altro "accetto." <perfetto, vado a prendere la carta>."Come hai fatto?" mi chiese Simone quando la signora entrò nel retro bottega "a fare cosa scusa?" "tu hai usato il registratore per parlare, ma lei ti rispondeva in greco e tu la capivi senza sforzo...hai detto che non sapevi parlarlo" "infatti..." "e allora?" "e allora non lo so. Non ci sto capendo niente, continuo ad avere visioni di posti strani, gente mai vista, e prima quella donna sembrava stesse scavando nel mio cervello. E' convinta che io sia qualcuno e non me lo ricordo e abbiamo fatto una specie di scommessa... lei ci avrebbe aiutato a trovare l 'ingresso e all'arrivo avrei scoperto tutto" Simone mi guardò per qualche secondo assorto nei suoi pensieri "gliel'hai detto tu?" "che cosa?" "di quello che stiamo cercando, gliel'hai detto tu?" "...no, come diavolo faceva a saperlo... oddio mi ha letto nella mente prima..." "ma non dire cazzate!" "e allora come te lo spieghi??" mi stavo alterando, stavo andando nel panico.
Nel frattempo sentimmo lo scrosciare della tenda e ci girammo verso quella che era la cosa più assurda che ci fosse capitata fino a quel momento <questa è la mappa, ovvio che non è come tutte le altre, non troverete una X sulla meta, non una strada segnata> continuò avvicinandosi cautamente a me, forse perché aveva origliato, forse perché avevo un'espressione tutt'altro che serena, o semplicemente non sapeva se poteva ancora fidarsi e lasciarmi in mano quel manufatto che mi sembrava una pergamena vecchia come il mondo <puoi leggerla solo tu, tu conosci le chiavi di lettura, sai cosa c'è scritto, l'hai già vista, già studiata. Devi solo ricordare> mi sussurrò porgendomela a capo chino "grazie..." non sapendo più cosa dire.
Quella donna era tutto un mistero. Ci congedò con un ''arrivederci" in italiano e senza perdersi in inutili parole, la sola cosa che disse a Simone, prima di chiuderci fuori fu "proteggila"."E ora?" chiesi a Simone "ora è inutile andare a controllare i reperti della zona, studiamoci la pergamena e cerchiamo di arrivare lì" detto questo richiamammo il nostro taxi per farci venire a prendere e lo attendemmo sotto un albero nel viale fronte stante il negozio della vecchietta.
Il taxi arrivò dopo una ventina di minuti, io mi allontanai un attimo per riempire una bottiglietta d'acqua ad una fontanella lì vicino; quando alzai lo sguardo trovai ad un palmo dal naso, lo sconosciuto del traghetto che mi fissava con un'intensità che quasi mi faceva ribollire il sangue sotto la pelle "Simone!!" urlai girandomi a cercarlo "che c'è, che è successo" rispose correndomi incontro "il tizio del traghetto... stavo bevendo e me lo sono trovato attaccato addosso..." ansimai indicando la fontana, ma lui non c'era più.
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TABITHA
Ficção GeralUna tesi di laurea da scrivere, piani completamente scombinati, un mito da confermare o sfatare. Tabitha ha 25 anni, una smoderata passione per l'archeologia e la storia greca antica, ma una professoressa della sua facoltà, nonché relatrice della su...