-Non ci sei che tu, adesso.-

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Gli uccellini si divertivano esibendosi in cinguettii acuti, sopra le loro teste, appollaiati sulle fronde di una quercia che li riparava sotto la sua grande ombra. Il cavallo del signor Darcy aveva sentito la necessità di brucare un cespuglio d'erba poco più in là, stanco per la cavalcata appena sostenuta. Si erano spinti verso le campagne circostanti, finché non avevano notato una collinetta con una quercia che si stagliava sulla sua cima, contro il sole. Erano stati entrambi concordi nell'osservare che usufruire dell'ombra dell'albero sarebbe stato molto piacevole, così vi si erano diretti. Dopo queste brevi parole però, la consapevolezza di trovarsi soli in mezzo al nulla e l'intimità della situazione li avevano chiusi in un silenzio inquieto. Lo sguardo di entrambi era fisso verso la campagna, non si guardavano, l'imbarazzo li legava in una calma soffocante. Dopo una manciata di minuti interminabili, il signor Darcy, che se ne stava in piedi, con la schiena sorretta dal tronco della quercia e le braccia conserte, decise che quella situazione stava cominciando a sembrare  ridicola. Alzò gli occhi sulla figura esile di Elizabeth e raccolse tutta la concentrazione di cui era capace. Senza uno schema preciso in mente, le parole fluirono in un vortice confuso: -Devo chiedervi perdono, signorina Elizabeth, il mio comportamento è stato deplorevole. Avrei dovuto scrivervi una lettera, meglio ancora se fossi venuto a farvi visita... Tanto più che c'era altro, oltre all'onore, ad impormelo. Sono stato capace solo di pensare e ripensare al vostro respiro, a come sembravamo capirci, quasi fossimo spinti dal pensiero di una sola mente, senza mai riuscire a decidermi. Per questo non intendo implorare la vostra assoluzione, a causa mia avete rischiato di corrompere per sempre la vostra reputazione e non c'è perdono possibile per una simile offesa, desidero però chiedervi di ascoltare almeno il mio cuore, che si è aperto a voi e, ne sono certo, non resterà aperto che per voi. Mai, in tutta la vita, ho provato qualcosa di simile a quello che avete svegliato dentro di me. Quella notte sono stato preda dei miei istinti più veri e so che anche voi sentivate le stesse cose che sentivo io, le nostre menti viaggiavano sulla stessa strada battuta dal fuoco, non negatelo ora. Elizabeth, è con una mente flagellata dalla tempesta e un cuore ardente sul rogo che io vengo da voi, in ginocchio, e oso chiedere la vostra mano.-  

Con le guance rosse d'affanno, fu di parola e s'inginocchiò davvero, prese coraggio, alzò la testa e fissò gli occhi in quelli di lei.
Voi. Cuore. Fuoco. Mano. Le parole di Darcy le risuonavano nella testa ad intermittenza. Non le comprendeva, non tutte insieme almeno. Come poteva averle pronunciate davvero? Come poteva, quello, non essere solo un sogno? Si era aspettata di dover affrontare l'argomento con lui, anche di gridargli contro se si fosse rivelato  necessario. Dopotutto, era in gran parte per questo che aveva accompagnato Jane a Netherfield, quasi con l'unico scopo di incontrarlo e parlargli. Mai avrebbe immaginato che lui si mettesse a vaneggiare di... Matrimonio?! Dopo quello che era successo?! Quella era la conferma che, il signor Darcy, qualcosa non del tutto a posto lo aveva veramente.
Lizzie sostenne il suo sguardo, si sforzò di mantenere la sua migliore espressione neutra e rispose. -Signore, io vi perdono solo se ora voi perdonerete la mia sfacciataggine. Vi è esploso il cervello?  Siete lucido? Avete assunto sostanze illegali? Vi rendete conto di cosa avete appena chiesto a chi?!-
Lui rise dolcemente. -A chi, Elizabeth? Sapete dirmi voi a chi l'ho chiesto?-
Le guance di Lizzie si sollevarono, anche gli occhi le si fecero luminosi. -Ad una scontrosa ragazza che non conoscete affatto. Immersa in una situazione economica precaria e con una famiglia imbarazzante alle spalle. Vi sarà anche giunta la notizia che, di recente, suddetta ragazza è stata anche compromessa. Possono le mura di Pemberley essere profanate così?- Rise. Darcy assunse un'aria pensosa, sembrava riflettere su quello che aveva appena ascoltato. Poi si mosse verso di lei, le cinse la vita con un braccio e fissò gli occhi nei suoi. -Dunque, di soldi, non credo dovremmo preoccuparcene. La tua famiglia? Onestamente, potresti anche essere nata in un circo, non me ne potrebbe importare di meno. Sei compromessa, questo è vero,ma è vero anche che sono stato io il colpevole e mi piacerebbe comprometterti molte altre volte per il resto della nostra vita. E ti conosco, Elizabeth, ho guardato dentro di te e ho riconosciuto me stesso, noi siamo l'uno lo specchio dell'altra. Dentro di me, non ci sei che tu, adesso.-

-Allora baciami.- E lui la baciò. Le sue labbra scottavano, il suo corpo aderiva al suo, le mani scivolavano incaute lungo la sua schiena. La stringeva, quasi avesse paura che potesse sciogliersi e scomparire. In un certo senso aveva ragione, Elizabeth si stava sciogliendo davvero. Tutti i timori provati fino ad allora nei confronti del signor Darcy si stavano trasformando nel sentimento opposto, stavolta era sicura di significare davvero qualcosa per lui, di non essere stata solo il capriccio di un gentleman in vena di divertimento. Fu lei a staccarsi, lui, come strappato a un sogno da una violenza crudele, la guardava spaesato. Lizzie gli tenne le mani e, con un sorriso timido disse: -Io, Elizabeth Bennet, voglio sposarti con tutto il mio corpo e la mia anima, ma giuro che faremo l'amore di nuovo solo quando saremo sposati.- Risero entrambi, euforici e inebriati di quella leggerezza che colpisce gli amanti all'alba della loro passione.

Orgoglio e Pregiudizio - Un Incontro AlternativoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora